La Colombia in un baleno

Descrivere il Paese sudamericano non è un compito facile. Questa è una narrazione da un punto di vista occidentale, il resoconto di uno shock

Di Mirko Sebastiani

Pubblichiamo un contributo apparso su Ticino7, allegato a laRegione

Affacciata su Atlantico, Pacifico e Mar dei Caraibi, la Colombia (a circa novemila km di distanza da qui, in linea d’aria) è la quarta nazione del Sudamerica per popolazione, con oltre 50 milioni di abitanti. Il Paese è noto per la sua grande biodiversità, la foresta amazzonica, le piantagioni di caffè e una notevole varietà culturale. Senza tralasciare musica e ballo.

Descrivere un Paese come la Colombia non è un compito facile. Specialmente per me che, oltre a non essere colombiano (essere sposato con una nativa però aiuta), ho avuto modo di visitare questa immensa nazione solo per brevi periodi. Questo dunque non sarà il racconto di qualcuno che ha avuto modo di assorbire e comprendere appieno la cultura e la forma mentis locale, bensì una narrazione proveniente da un punto di vista pienamente occidentale, il resoconto di uno shock culturale. Perché per quanto la Colombia, e più in generale l’America Latina (o Latam, come la chiamano loro), non sia percepita come una cultura aliena come potrebbero esserlo quelle dell’Estremo Oriente, si tratta comunque di una società sviluppatasi in maniera molto differente da quella europea.


© Mirko Sebastiani

La forza della diversità

La Colombia è il secondo Paese con la maggior biodiversità dell’intero pianeta (il primato spetta al Brasile), e un patrimonio culturale che si perde nei millenni. Una diversità che si rispecchia anche nei suoi paesaggi e nelle sue città (ci torneremo), e nel corredo genetico della sua popolazione, dove si mischiano DNA indigeno, africano ed europeo. È anche una nazione a cui sono stati inflitti dolori indicibili dagli europei prima, dai governi e dalle multinazionali statunitensi poi, e nella storia più recente dal suo stesso governo e dalla criminalità organizzata. Ciononostante il colombiano medio sorride, sempre, nonostante tutto: alla domanda “come stai?” la risposta è sempre positiva, in uno spettro che spazia dal “bene” al “super bene” con l’aggiunta di un “grazie a Dio”, indipendentemente se si sia credenti o meno. Il calore e l’entusiasmo non sono uno stereotipo, ma paiono essere una risposta immunitaria in una società dove corruzione e ingiustizie sono all’ordine del giorno, a causa del quasi totale menefreghismo delle istituzioni.


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Palenqueras di Cartagena

Non date papaia

Questo rende la Colombia un Paese poco sicuro? Beh dipende. Nelle grandi città, come un po’ dappertutto, il crimine più comune è il borseggio, ma basta stare un po’ attenti e, come dicono i locali, non dare papaia. Dar papaia è un’espressione molto usata traducibile con “andarsela a cercare”: se giri in un quartiere popolare sfoggiando oro e gioielli, stai dando papaia; se sei in un mercato del centro e per pagare tiri fuori un rotolo bello gonfio di banconote, stai dando papaia; se sei in un bar e vai in bagno lasciando il telefono sul tavolo, stai decisamente dando papaia. Poi, è vero che ci sono zone che possono essere pericolose a prescindere dalla propria cautela: questo perché l’estrema povertà unita all’inefficienza delle forze dell’ordine, ha creato una società dove la vita umana può arrivare a valere davvero poco.


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Saper ballare è un must

Tornando invece al calore e all’entusiasmo, una cosa a cui ci si deve abituare è l’esubero di affetto e confidenza che si può ricevere anche da perfetti sconosciuti. Mio amore, cuore mio, mio/a re/regina, sono appellativi che vengono dati con leggerezza a chiunque. E se pensate che questi nomignoli possano essere confusi con tentativi di approccio, lasciate che vi parli di come si balla in Colombia. Partiamo dal presupposto che il ballo in Colombia non è un normale passatempo, ma è – insieme alla musica – l’espressione più pura della cultura locale, a cui le persone danno estrema importanza. Mi sento di poter dire che il ballo sta ai colombiani come il cibo sta agli italiani, con la conseguenza che in una città come Cali, considerata la capitale della salsa (il ballo non il cibo), il non essere in grado di ballare può potenzialmente suscitare qualche risata di scherno. Si sprecano infatti i luoghi comuni sui bianchi che non sanno ballare, con relative offerte di corsi base di ballo disponibili in ogni città a beneficio dei turisti.

A ogni città la sua stagione

In una terra dove le stagioni sono solo l’estate e l’inverno e servono a indicare semplicemente se piove di più o di meno, senza particolari differenze di temperatura, è l’altitudine a donare alle città la loro identità climatica. Prendiamo ad esempio la capitale Bogotá, situata nella Cordigliera Orientale alla bellezza di 2’640 metri di altitudine, dove il clima è considerato così freddo per gli standard colombiani (da noi sarebbe considerato autunno) da far prendere alla città il soprannome di la nevera, letteralmente “il frigorifero”. Una freddezza che, a detta di molti, si riflette anche nei suoi abitanti, che vengono generalmente considerati arroganti e altezzosi, e che sono soprannominati rolos, che è in pratica l’equivalente colombiano del ticinese sbröja.

Passando invece a un clima più temperato si arriva a Medellín (che per la cronaca i locali pronunciano Medegín), soprannominata “la città dell’eterna primavera”, dove gli abitanti sfoggiano con orgoglio l’accento paisa, uno dei più musicali del Paese. Da qui proviene la maggior parte degli artisti colombiani più celebri al momento (non Shakira, lei è di Barranquilla), ma è anche tristemente famosa per essere stata la città di Pablo Escobar. A proposito, con lui i colombiani hanno un rapporto ambivalente, perché malgrado sia stato un personaggio spregevole che ha fomentato il narcotraffico più di chiunque altro lasciando dietro di sé migliaia di morti e dalla cui immagine si distanziano con ferocia, sono al contempo coscienti del fascino che suscita sul turista straniero. Quindi in tutto il Paese, ma a Medellín in particolare, si sprecano i souvenir, i tour e i musei dedicati a questo criminale, perché il denaro non ha odore e il cattivo gusto dei turisti – che fanno l’equivalente di andare in giro per Palermo indossando una maglietta dedicata a Cosa nostra – non ha limiti.

Città invece come la già citata Cali, o la ‘turisticissima’ Cartagena sono ambienti decisamente più caldi, ma nulla batte le regioni sulla costa del Pacifico, in particolare il dipartimento di Chocó, ossia la regione più umida e piovosa dell’intero pianeta, con picchi di umidità che arrivano al 95%. Si tratta di una regione incredibile, che riesce a essere al contempo perfetta per la prosperità della vita in ogni forma e ostile a qualsiasi forma di civilizzazione. Si tratta anche di una regione quasi completamente abbandonata dal governo, dove i suoi abitanti vivono prevalentemente di pesca di sussistenza e del turismo, fatto di surfisti e amanti della natura. Natura che purtroppo non si può definire del tutto incontaminata, dal momento che le correnti del Pacifico continuano a riversare sulle coste colombiane tonnellate di plastica provenienti da tutto il mondo, dagli Stati Uniti al Giappone, lasciando ai pescatori locali l’ingrato compito di raccogliere una spazzatura che non è la loro, nell’ennesimo esempio di un Paese costretto a pagare per i capricci dell’Occidente.


© Mirko Sebastiani

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