Euro 2024, dalla A alla Z

Dai gironi alla finale di domani, ecco un resoconto molto parziale di un mese di vagabondaggi per la Germania appresso a un pallone. Lettera per lettera

Di Roberto Scarcella

Pubblichiamo un contributo apparso su Ticino7, allegato a laRegione

Autogol. L’europeo è stato la fiera degli autogol, ben dieci. Anche in una delle due semifinali ce n’era stato uno, del francese Koundé, ma il suo tocco non è stato decisivo, e l’Uefa ha poi assegnato la rete a Dani Olmo. Ne manca uno per eguagliare il record di 11: e una partita per farlo. Inglesi e spagnoli sono avvisati.

Birra. Ovviamente. Ogni città ha da offrirti la sua, la Alt a Düsseldorf (così così), la Kölsch a Colonia (no, grazie), la Göse a Lipsia (strana, acida, buona), e poi le monegasche (un classico) e la Dortmunder Bier (rinfrescante). Nel cuore però resta la Ultra Hell quella della Ge Bräu di Gelsenkirchen, anche solo per lo stemma operaio con fabbriche e ciminiere della Rühr.


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Qui non c’è niente, solo calcio e birra

Cristiano Ronaldo. Gli bastava un gol per diventare il primo a segnare in sei edizioni diverse. Ci prova così tanto da fare rabbia e pena insieme, scendendo in campo anche nell’ultima gara del girone dove tutti gli altri titolari riposano. Sbaglia un rigore, si divora l’impossibile, passeggia, fa le smorfie, litiga, piange, si sbraccia. Dai, basta.


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Parlare di meno, giocare di più

Donnarumma. L’unico (assieme a Calafiori, squalificato con la Svizzera) a salvarsi nella disastrosa Italia, che senza di lui avrebbe fatto una figura in stile squadra africana ai Mondiali anni ‘70, quando prendere meno di 4 gol a partita era già un successo.


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La solitudine del numero primo

Eriksen. Il danese, che tre anni fa, proprio all’Europeo, con la Finlandia, rischiò di morire sul campo per un infarto, segna un gol all’esordio stoppando la palla proprio col petto. Destino? Caso? Boh, però è successo.

Fascetta. Depay e la sua fascetta da cestista in testa non si potevano vedere su un campo da calcio. E infatti ha giocato malissimo. Prossima trovata? Il berretto da fantino?


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Volevo quella da capitano

Gelsenkirchen. Si aggiudica la palma di città ospitante più brutta. Batte Lipsia, che almeno ha un po’ di storia della Ddr da raccontarti; Stoccarda, che non sembra un luogo adatto alle persone. E soprattutto Dortmund, che è come Gelsenkirchen, ma con almeno qualcosa da fare.

Hotel Max. A Düsseldorf. Fatevi un favore se passate da quelle parti: non dormiteci, piuttosto una bella panchina. Per colpa loro ho perso un treno, rimanendo loro ostaggio per tre ore, con le mie valigie in stanza, che non potevo aprire. E io dentro l’hotel che non potevo uscire. Reception inesistente e nessuno che rispondeva al telefono. A un certo punto (per la prima volta in vita mia) ho chiamato la polizia. È tutto dire…

Ilicic. La storia più bella: un artista del pallone caduto in depressione dopo gli anni d’oro all’Atalanta torna a casa, in Slovenia, si ricostruisce e viene convocato a sorpresa. Poi quell’insensibile anti-eroe di Diogo Costa gli para il rigore. Non si fa.

Jota. L’esultanza più idiota (idjota?) dell’Europeo è del portoghese Diogo Jota. Dopo il gol strappa rabbiosamente il pallone di mano al portiere ceco Stanek per metterselo sotto la maglia e mimare un bimbo che nasce: sai che originalità. Poco dopo il Var annulla la rete per fuorigioco, ma – per me – c’erano gli estremi per annullarlo per l’esultanza.

Kroos. Un calciatore entrato nel mito. Dà l’addio al calcio con gli Europei e, nella sua ultima esibizione, contro la Spagna, non ne azzecca una: mette ko Pedri con un interventaccio, sbaglia passaggi non da lui e ha colpe su entrambi i gol avversari. Peggio di così…

Lamine Yamal. Oggi compie 17 anni, domani si gioca una finale da uomo copertina. La pressione pare non sentirla, sennò un gol come quello alla Francia nemmeno lo pensi. Talento e leggerezza. Qué más?


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Più che un bagnetto, Messi lo ha benedetto

Mikautadze. Insieme a Kvaratskhelia ha trascinato la Georgia in partite che sembravano scorribande barbare e al contempo lezioni di estetica. Dribbling, corse a perdifiato, coraggio e follia applicata a un risultato concreto. Quanto c’è bisogno di gente così, non solo su un campo di calcio.

Noia. Non sono stati Europei divertenti, con in campo alcune squadre noiose per definizione (Scozia, Polonia, Repubblica Ceca). Quasi peggio Francia, Belgio e Inghilterra (è in finale, ok, ma come?) che il talento lo avevano, ma l’hanno nascosto.

Organizzazione. Centri d’informazione turistica che sbagliano a darti informazioni, accessi agli stadi che sembrano una escape room, depositi bagagli già pieni di primo mattino e anche poca gentilezza, in molti casi. Germania, che ti succede?

Podolski. L’ex attaccante tedesco ora fa il kebab. Cioè, non proprio lui. Ha aperto una catena: ed è pure buono.


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Che faccio? Lascio?

Qatar. Mai più, si spera. Il Mondiale degli emiri è già un ricordo lontano. La Germania ha storia e tradizione. E si è visto. Stadi pieni, voglia di condivisione, nessuna restrizione retrograda: il grande calcio è tornato a casa.

Ritardi. Treni in ritardo, anche di ore. Ogni giorno. Coincidenze saltate, tram bloccati, autobus che si fermano dove gli pare, quando arrivano. Tifosi abbandonati la sera negli stadi con metro chiuse, treni soppressi e bus notturni deviati. E i nostalgici di Merkel a dire “quando c’era lei”…


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Tschu, Tschu, Tschu die Eisenbahn

Sole. “Diese ist Paese d’o sole”.Sudare in maglietta a Monaco (di Baviera, non Montecarlo), mettere (e rimettere) la crema solare a Berlino, boccheggiare per le strade di Gelsenkirchen o vedere una partita in piedi all’ombra perché il tuo posto a sedere sotto il sole di Dortmund ti sta facendo esplodere il computer e il cervello. Chi l’avrebbe detto?

Turchi. Averli visti esultare dentro lo stadio di Lipsia dopo la vittoria sull’Austria negli ottavi di finale è stato uno dei momenti più emozionanti. Completamente, meravigliosamente pazzi.


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Dell’emozion pura

Ucraina. Arrivata come possibile sorpresa, prende tre scoppole dalla Romania all’esordio, si rialza, fa 4 punti come la prima del suo gruppo, ma resta fuori perché quarta per differenza reti. La Slovenia (terza nel suo girone) ha passato il turno con 3 punti.

Vis comica. Poca da parte dei tifosi, che si sono limitati a scopiazzarsi l’un l’altro la moda social del momento: cartelli con su scritto “gulasch meglio degli haggis”, “chorizo meglio dei würstel”, a seconda dell’avversario. E giù risate. Mah. Gli albanesi che spezzano gli spaghetti davanti agli italiani già non fa granché ridere. Ma gli austriaci che spezzano le baguette davanti ai francesi non ha nemmeno senso.


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Paese che vai, humour che trovi

Wanted. Lukaku, Mbappé, Vlahovic, Mudryk, Scamacca, Sané, Arnautović, Šeško. Tutti protagonisti annunciati. Chi li ha visti?

Xhaka. Insieme allo spagnolo Rodri, il migliore centrocampista della manifestazione: uno spettacolo vederlo portare palla, proteggerla e poi cercare (e trovare) linee di passaggio che ad altri manco passano per la testa.


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Ooga-Chaka Ooga-Ooga

Yakin. La Nati gioca come un club, con rotazioni, pause, accelerazioni, ricerca della verticalità: una meraviglia. Se solo ci fosse qualcuno davanti a buttarla dentro con regolarità o uno Shaqiri dieci anni più giovane…

Zenzero. Te lo ritrovi dappertutto, nel tè e nel succo di frutta, nella torta della nonna e nella zuppa preriscaldata. Buonissimo eh, per carità, però prima che lo mettano anche nei Bratwurst fermateli. Ah no, ce lo mettono già.

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