Stare al mondo sullo skate

Nel 2020 diventerà disciplina olimpica e ovunque cultori e appassionati non si contano. Il Ticino non fa eccezione

Di laRegione

Pubblichiamo un contributo apparso su Ticino7, disponibile anche nelle cassette di 20 Minuti per tutto il fine settimana.

Un caldo pomeriggio di gennaio. Con gli amici ci troviamo a fare skate nella piazzetta sul lungolago di Lugano, di fronte a Piazza Manzoni: dove in estate c’è il Mojito, il bar. Un gruppetto di pensionati si avvicina a noi, ci invita ad andarcene. Dicono che non possiamo stare lì: nella zona di Cornaredo c’è un parco apposito per gli skateboard, andatevene lì. Proviamo a spiegargli che allo skatepark ci siamo già stati, che cerchiamo un posto diverso dal solito. Splende il sole, il lungolago è da cartolina, come si suol dire. Ma non c’è storia. Come facciamo a non capire? Quello non è posto per lo skate. Ché poi roviniamo «le superfici». Cosa siamo, stupidi? Non abbiamo niente di meglio da fare? Föo di ball, ragazzi, o qua chiamiamo la polizia!
Come il sottoscritto, qualsiasi altro skater potrebbe portare una lunga lista di esempi simili. Situazioni causate da un oggetto nato come un giocattolo, un divertimento. I primi skateboard vengono dai monopattini degli anni Trenta, ai quali i bambini toglievano il manubrio per rendere l’attività più difficile, più interessante e più divertente. Negli anni Sessanta, prima che inventassero il concetto dei parchi appositi, lo skateboard era utilizzato da giovani surfisti che, in assenza di onde marine, provavano a fare le loro manovre su «onde» di cemento. Data la difficoltà nel trovarne, gli skater si sono gradualmente adattati al mondo urbano. Hanno iniziato a praticare la loro attività su piani inclinati e piscine vuote. Per poi spostarsi nelle piazze, divertendosi a saltare sui muretti e giù dalle scale, e dovunque ci fosse una costruzione architettonica sulla quale le ruote dello skateboard potessero scorrere. 
Così si sono appropriati di costruzioni create dall’uomo, utilizzandole in modo totalmente diverso da quello per il quale erano state pensate. Sugli occhi degli skater si sono ormai sviluppate delle «lenti» che trasformano il paesaggio urbano. «Lenti» che difficilmente si possono togliere, che stimolano l’immaginazione e la creatività, e che vedono bellezza e possibilità nelle strade, negli spartitraffico e sulle scalinate. 

Una realtà diversa
Essendo una pratica individuale, lo skate porta a risultati e soddisfazioni personali. Al di là del piacere nello spostarsi, lo skater prova soddisfazione nell’imparare, eseguire e perfezionare le sue manovre. Migliorare sullo skateboard non è un processo facile. La riproduzione dei trick è principalmente basata sulla memoria muscolare di ognuno, quindi insegnare a parole una manovra è quasi impossibile. Per migliorare le proprie capacità tecniche, oltre ovviamente alla pratica, è importante l’emulazione: ognuno, osservando quello che fanno gli altri, prenderà ispirazione per decidere in modo autonomo cosa provare. Questa attività ha quindi tendenza a svolgersi in gruppo. E siccome nello skateboard si gareggia unicamente contro sé stessi, i gruppi che si costruiscono al suo interno non sono basati sui classici modelli sportivi o sociali, dove l’età o le capacità tecniche costituiscono spesso delle separazioni rigide e difficilmente superabili.

In gara contro l’io di ieri 
All’età di 16 anni, pensavo solo allo skate. Alle ragazze non piacevo e a scuola avevo 11 insufficienze. In testa avevo solamente un pensiero: quell’asse di legno con le ruote che mi faceva imparare e mi dava soddisfazioni, insomma mi rendeva felice. Ricordo bene che, in quel periodo, molti adulti erano convinti che lo skateboard mi sarebbe piaciuto solamente per un breve periodo. Dicevano che, prima o poi, avrei smesso di bighellonare su quel giocattolo. Si sbagliavano. 
Da ragazzino ho abbandonato i Lego, i videogiochi. Ma mai lo skate, anzi. Negli anni la mia sete di imparare nuove manovre è cresciuta, e non soltanto la mia. Ho conosciuto amici con il mio stesso interesse, con la stessa voglia di crescere sullo skate, e il fatto di non essere l’unico mi ha spinto a continuare con questa mia passione dalle possibilità apparentemente infinite. Dialogando con la città, superando i perimetri delineati da linee, muri o reti. Restringere lo skate a uno spazio delimitato gli farebbe perdere la sua magia e diventerebbe come un videogioco con un solo livello: noioso. Ma la similitudine con i videogiochi va stretta allo skateboard, perché il migliore dei videogiochi non potrà mai avvicinarsi a tutte le occasioni che appaiono davanti agli occhi di uno skater, racchiuse nel cemento e nel lavoro di operai e architetti del mondo.

Possibilità infinite
Come avviene con le passioni, la voglia di migliorare ha spinto me e i miei amici a coltivarla. La voglia di «skateare» qualsiasi costruzione possibile ci ha portato a viaggiare. All’età di 15 anni, andavamo da soli in treno per trascorrere giornate intere allo skatepark di Zurigo. A 20 anni, prendevamo aerei per Barcellona o Parigi per visitare i muretti, le scale e le piazze che vedevamo nei video dei professionisti. A 25, assieme a 15 amici, abbiamo riempito due furgoni per fare un viaggio di due settimane in Belgio. Arrivati a Zurigo, ci siamo accorti che il meteo prevedeva una corrente fredda e piovosa sopra l’Europa e così, nel giro di 15 minuti, abbiamo deciso di cambiare rotta e siamo andati a sud, in Italia: a Brescia, poi a Genova e alle Cinque Terre, per skateare ogni giorno in una città diversa. La sera, per paura della pioggia, cercavamo ponti sotto i quali dormire sonni tranquilli. 
E così negli anni abbiamo costruito quella cosa chiamata amicizia. Oggi ho quasi 30 anni e parecchi dei miei coetanei non li vedo più così spesso. Ma il legame che abbiamo costruito in anni di pomeriggi, giornate e a volte settimane intere passate insieme è forte, e soprattutto ancora vivo. Dai miei amici continuo a imparare e prendere ispirazione, sia nello skate, sia nella vita reale. Sia osservando la loro determinazione mentale mentre saltano con lo skate sul corrimano di una grande scalinata, sia vedendoli diventare padri o passare gli esami dell’università a pieni voti.

Braccia rubate all’agricoltura
Nel frattempo lo skate è diventato uno sport vero e proprio. Tanto che sarà presente alle prossime Olimpiadi. Ma nonostante questa novità, come mi è stato ricordato dai pensionati di cui parlavo all’inizio, lo stereotipo dello skater vandalo e nullafacente esiste ancora. Sostenuto dal fatto che lo skateboard è un gioco che non si costruisce per forza all’interno di un campo o di un tempo limitato. Questo porta a confondere spazi e tempi del lavoro con spazi e tempi del piacere. In altre parole, succede che qualcuno possa giocare nello stesso momento e nello stesso spazio in cui qualcun altro lavora. Una concomitanza che può creare una percezione distorta in colui che osserva lo skater. Ma questo non vuol dire che chi sta giocando sia un nullafacente; al contrario, lo skater, al di là del suo lavoro o del suo percorso di studi, ha scelto di impegnarsi in un’attività fisica all’aperto che lo porta a contatto con altri. 
In Ticino, nonostante in più occasioni siano stati definiti «stupidi», gli amici skater con i quali sono cresciuto sono diventati ingegneri, operatori sociali, gerenti di ristorante, biologi, infermieri, medici, informatici, architetti, attori di teatro, professionisti dello skateboard e altro. 
E riguardo ai danni, beh… quello che posso dire è che lo skater non è certo un vandalo. La sua attività può accidentalmente danneggiare qualcosa o fare rumore: il punto è che questi danni non sono lo scopo della pratica, ma un suo effetto collaterale, come lo è, per esempio, il danno causato dai tubi di scarico delle automobili, che seppure più comune e meno vistoso, non è certo meno nocivo. Anzi. 

 

SETTE LUOGHI PER ESERCITARSI
Lugano
Lo Skatepark di Cornaredo è il più frequentato dagli skater in Ticino. Nonostante sia stato costruito con qualche errore e col tempo si stia deteriorando, è una meta valida per fare skate.

Bellinzona
È nuovo e divertente. Uno skatepark in verità un po’ piccolo, dove bastano poche persone per «stare stretti».

Ascona
Quello locarnese è uno skatepark costituito da moduli prefabbricati di legno compensato e marmo. Negli anni, le strutture e la loro disposizione sono state più volte cambiate. I moduli in compensato si stanno rovinando ma i muretti in marmo sono da favola: scivolano che sembra burro…

Riazzino
È l’unico skatepark coperto in Ticino. L’entrata è a pagamento ma è una buona opzione se si vuole fare skate quando il tempo è bruttino.

Piazza del Sole
Il grande spazio aperto di Bellinzona ha fatto la storia dello skateboard svizzero e mondiale. Più di 15 anni fa, agli zurighesi sono piaciuti i lunghi muretti che contornano la piazza. Uno di loro, che diventò professionista negli Stati Uniti, si fece filmare qui in azione  per il video di un famoso brand americano.

Palazzo dei Congressi 
La virtù della piazza del centro congressuale di Lugano è quella di essere grande (e quindi spaziosa).

La Piccola
Nel 2009 fu concesso agli skater momò uno spazio nella stazione FFS di Chiasso. Da soli si sono costruiti delle strutture ed è diventato il posto preferito di molti skater ticinesi. Un giorno le strutture sono sparite ed è stata tolta la concessione dello spazio ai ragazzi (sic). 

 

DA LEGGERE & DA VEDERE 
> Skate Generation di Igor Ponti (Fontana, 2008): il ritratto in bianco e nero di diverse generazioni di skater ticinesi.
> La conjonction interdite e Une brève histoire lacunaire du skateboard di Raphael Zarka (Edition B42, 2011): due libricini che spiegano lo skateboard uscendo dal gergo degli skater.
> Like a Dog di Tara Jepsen (City Lights Publishers, 2017): opera fiction.
> The Poetics of Security di Ocean Howell (urbanpolicy.net, 2001) e Skateboarding. Space and the City di Iain Borden (Berg Publishers, 2001): due pubblicazioni universitarie.

> Thrashin’ – Corsa al massacro di David Winters: film degli anni Ottanta con una storia d’amore e tanto skate.
> Kids di Larry Clar: degli adolescenti dei bassi fondi di New York negli anni Novanta, confrontati con droghe, Aids e altri problemi personali, trovano dei momenti di serenità nello skateboard. 
> Lords of Dogtown di Catherine Hardwicke: storia dei pionieri di questa disciplina, romanzata e ispirata a un documentario intitolato Dog Town and Z-boys, al quale sono seguite molte altre opere documentaristiche su diversi aspetti di questo universo. 
> Machotaildrop di Corey Adams: film parodia sul mondo del professionismo e delle competizioni nello skate. 
> Inoltre da segnalare: Paranoid Park di Gus Van Sant, Tutti giù di Niccolò Castelli e Mid90s di Jonah Hill.

 

 

 

 

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