Fuerteventura o il vento che spettina i pensieri
“Se non ci fossero gli alisei qui saremmo fritti e a farla da padrone sarebbe Calima e ci farebbe rosolare come in un forno”.
Di Natascia Bandecchi
Pubblichiamo un contributo apparso in Ticino7, questa settimana allegato del venerdì (causa festività) a laRegione.
‘Vorrei imparare dal vento a respirare, dalla pioggia a cadere / Dalla corrente a portare le cose dove non vogliono andare / E avere la pazienza delle onde di andare e venire / Ricominciare a fluire’
Così canta Federico Zampaglione, leader dei Tiromancino, in Imparare dal vento. Flusso che seguirò durante tutta la mia permanenza a Fuerteventura mentre il vento – che fa parte indissolubilmente della quotidianità dell’isola –, mi spettina in continuazione i pensieri.
Fuerteventura fa parte dell’arcipelago delle isole Canarie (Spagna) ed è la più vicina alle coste africane, solo 97 chilometri la dividono da Mama Africa. La vista si perde tra le montagne sinuose che abitano gli infiniti spazi dell’isola e che si intrecciano tra il blu scuro dell’Oceano Atlantico, le radure desertiche e l’azzurro del cielo, donando un senso di vastità interna preziosa. Ad arricchire il panorama ci sono ulivi, palme, qualche mulino, pale eoliche, muretti a vista che servivano – e servono – a delimitare il percorso delle innumerevoli capre. Alla tavolozza di colori manca il verde – a cui noi siamo abituati bene – ma ogni tanto sorprendono delle piccole oasi che illuminano con la loro rigogliosità. Gli abitanti dell’isola si chiamano majoreros: nome che deriva da un tipo di calzatura in pelle di capra che indossavano i primi coloni. Nonostante siano costantemente invase da migliaia di turisti tutto l’anno – le Canarie sono famose per avere un clima primaverile/estivo costante – gli abitanti sono amabili, aperti e ti salutano guardandoti negli occhi quando ti incontrano.
Questa è la mia terra
Con i suoi 326 chilometri di costa, Fuerteventura può vantare quasi 80 chilometri di spiagge di vario tipo e per tutti i gusti: sabbia dorata, nera, ciottoli, scogli e chi più ne ha, più ne metta. Nel cuore di Fuerteventura, c’è l’antica capitale: Betancuria, poco più di 700 abitanti, tutte le case sono bianche, cactus ovunque, l’eco dei canti dei galli si alterna ai latrati dei cani e lì incontro Basilio, un garbato e socievole signore di 72 anni. “È cambiato tutto qui, prima non c’era luce elettrica, acqua potabile. Sono nato qui e amo questo villaggio, c’è più tranquillità, semplicità, si vive a un ritmo cadenzato”. Basilio ha iniziato a lavorare nei palmeti quando aveva 14 anni; per educazione non gli chiedo dove ha perso l’avambraccio sinistro, ma posso immaginare che nella vita abbia armeggiato con lame assai affilate e pericolose. “Lavoravo nelle piantagioni e a metà degli anni Sessanta ho vissuto 9 anni in Africa nel deserto del Sahara”. Si dice spesso che per una persona che nasce su un’isola sia doloroso separarsi dalla propria terra d’origine: “Sono nato qui, le mie radici le sento qui e mai potrei pensare di vivere altrove. Amo coltivare la terra e nutrirmi con quello che il mio orto offre. Ho galline, conigli e capre. Lavoro tutto il giorno nel mio pezzetto di terra, cosa farei in una città? Magari senza nemmeno il vento che mi accompagna ogni giorno”.
Amore a prima vista
Tra una camminata a piedi nudi sulla spiaggia e del tempo ammirando la forza dell’Oceano Atlantico con le sue maestose onde conosco Luca, 57 anni, originario di Verona. Vive a Fuerteventura da 10 anni. “Ammetto che è il primo anno che mi sento un po’ stanco: mi sono dato molto da fare da quando sono qui, avrei bisogno di staccare. Fuerteventura si è dovuta omologare alle leggi europee ultimamente e ci siamo tutti rimboccati le maniche per essere al passo con la legge”.
Luca gestisce il Bar Diferente a Puerto Lajas. Come dargli torto? A due passi dal mare, albe mozzafiato tutti i giorni, lontano dalla movida di località turistiche mainstream, un vero paradiso per gli amanti della pace e della natura. “Sto meditando se rimanere ancora qui, mi sto ascoltando ma potrei aver voglia di un posto nuovo. Molti mi dicono: chi te lo fa fare alla tua età? Ma se sentissi che questa vita non mi risuonasse più, cambierei senza tante menate”. Luca ha sempre lavorato nel mondo della ristorazione, con la isla è stato amore a prima vista. “Negli anni Fuerteventura è cambiata molto, è stata presa d’assalto da orde di turisti che hanno fatto un sacco di speculazioni immobiliari: tedeschi, inglesi, italiani, francesi, russi, svizzeri e anche molti spagnoli. I prezzi sono saliti alle stelle, quando sono arrivato io potevi comprarti un appartamento vista mare con pochi soldi… ora invece le cose sono cambiate”. Mentre Luca si racconta il vento ci fa compagnia; oggi non è particolarmente forte ma si fa comunque sentire: “Se non ci fossero gli alisei qui saremmo fritti e a farla da padrone sarebbe Calima – un vento caldo africano insopportabile – e ci farebbe rosolare come in un forno”.
La natura perduta
Dulcis in fundo incontro Donicia Maria Santana Moreira (si sa, i nomi spagnoli sono spesso lunghissimi), nata il 6 febbraio del 1928. Mai le avrei dato la sua età: ha una pelle liscia e morbida, un sorriso luminoso, unghie dipinte di rosso, truccata con gusto e una simpatia contagiosa. Le sue figlie, Carmen e Maria, vivono con lei e mi accolgono nella loro casa nel cuore di Corralejo, una delle destinazioni turistiche più battute dell’isola.
“Una volta si viveva meglio, eravamo più a contatto con la natura. Oggi siamo completamente sconnessi dalla bellezza che ci circonda, ci sono bar, locali, ristoranti, rumore, troppa gente che invade le stradine della cittadina, tutto è asfaltato: pensa che quando ero piccola c’era solo sabbia, si viveva in modo umile grazie a quello che l’oceano offriva”. Sia il padre sia il marito erano pescatori… “Abbiamo perso la nostra identità e non sappiamo più da dove veniamo, ma fortunatamente c’è il mare a due passi che mi ricorda chi sono. Non so nuotare – sono sempre stata una fifona –, ma non potrei immaginarmi un’esistenza senza addormentarmi con il rumore delle onde”. Donicia Maria quando era giovane era chiamata la bonita del pueblo, e ancora oggi conserva quella bellezza che in gioventù la faceva risplendere. “Ho avuto una bella vita, sono contenta e mai mi sono sentita isolata dal resto del mondo nonostante sia nata a Fuerteventura. Casa mia è qui e sempre lo sarà”.