Sull’Ofentalhorn

Una cima informe e sconsolata. Ma chissà perché, te la immaginavi ‘diversa’…

Di laRegione

Pubblichiamo un contributo apparso su Ticino7, disponibile anche nelle cassette di 20 Minuti per tutto il fine settimana.

Il 6 ottobre del 1962, Giuliano Olzer venne ucciso al Passo di Antigine da un colpo sparato da una guardia di finanza appostata ad attendere i contrabbandieri. C’era nebbia sull’alto valico tra Mattmark e la Valle Antrona. Qualcuno gridò «Molla!», qualcuno intese «Spara!».
Olzer aveva trentacinque anni, era anzaschino di Ceppo Morelli. Fu colpito a quattro, cinque metri dal confine italo-svizzero, quanti separano oggi la croce posta in suo ricordo dal cippo che segna la frontiera. Da quel memoriale, una larga groppa sassosa sale a sud verso l’Ofentalhorn. 

La via degli spalloni
Da un lato l’antronese Val Troncone, dall’altro l’Ofental vallesana. I contrabbandieri ossolani che risalivano quest’ultima valutavano la presenza delle guardie di finanza, segnalata loro anche dalle guardie di confine svizzere, poi decidevano il percorso per scendere sul versante italiano: il Passo del Moro (prima dell’entrata in funzione della funivia), il Mondelli, e l’Antigine. Valicato questo, gli anzaschini attraversavano alla base le pareti della Punta Giavin, della Laugera, superavano il passo delle Lonze, e potevano sperare di avercela fatta. Uno guarda quei posti, ascolta certe storie, e si chiede se davvero l’alpinismo l’hanno inventato gli inglesi. Posti affacciati su valli che sfuggono e su Quattromila lucenti, disseminati di pietre senza nome, come sarebbero rimasti i contrabbandieri che li frequentavano, se la violenza della legge non li avesse tolti dall’anonimato.
Sino a non molto tempo fa, l’Ofentalhorn stesso ha avuto un nome solo nelle guide e nelle cartine svizzere, venendo considerato niente più di una spalla del Pizzo di Antigine sulla guida del Cai, e una punta quotata sulle tavole Igm. Non è poi così strano: per restare ai contrabbandieri, è noto che se dovevano battezzare un luogo si trattava piuttosto di un valico che di una cima. Così, quando parlavano di Antìsna (Antigine) intendevano il passo e non la cima; dicendo le Lonze si riferivano alla bocchetta, e non alla Cresta; per Mondéi, intendevano il Passo Mondelli e non la Punta. Battesimi di fatiche, rischi, drammi e amicizia talvolta.

Coraggio e tragedie
Dunque salire all’Ofentalhorn, informe e sconsolato, è un po’ come raggiungere una cima che sì, si sapeva che c’era ma non che fosse quella. Poi pensi che la sua neve si scioglie e va ad alimentare il bacino di Mattmark, da dove partivano i contrabbandieri carichi delle loro bricolle. Ed era stata per loro una bella fortuna quando, avanzando le piste di cantiere della grande diga, i grossisti vallesani li trasportavano sui propri furgoni fino al limitare inferiore delle praterie d’alta quota, grazie al silenzio complice delle imprese. Ricordo una fotografia in cui, alle spalle dei contrabbandieri, ben più in basso, si riconoscono i mezzi di scavo. Fatiche comunque: questi, carichi come muli, avviati a un cammino di ore; quelli giù in fondo ad alternarsi nei turni di sterro, di armatura, di gettate di bitume, di posa di condotte. I primi con l’aria ribalda, i secondi con sul viso e nelle braccia una condanna o una speranza. Poi, tre anni dopo il Giuliano Olzer, a Mattmark ne morirono ottantotto, sepolti dal ghiacciaio dell’Allalin crollato sulle loro baracche.
Cose che, a guardare il cielo che si spalanca certi giorni sull’Ofentalhorn, si potrebbero dimenticare, ma per fortuna non mi riesce. Perché un sasso è un sasso, ma anche altro.

IN LIBRERIA
I testi presentati in questa rubrica, a firma del giornalista de laRegione Erminio Ferrari, fanno parte degli itinerari proposti nella guida Ossola quota 3000. Tutti i 75 tremila di cui sono autori lo stesso Erminio Ferrari e Alberto Paleari. Settantacinque racconti per altrettante cime, una novità libraria edita da MonteRosa Edizioni di Gignese (Verbania). Il volume sarà presentato il prossimo 25 aprile nell’ambito del salone librario «La Fabbrica di Carta» a Villadossola (VCO).
Per informazioni e il programma: teatrolafabbrica.com.
Il precedente contributo, dedicato al Pizzo di Boccareccio, è apparso in Ticino7 n. 6 dello scorso 8 febbraio (si veda ticino7.ch, sezione «Archivio 2018-2019»). 

Articoli simili