Il poliziotto Mattia
Mattia Da Dalt si occupa di formazione, interna ed esterna al Corpo di Polizia, dalla scuola dell’infanzia fino agli adulti. Anche con l’amico Peo.
Di Beppe Donadio
Pubblichiamo un contributo apparso su Ticino7, allegato a laRegione
Nato a Locarno trentotto anni fa, Mattia Da Dalt si forma educatore socioassistenziale con casistica psichiatrica per poi fare musica, teatro, radio e, in televisione, commedie dialettali; nel 2013 decide di provare a far parte della Polizia cantonale: dopo un anno di selezione, il primo marzo 2015 entra nella Scuola di Polizia come aspirante gendarme; un altro anno di formazione e stage pratici, e nel marzo del 2017 viene incorporato nel V reparto di Gendarmeria stradale, dove lavora tuttora con la specializzazione di formatore di Polizia.
«È qualcosa che devi sentire particolarmente tuo, non è un lavoro che puoi fare tanto per fare. E se ti piace, non lo sentirai mai come un peso, perché quello che stai facendo è per te e allo stesso tempo per gli altri». Oggi Mattia si occupa di tutto ciò che è formazione, interna ed esterna al Corpo di Polizia, dalla scuola dell’infanzia fino agli adulti: «Mi sento bene nel ruolo di formatore perché è un vestito che trovo fatto su misura per me. Si completa bene con la mia formazione e le esperienze passate. Vivo questa cosa come uno scambio completo».
Il fascino della divisa
A meno che non si sia figli di poliziotti, il poliziotto è il primo contatto dei bimbi con l’autorità. «È un incontro speciale anche per me. Sono a contatto con tantissimi bambini, e con loro te la devi giocare tutta…». Qual è la loro reazione? «È una reazione di felicità, sensazione alla quale contribuiscono le maestre, che già preparano i piccoli sull’arrivo di un poliziotto che insegnerà loro come ci si comporta in strada, quali sono i pericoli e quali le regole da seguire». Mattia dice di non avere mai visto bimbi dispiaciuti del suo arrivo, ma il cosiddetto ‘fascino della divisa’ può nascondere alcune comprensibili eccezioni: «Come il bimbo ucraino scappato con i genitori dalla guerra, che alla mia vista si è nascosto dietro un teatrino di marionette; confesso che per un attimo il pensiero che la mia presenza in quel momento fosse di troppo si è fatto strada; ho visto che giocava con le macchinine, l’ho osservato per un poco, poi mi sono avvicinato e mi sono messo a giocare anche io con lui, per fargli capire che sotto quella divisa c’era una persona». Amicizia fatta, mano nella mano per il resto della mattinata. «Ricordo un’altra situazione difficile, in una scuola speciale, con una bimba che si era vista allontanare dalla famiglia, per la sua sicurezza. Vedere un poliziotto l’avrà portata a pensare “ora mi portano via di nuovo”. Ecco perché il rapporto con i bambini deve essere delicato e ragionato». Meglio ancora se, come nel caso di Mattia, sei padre.
‘Attenti alla strada’
Potere della televisione e di tutti i digitalmente annessi e connessi, Mattia Da Dalt è ormai noto come ‘Il poliziotto Mattia’ , in quanto coprotagonista di ‘Attenti alla strada’ , format Rsi in collaborazione con la Polizia cantonale. Con lui, recita un ‘volto’ storico della tv: il cane Peo. «Quello televisivo, in modo credo utile anche all’istituto stesso, è un progetto che crea continuità con quanto fatto nelle scuole. Abbiamo ragionato su un personaggio e il pensiero è andato subito al Peo, che i bambini seguono ancora oggi con tanto affetto. Tramite lui, abbiamo riproposto in televisione, in chiave assai più scenografica, le attenzioni da prestare in strada». Tramite il Peo, che è in tv da anni, ma anche tramite il Da Dalt del mondo dello spettacolo: «Tutto quello che ho fatto prima è servito, serve e sono sicuro servirà, dalla formazione in ambito educativo, psicologico e sociale, fino alla capacità di stare sopra un palco, di relazionarmi con un pubblico, con coloro che stanno sul palco con me e con chi sta dietro le quinte».
Il successo, nel caso di ‘Attenti alla strada’ , si misura in disegni: «Me ne fanno avere tanti: in alcuni mi disegnano da solo, al lavoro; in altri sono col Peo. È una soddisfazione, vuol dire che sei arrivato al bambino, che lui ti ha seguito e ha capito il contesto. E il fatto che online possa rivedere, magari anche con i genitori, quella trasmissione tutte le volte che vuole, rende il messaggio ancor più potente di quanto sia nelle scuole». Il successo, per la precisione, si misura anche in “pugnetti da amici forever”: «È un modo di salutarsi nato col Peo durante una delle registrazioni: per quanto il copione esista, e per quanto io ne rispetti i passaggi chiave, mi capita spesso di andare a braccio; in un momento di vuoto ho guardato il Peo e mi sono inventato il “pugnetto da amici forever”; lui mi ha risposto qualcosa e il tutto è diventato virale». Tanto virale che ora anche gli adulti si salutano così.
L’abito non fa il poliziotto
A guardare Mattia Da Dalt che recita amabilmente col pupazzo blu vengono in mente i nuovi direttori d’orchestra, che una volta vestivano soltanto da pinguini e oggi, nelle foto ufficiali, appaiono – anche, e finalmente – in jeans e maglioncino, capi che ce li rendono “più umani, più veri” (cit.). La cosa vale anche per i solisti e le soliste e per l’orchestra tutta, e quella della Svizzera italiana in tour nelle scuole, vestita un po’ come le pare, è un fulgido esempio. «Nell’immaginario collettivo – commenta Mattia – il poliziotto è uno che quando fuori fa -15 indossa una polo estiva. È un modo per dire che siamo legati a questa immagine di roccia in mezzo alla tempesta. Ecco, noi siamo la roccia in mezzo alla tempesta, per dare quell’indispensabile supporto al prossimo che ci viene chiesto e nel quale crediamo, ma senza nascondere il nostro lato umano. Soprattutto quando hai a che fare con i bambini, può essere importante far capire che noi poliziotti siamo persone come tutte le altre. Formati per dare sicurezza, certamente, ma persone».
E il canto, Mattia? «Non l’ho mai messo da parte, anzi. Lo stimolo che spinge a fare ancora qualcosa c’è, ma sono conscio del ruolo che ricopro. Anche se non si tratterebbe di nulla di compromettente o ‘scandaloso’. Io sono innanzitutto Mattia, con la mia esperienza, il mio bagaglio, e credo che portare del mio – e la cosa vale per tutti – possa creare del valore aggiunto, ed essere una soddisfazione per sé e un incentivo per tutti, anche per la professione».
È arrivato il momento di salutarci: porgiamo la mano, indietro ci torna un pugnetto. Il pugnetto da amici forever.
Amici forever