Un’amara pastiglia. Quando la cura è peggio della ‘malattia’
A volte pare manchino, altre volte se ne consumano così tanti che è necessario sensibilizzare i cittadini. Parliamo dei farmaci e di altre scomode verità
Di Keri Gonzato
Pubblichiamo l’editoriale apparso su Ticino7, allegato a laRegione
“In Svizzera, una persona adulta su dieci prende regolarmente farmaci che provocano una dipendenza. Vengono consumati soprattutto sonniferi, analgesici e calmanti contenenti benzodiazepine. Le benzodiazepine hanno un notevole potenziale di creare dipendenza sia psichica sia fisica. Le donne sono soggette a questo tipo di dipendenza in misura doppia rispetto agli uomini”
(tratto dall’opuscolo informativo Sonniferi e calmanti: i rischi, elaborato dalla Zürcher Fachstelle zur Prävention des Alkohol- und Medikamenten-Missbrauchs)
L’arte serve anche a ricordare o rivelare verità scomode. Prendete il documentario Tutta la bellezza e il dolore della regista Laura Poitras (vedi riquadro in fondo a questo contributo, ndr), che oltre a essere un’opera notevole è soprattutto una vera denuncia giornalistica: ‘Potentissimo’ (Financial Times), ‘Profondo e rivoluzionario’ (Variety) e ‘Epico’ (The Guardian). E punta dritto al lato oscuro del sistema medico-sanitario e farmaceutico di oggi. Nan Goldin, la protagonista, è una delle artiste più importanti e influenti della sua generazione, ha rivoluzionato l’arte della fotografia attraverso la sua ritrattistica schietta e profondamente personale. La sua arte è il filo che attraversa ogni cosa e ci porta dentro al gruppo P.A.I.N. (Prescription Addiction Intervention Now), da lei fondato assieme ad altri attivisti e artisti nel 2017. Nasce da un’esperienza personale di dipendenza da un farmaco oggi noto per aver causato la morte di oltre mezzo milione di americani. Si tratta del dannato OxyContin, antidolorifico a base di oppiacei. “Goldin ricorda che il suo impulso iniziale a impegnarsi nell’attivismo legato ai farmaci è nato dall’aver appreso che a Cambridge, in Massachusetts, erano falliti i tentativi di installare distributori automatici che avrebbero reso facilmente accessibile il farmaco salvavita che contrasta lo stato di overdose, il naloxone (comunemente indicato con il nome commerciale Narcan)”.
Filantropia ingombrante
Al centro della denuncia ci sono i Sackler, potente famiglia proprietaria della casa farmaceutica Purdue Pharma che ha tratto enormi profitti spingendo la prescrizione medica su larga scala dell’antidolorifico. Il documentario dà spazio a diverse condivisioni laceranti di famiglie che hanno perso figli adolescenti, a cui era stato prescritto l’antidolorifico dopo un’operazione, a causa della dipendenza subdola creata dal farmaco che ha portato all’overdose del medesimo. La storia dell’artista e attivista Nan Goldin, raccontata attraverso fotografie rivoluzionarie e rari filmati, ci parla della lotta per ottenere il riconoscimento della responsabilità della famiglia Sackler per la crisi degli oppioidi. Tutta la bellezza e il dolore rivela un aspetto interessante: da New York a Londra, la Fondazione Sackler è presente in diversi musei iconici dove – ironia vuole – la stessa Nan Goldin ha delle opere fotografiche esposte. “Mi sono concentrata sui Sackler perché era un nome che conoscevo. Pensavo fosse il nome di questi filantropi molto generosi che sostenevano l’arte che amavo”, ha detto Goldin, “e poi ho scoperto quanto sia sporco il loro denaro. Ho scoperto che sono loro che hanno prodotto e commercializzato il farmaco da cui io stessa ero dipendente”.
Nonostante le proporzioni inaccettabili delle morti per overdose causate dal farmaco, spesso prescritto come antidolorifico post-operatorio corrente, gli sforzi legali per rallentare la commercializzazione dell’OxyContin e la devastazione dell’epidemia che questo ha causato hanno avuto scarso effetto. Nel 2019 lo Stato di New York ha avviato una causa legale contro la famiglia Sackler, la cui fortuna si basa appunto su questi farmaci mortiferi messi a punto negli anni Cinquanta. “L’accusa sostiene che il marketing aggressivo di OxyContin a partire dalla metà degli anni Novanta ha portato a sovra-prescrizioni da parte dei medici e al flagello della dipendenza. La casa farmaceutica è accusata da 1’600 fra città, contee e Stati di essere una delle responsabili della dipendenza da oppiacei” (RSInews, 29 marzo 2019). All’epoca Purdue Pharma si protesse dichiarando bancarotta. Il farmaco a base di ossicodone è tutt’oggi disponibile, per il trattamento di dolori persistenti, medi o intensi, su prescrizione medica, anche nelle farmacie svizzere. È distribuito da Mundipharma, i cui proprietari sono sempre i Sackler.
“Nel 2007, per esempio, Purdue si è dichiarata colpevole di aver ingannato medici e pazienti sul potenziale di dipendenza e abuso dell’OxyContin. Purdue è stata condannata a pagare una sanzione di 600 milioni di dollari, il nome di Sackler è rimasto fuori dal caso e Purdue ha continuato a commercializzare il farmaco in modo aggressivo, mentre i suoi profitti salivano a nuove vette. Da allora, nonostante le udienze, le cause e i patteggiamenti contro l’azienda, l’influenza della Purdue e della famiglia Sackler ha evitato loro di dover affrontare una responsabilità completa, tutto ciò mentre la crisi si aggrava. Il P.A.I.N. ha quindi cercato di guardare al di là dei tribunali per ottenere il riconoscimento della loro responsabilità”
(dal film Tutta la bellezza e il dolore, 2022)
Ipermedicalizzazione: il solito problema
“Per anni i Sackler sono stati in grado di separare la loro attività farmaceutica dalla loro reputazione nel mondo dell’arte”, ha aggiunto Megan Kapler, membro del P.A.I.N. “Noi abbiamo cercato di aprire una breccia in questo sistema e di esporli per quello che sono, rendendo il loro nome sinonimo di morti per overdose da farmaco”. Il gruppo di attivisti inscena diverse proteste di grande impatto presso rinomati musei che avevano accettato i fondi Sackler. “Grazie a queste proteste i Sackler hanno perso la propria posizione di prestigio all’interno dei circoli artistici. Il mondo ora sa chi sono e cosa hanno fatto. L’idea di essere riusciti a condizionare un’azienda multimiliardaria in America è il mio orgoglio e la mia gioia”, ha aggiunto Goldin. Questo scandalo dalle proporzioni enormi ci parla di un problema di punta della società di oggi, la ipermedicalizzazione che mette al centro dell’agenda delle cure il profitto economico troppo spesso a discapito della salute del paziente. “L’unico modo per uscire da questa emergenza è investire nella riduzione del danno basata sull’evidenza e combattere la guerra del farmaco in modo non carcerario”, ha aggiunto Kapler. “La nostra speranza con questo film è che possa scalfire lo stigma della dipendenza”.
“I sistemi sanitari dei paesi ricchi sono progettati per prescrivere medicinali e molto meno per toglierli. Il risultato è che molte persone prendono medicine inutili o addirittura dannose”
(da The Economist; articolo tradotto e ripubblicato dal periodico Internazionale il 5 maggio 2023)
La testimonianza di Emily Reeve, farmacista di un grande ospedale di Adelaide in Australia, rivela quanto i suoi pazienti siano “spesso sommersi da un numero spropositato di farmaci da assumere”. In Svizzera una persona su due assume farmaci ogni settimana, il dato emerge dall’Indagine sulla salute in Svizzera realizzata dall’Ufficio federale di statistica nel 2017, interrogate oltre 22mila persone. Una persona su quattro assume antidolorifici ogni settimana, il 24% degli intervistati ne aveva fatto uso nella settimana precedente all’intervista. Dipendenze Svizzera ci dice che l’11% circa delle persone di età pari o superiore ai 15 anni ha preso sonniferi o tranquillanti nel corso dello scorso anno (circa 788mila persone) e il 7,4% ha assunto
tali farmaci nel corso dello scorso mese (circa 530mila persone). Il 2,8% ne fa un uso prolungato (circa 201mila persone), il che corrisponde a un’assunzione praticamente giornaliera durante almeno un anno.
“Il consumo regolare e prolungato di antidolorifici forti, così come di sonniferi e tranquillanti, può essere considerato come una dipendenza. L’uso prolungato aumenta generalmente con l’età ed è più frequente tra le donne. L’uso di entrambi i farmaci è piuttosto diffuso in Svizzera. Più del 90% delle persone con età superiore ai 45 anni che fa un uso quotidiano di benzodiazepine, lo fa per un periodo di almeno tre mesi. In Svizzera vi è quindi un numero considerevole di persone che fa uso di sonniferi e tranquillanti per un periodo molto più lungo della durata raccomandata. La durata d’assunzione dovrebbe essere il più breve possibile (di norma soltanto qualche giorno) e non dovrebbe superare le tre o quattro settimane”
(da dipendenzesvizzera.ch)
E da noi? No, non siamo messi benissimo
In Svizzera il consumo di antidolorifici è addirittura raddoppiato rispetto al 1992. “L’uso di psicofarmaci, invece, è rimasto pressoché costante, a eccezione degli antidepressivi, il cui consumo è in aumento dal 2007” (UST). In parallelo il ricorso
alla medicina complementare è in continuo aumento con un 29% della popolazione che usufruisce in un anno di almeno un trattamento di medicina complementare come l’agopuntura, la medicina cinese, l’omeopatia o l’osteopatia. Dall’indagine dell’UST emerge che, sebbene l’85% della popolazione considera la propria salute (85%) e qualità di vita (92%) buona o molto buona, un terzo è affetto da malattie croniche. “Con il tempo, il consumo di farmaci è nettamente aumentato: rispetto al 1992, quando ad assumere almeno un farmaco nell’arco di una settimana era il 38% della popolazione di 15 anni e più, nel 2017 tale valore ammontava già al 50%. Le donne (55%) assumono farmaci con maggiore frequenza rispetto agli uomini (45%). La quota cresce con l’avanzare dell’età e tra le persone di almeno 75 anni raggiunge l’84%”.
Dipendenze Svizzera, una squadra interdisciplinare e multilingue attiva nell’ambito delle dipendenze, della prevenzione e della promozione della salute, anche a livello politico, mette in guardia sui rischi legati ai farmaci. Un campanello d’allarme lanciato dalla squadra riguarda gli psicofarmaci che contengono benzodiazepine. Si tratta dei più consumati e prescritti in Svizzera e anche dei più problematici nel rischio di dipendenza… “Dal momento che le benzodiazepine sono tollerate bene dall’organismo e possono essere prese senza dare nell’occhio, esiste il pericolo di una graduale assuefazione che può portare alla dipendenza. Farmaci che inducono dipendenza possono essere venduti in Svizzera solo dietro prescrizione medica. Queste pillole vengono tutt’oggi prescritte troppo frequentemente a donne che attraversano una fase di vita difficile e spesso senza informarle a sufficienza sul pericolo di una dipendenza” (l’opuscolo informativo della Züfam è disponibile online in italiano). Zürcher Fachstelle zur Prävention ricorda che chiedere aiuto non deve essere una fonte di vergogna e che non appena si manifestano segnali di difficoltà e/o di dipendenza da un farmaco bisogna parlarne con il partner, amici e chiedere aiuto qualificato, a un consultorio eccetera. “Il ricorso a sonniferi e calmanti che contengono benzodiazepine dovrebbe essere di breve durata e limitato a situazioni di crisi acuta. La prescrizione di questi farmaci dovrebbe essere sempre accompagnata da approfonditi colloqui sui pericoli di assuefazione e dipendenza così come sulle altre possibilità di cura” (Züfam).
Corpo e mente. Mente e corpo
Troppo spesso il sistema medicale di oggi assume sovente un approccio sbrigativo rispetto ai disagi psichici. I disagi psichici sono intrecciati con quelli fisici e, spesso e volentieri, il paziente si trova a parlare del proprio disagio interiore con il medico generalista. “Negli ultimi anni, troppo spesso, ho sentito storie di persone a me vicine, sia in famiglia che con i miei coetanei ventenni, che hanno riportato al proprio medico curante sintomi depressivi, problemi di ansia, difficoltà a dormire”, racconta Anna, educatrice a Lugano, “la risposta, nella maggior parte dei casi, non è stata indirizzare il paziente verso una persona qualificata nella cura di questi disagi, come uno psicologo o uno psichiatra, ma la prescrizione senza troppe remore di psicofarmaci”. Purtroppo i farmaci mettono un tappo temporaneo sul sintomo senza curare la causa del disagio.
“Se non vengono associati a un ascolto accurato e a una terapia olistica che prenda in considerazione la persona nel suo insieme, il suo stile di vita eccetera, non sono assolutamente sufficienti”. Il farmaco non dovrebbe essere il primo ricorso, prima di tutto bisognerebbe prendersi il tempo per vedere cosa si può cambiare nella vita del paziente perché possa stare meglio… Le terapie complementari, gli approcci terapeutici comportamentali, così come la meditazione (sempre più usata anche da psicologi e psichiatri) eccetera possono essere un ottimo inizio per stare meglio. E poi ci sono l’arte, che come ci ricorda Nan Goldin ha una valenza terapeutica, le relazioni sociali, cantare, ballare, fare teatro, muovere il corpo, stare nella natura… Medicine, sia preventive che curative, gratuite o a basso costo prive di effetti collaterali. Come in molti ambiti della società bisogna invertire la tendenza che mette il profitto al primo posto. Prima dell’etichetta della malattia, prima della prescrizione del farmaco, viene la persona: “È più importante sapere che tipo di persona abbia una malattia, che sapere che tipo di malattia abbia una persona”, lo sosteneva già il greco Ippocrate nel IV secolo a.C. Ma vedrete che prima o poi lo capiremo: l’uomo, l’anima, la cura della persona devono tornare a essere il punto di partenza.
UNA POTENTE VERITÀ
Tutta la bellezza e il dolore (All the beauty and all the bloodshed) di Laura Poitras
Leone d’Oro alla 79esima Mostra del Cinema di Venezia, il film documentario è la storia intima ed emozionante dell’artista e attivista di fama internazionale Nan Goldin, raccontata attraverso diapositive, dialoghi inediti, fotografie rivoluzionarie e rari filmati della sua battaglia per ottenere il riconoscimento della responsabilità della famiglia Sackler per la crisi degli oppioidi.