Radicarsi viaggiando

Le parole d’ordine di Nathalie sono scoperta, libertà, incontri, semplicità… Ha un animo nomade e appena può sale sul furgone e parte all’avventura

Di Clara Storti

Pubblichiamo un contributo apparso su Ticino7, allegato a laRegione

Sulla carta Nathalie Vigini è nata in Svizzera, ma ha un’anima tremendamente nomade. Dopo gli anni vissuti in Brasile, Costa Rica, Spagna, Portogallo… ha messo un po’ di radici in Ticino da quando è nato Zakarias, suo figlio e compagno di scorribande con il furgone, veicolo che da sempre le dà un gran senso di libertà. Il suo colore è l’energico rosso; ama il mare d’inverno e la montagna d’estate; se le si chiede quale musica le piaccia di più, fatica a rispondere perché ascolta un po’ di tutto, ‘anche se ad accompagnarmi sempre c’è Gilberto Gil’. Arbus, Goldin, Ray, Sherman sono i suoi maestri in fotografia, che è il suo mestiere.

Nathalie è un’incarnazione dell’espressione “la vita è un viaggio”. Lei – che cita Terzani a tal proposito – senza i suoi viaggi non avrebbe niente da raccontare e non sarebbe la persona che è oggi: viaggiare è per lei scoperta, libertà, incontri, ricordi e memoria, quella che si fa macinando chilometri di strada. Insomma, come ben detto da qualcun altro, “le persone non fanno i viaggi, sono i viaggi che fanno le persone”.

La prima volta che ho incontrato Nathalie Vigini era diversi anni fa, sei o sette forse, a Frasco, dove collaborava con il Verzasca Foto Festival. Dai racconti, ricordavo che aveva abitato in diversi Paesi, parlando anche lingue diverse, e rimanevo affascinata da quanta vita vissuta potesse esserci in una giovane donna. Di mestiere è fotografa e, prima di diventare madre, girava il mondo e poi, per tre anni, ha anche dimorato in un furgone: oggi si dice vanlife, un termine in voga che a entrambe dice tutto, ma soprattutto niente.


© Nathalie Vigini

Nel presente, esplora sempre angoli di Terra, in particolare in Svizzera ed Europa, con Zakarias che ha più o meno tre anni. I loro itinerari si caratterizzano per essere in larga parte nella natura, che è il contesto che più fa stare bene la fotografa, dove si rifugia per ricaricare le batterie. Di recente, mamma e figlio hanno trascorso tre settimane a Fuerteventura, isola delle Canarie che hanno perlustrato a bordo di un furgone. Di là da questa «bellissima avventura», le prime esplorazioni, la famiglia le ha fatte “dietro casa”. «Abbiamo perlustrato il nostro territorio, godendoci montagne e fiumi fra Ticino e Grigioni. Un primo giro per capire anche come mio figlio avrebbe vissuto l’escursione». Sganciandosi da queste esperienze, in generale, «sono tanti i punti forti di questo modo di viaggiare: semplicità, spontaneità, contatto con la natura, incontri con persone nuove sia del posto di cui si è ospiti, sia quelle che formano la grande comunità di viaggiatori. Poi è il viaggio la meta stessa di esso», dice Nathalie.

È inevitabile, con un bambino bisogna adattare gli itinerari e calibrare il viaggio sui suoi ritmi e sulle sue necessità, Nathalie però non ha mai pensato di rinunciarvi: «Non volevo far morire quella mia parte avventurosa e nomade, che mi rappresenta». Anzi ha deciso di continuare a mettersi al volante proprio per quegli effetti positivi che ha il viaggio, condividendo questo suo amore con il suo bimbo. «Quando viaggiamo, che sia in montagna, al mare, al fiume o al lago, lo spazio per Zakarias è ampio e può esplorare in libertà giocando con pietre, foglie, rami, sabbia… insomma con ciò che trova attorno a sé. È sempre all’aperto, sviluppa la creatività, è libero, molto più attivo e sereno e lo sono anche io. E nel cuore rimangono poi i piccoli ricordi, come le albe e i tramonti visti insieme. È bello osservare il mondo attraverso i suoi occhi».


© Nathalie Vigini

Il furgone è una vera e propria casa ambulante con tutto ciò che serve, «si ha tutto a portata di mano: questo permette di sentirsi radicati in un luogo, seppur si sia in movimento». Certo gli spazi sono ristretti e se inizialmente può parere uno svantaggio, parola sua, prendendoci la mano si impara a organizzarsi bene, ripartendo lo spazio esiguo con lo stretto necessario, perché è quello esterno a contare: «Scegliere bene dove sostare è essenziale, perché è lì che si trascorre la maggior parte del tempo».

Non è sempre tutto rose e fiori, ammette Nathalie, gli inconvenienti possono sempre capitare, come il dover trascorrere una giornata di pioggia nel furgone o fare i conti con l’umidità degli abiti che faticano ad asciugarsi. Al netto di pro e contro, però, «la mia esperienza è molto positiva», dice senza giri di parole, tanto che ha deciso di condividerla su Instagram con il profilo nati_ontheroad. «Lì, racconto cosa significhi viaggiare con un bambino, facendo emergere quello che da fuori non si vede… anzitutto racconto le belle avventure, le scoperte e quindi i benefici di un modo di viaggiare che dà tanto». Tutto ciò con schiettezza, senza l’intenzione di farne un manuale.

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Infine, torno al principio. Nathalie è nata a Ginevra nei primi anni Ottanta e, ancora bambina, arriva in Ticino che dal 2022 è nuovamente la sua base. Abita nel Malcantone, «tra lago e montagne, che sono il mio habitat», dove lavora come indipendente a progetti fotografici e creativi partecipativi con giovani e migranti, offrendo anche corsi a bambini e adulti. «Cerco sempre di espandere i miei progetti e, soprattutto da un paio di anni a questa parte, provo a mettere tutto insieme trovando un equilibrio fra il mio lavoro e il mio essere mamma», cercando di non zittire il suo spirito nomade.

(www.nativigini.com)

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