Un metro di serenità
Basta poco per creare un ambiente ostile sul posto di lavoro. Metti un nuovo manager che non parla e non ascolta (ma giudica), per esempio.
Di Giancarlo Fornasier
Per combattere l’inquietudine serale delle figlie, Michele si siede sul letto e racconta loro le cose più belle che gli sono accadute nel corso della giornata. Sino a un annetto fa il compito era semplice, perché nel suo ufficio si lavorava sodo ma si rideva anche parecchio: sapete, quando si ha a che fare con clienti e bizzarre richieste gli aneddoti si sprecano…
Ma alla fine del 2018 la casa madre ha sostituito il responsabile della sede. Appena trentenne, tanti studi e master, il nuovo arrivato pareva avesse le idee molto chiare (a sentire lui e a leggere il comunicato del Ceo). I primi due mesi ha setacciato i profili dei dipendenti e si è studiato la contabilità dell’ultimo decennio. Finito il «letargo», il giovanotto ha iniziato a girovagare con sguardo severo tra le scrivanie, alzando le sopracciglia di tanto in tanto: solo due mesi dopo si è capito che quel linguaggio non verbale era mirato ai dipendenti che non lo convincevano.
Poi è successo un po’ di tutto, tanto che adesso non esiste più una pausa caffè e puntualmente c’è sempre qualche collega a casa (tipo burnout). Per calcolare la felicità media dei lavoratori, oggi nell’azienda di Michele è necessario capovolgere il metro di misura e aggiungere dei «meno» davanti. Il problema è che anche la produttività è scesa, colpa «della scarsa motivazione che serpeggia fra i dipendenti» (naturalmente).
Ora tutti attendono il nuovo responsabile: pare sarà una donna e mamma. Alcune colleghe già storcono il naso, ma Michele vede il bicchiere mezzo pieno: vuoi vedere che questa volta ci si potrà confrontare sulle strategie, anche quelle familiari? Gli scambi, si sa, arricchiscono.