Lucerna: elegante, con molto brio
Hai una sana voglia di Svizzera che qui al sud, a volte, ti sembra impercettibile
Di Marco Jeitziner
Erano venticinque anni che stavi lontano da Lozärn, così nel dialetto indigeno, capitale di quella Svizzera centrale che per alcuni è già «profonda». Moderna ma antica, vivace e tranquilla allo stesso tempo e, si sa, super turistica. La meteo è quasi primaverile e sono solo due orette da Lugano. Hai una sana voglia di Svizzera che qui al sud, a volte, ti sembra impercettibile, ma sono anni che vorresti visitare il carnevale lucernese. Questo è il sabato del Fasnachtsmäärt, una sorta di anticipo dei bagordi. Lucerna è anti-auto: il parcheggio è un impiccio, sono pochi e puoi sostare al massimo due ore. A destra scorre lento e limpido il fiume Reuss, che più avanti sfocia nel lago dei Quattro Cantoni. Nella guida alla città Marcel Perren, brizzolato direttore di Lucerna Turismo, ti sorride a pagina otto, cravatta rosa, faccia simpatica: «Caro visitatore, Lucerna ha così tanto da offrire culturalmente, storicamente e socialmente», scrive.
Una notte in prigione
Hai deciso di dormire… «auf direkten Weg ins Gefängnis»! (direttamente in prigione). Sì, perché il «Barabas» non è altro che la vecchia prigione ottocentesca della città, chiusa nel 1998 e riconvertita in hotel. Geniale, no? Pochissimo comfort: sbarre alle finestre, celle vere e proprie, letti spartani ma comodi, lavabo originale, con l’aggiunta di doccia e wc nuovi. C’è odore di vissuto qua dentro, pensi, e ci mancherebbe! Da buoni nordici, appena splende il sole gli abitanti diventano lucertole, riempiendo terrazze di bar e ristoranti. Dall’altra parte del fiume, a Theaterplatz, ti aspetta il pastore in bronzo di Rolf Brem, famoso scultore cittadino, poi un mercatino e i primi segnali dei bagordi. Il Kapellbrücke, quello andato in fumo nel 1993 e ricostruito, è una meta irrinunciabile. Quando Unter der Egg comincia a popolarsi, decidi di pranzare sotto gli antichi porticati della Rathaus Brauerei, ma mica sei un anonimo turista asiatico, pochi del resto per via del virus, così ti butti col tuo tedesco. Il tizio bonario al tuo fianco si gode una birra al sole con la moglie e, quando sa da dove arrivi, dice: «Oh, non andiamo in Ticino da 4-5 anni ma abbiamo una casetta di vacanza!». Chiedi dove, lui ci pensa a lungo: «Come si chiama? Lu… Ludiano?».
Dolce vita sul lago
Dopo un piattone di Butterspätzli ti accorgi che sono tutte persone simpatiche e chiacchierone, altro che «crucchi» freddi. Nella Museggstrasse le sculture di Brem sono un po’ ovunque, c’è pure un ristorante a lui dedicato. L’inverno pazzo è godibilissimo sul Nationalquai fatto di gelati, Bretzel, torte e Chügelipastete, gabbiani affamati e battelli turistici. La vista ora è da cartolina: a destra il Pilatus, davanti il Bürgenstock, dietro il Rigi. Le Guggen ora rimbombano sempre di più e lungo la Reuss è già un ingorgo di gente da ogni dove, ma non vedi maleducazione o squallore come altrove: c’è ordine, eleganza, compostezza poi, certo, chissà la sera! Infatti ore più tardi a Mühlenplatz scorrono fiumi di birra, musica e risate. Al «Des Alpes» ingoi un Cordon Blue pomposamente definito «Das Legendäre» a soli, si fa per dire, 39 franchi. Per digerire un giro a piedi nella city, dall’altra parte del fiume, riassapori il bar e la terrazza in cima all’hotel Astoria. Tra Pilatusstrasse e Hirschengraben le vie sono semi deserte: dov’è la gente? Tutta nei bar. T’imbuchi nel rockettaro «Franky Bar» e scopri che si può fumare: oibò! Un’ottima «Valaisanne Pale Ale» per la buona notte e domani è giorno di musei, ma il Kunst und Kulturzentrum (KKL) di Jean Nouvel sarà chiuso per lavori. Non fa niente, un giorno ci andrai e poi, dai, Lucerna è già un museo a cielo aperto.