James Mauri, barbiere di nascita e di vocazione

A Lugano continua una tradizione ereditata dal papà e dal nonno. Senza rinunciare all’innovazione

Di Natascia Bandecchi

James Mauri, nato a settembre del 1976 sotto il segno della bilancia. Nel suo albero genealogico il barbiere è un mestiere che
si tramanda di generazione in generazione e qui ci tiene ad affondare le sue radici, nonostante oggi vesta i panni di imprenditore – parola grossa dice lui – senza mollare mai la forbice e il rasoio. Ama leggere, coltivare la sua parte spirituale e camminare in montagna. 

L’arte e la storia del barbiere risalgono al Paleolitico inferiore. Chi praticava questo mestiere faceva parte dell’olimpo del rango sociale, come saggi e sacerdoti. Si credeva che nei capelli risiedesse l’anima del popolo e tagliarli significava simbolicamente annientare il male e ritrovare nuova linfa vitale. Nettare che James assorbiva armeggiando con forbici, pennelli, saponi da barba e borotalco quando era piccolo, nella bottega del nonno e poi del papà. «Più che scontata, la via del barbiere per me è stata dettata dall’imprinting delle mie figure maschili di riferimento: teste brillanti che per necessità e tradizione si sono dedicate a questo mestiere antico dal dopoguerra». L’ambiente familiare è un punto cardine nella tradizione Mauri, ieri, come oggi. James e sua sorella Deborah gestiscono dal 2015 a Lugano il Mauri Concept, dove non ci si taglia solo barba e capelli ma dove si può apprezzare un locale dal respiro internazionale tra un manicaretto fatto con amore e un massaggio ayurvedico. Lì tra le stesse mura – dove una volta c’era la storica Libreria Melisa – oggi c’è un luogo dove ho intercettato un quadro con la scritta «You create your own destiny». «È molto appagante potersi realizzare attraverso una professione e creare il proprio destino anche se implica un grandissimo lavoro e una profonda costanza. Seguo un po’ la filosofia del Buddha e cerco di vivere nel momento vivendo appieno quello che c’è».

Dietro le quinte

«Successo, fama. Queste cose costano. Ed è esattamente qui che si comincia a pagare, col sudore». Così diceva Lydia Grant ai suoi alunni che ambivano a diventare famosi in una serie televisiva degli anni Ottanta. «Il lato negativo di questo lavoro è la totale assenza di tempo per me e i miei affetti: sono costantemente assorbito da cose da fare, risolvere, seguire e a lungo andare le mie energie si riducono ai minimi termini. È anche vero che questa momentanea assenza di energia viene compensata dalla soddisfazione di un progetto che va a buon fine».

Lavorando da così tanti anni a contatto con le persone sono infiniti gli aneddoti: «Provenendo da una dinastia di barbieri ho molti clienti che oggi sono ‘over 70’ e che prima frequentavano la bottega del nonno. Ai loro occhi sono ancora il piccolo James che li aiutava. Mi fa piacere quando le signore un po’ agée mi accarezzano il viso oppure i signori mi danno una pacca sulla schiena (affettuosa) chiedendomi come sto».

Fare l’imprenditore può significare nuotare in un mare che può nascondere squali all’orizzonte e scogli qui e là. Come fare a mantenere l’equilibrio quindi? «È da qualche anno che fatico a tenere l’ago della bilancia in mezzo. Sto lavorando per programmare in maniera diversa il mio tempo evitando di rimanere soffocato da tutto quello che succede intorno a me. Nella società in cui viviamo è facile farsi travolgere dal vortice ‘del fare’. Quest’anno il mio fioretto è prendermi del tempo per coltivare la mia crescita evolutiva, non quella societaria».

James continua a parlare. Ora è il turno di suo figlio: gli occhi iniziano a brillare. «Con Bryan ho sempre cercato di coltivare un aspetto umano profondo e dargli l’opportunità di seguire un percorso scolastico che tanto avrei voluto fare io: quello antroposofico. Un cammino educativo completo segnato da libertà di pensiero, non giudizio verso la diversità e contatto profondo con il proprio sé. Oggi ha la testa sulle spalle, è generoso, ama quello che fa e ama farlo. Non potrei chiedere di meglio».

La rete

Nemmeno Lugano è stata graziata, e la crisi – parola che ultimamente è entrata nel vocabolario di un Ticino che sembrava intoccabile – ha mietuto un po’ di vittime tra vari esercizi pubblici. «Credo ci sia bisogno di sinergia tra imprenditori, è importante trovare persone che non pensino solo al denaro e per cui sia importante investire tempo ed energia nella ricerca. Ricerca intesa sulla qualità da offrire alla clientela, e una formazione adeguata e di crescita del personale, soprattutto nella sfera al servizio del prossimo». Quello che osserva James e che si è creata una sorta di energia negativa e che il «‘Dio soldo’ sia una sorta di spada di Damocle che oscilla sulle teste di molte persone». Una rete virtuosa, questo è quello che farebbe bene, non solo alla società, ma anche all’economia. Uno spazio in cui liberi professionisti e non si possano unire per un fine comune: una società più sana, che non punta solo al risultato ma che si concentra sul percorso che si compie insieme. «Credo che lo scopo finale della nostra vita sia entrare in connessione col prossimo per conoscere/conoscersi. Forse siamo ancora lontani ma l’importante per me è rimanere centrato cercando di mantenere i piatti della bilancia in equilibrio».

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