Francesca Cavallo. Essere forti abbastanza
Imprenditrice, scrittrice, attivista, vive a Roma con Dopamina, una gatta. Ha appena pubblicato “Ho un fuoco nel cassetto”, un libro (anche) sulla libertà
Di Natascia Bandecchi
Pubblichiamo un contributo apparso su Ticino7, allegato a laRegione
È nata nel 1983 a Lizzano, un paese in provincia di Taranto. Cresciuta in una casa lunghissima e stretta, sua mamma la chiamava la “casa missile”. La prima delusione d’amore arrivò al suo ottavo compleanno quando Teresa, l’unica invitata per lei importante, non si presentò alla festa. Sin da piccola dimostra di avere un carattere gagliardo e una spiccata sensibilità verso la diversità. Dal paese di provincia a due passi dal meraviglioso Mar Ionio il passo in California, nella tanto agognata Silicon Valley, è breve. Lì cofonda una startup di media per l’infanzia, azienda che raggiunge un successo planetario pubblicando la serie Storie della buonanotte per bambine ribelli (tradotta in 48 lingue e con 6 milioni di copie vendute nel mondo).
Ci sono storie che fondano il nostro modo di rapportarci con gli altri e soprattutto con noi stessi. Ci influenzano, ci formano, ci fanno riflettere donandoci la capacità di andare in luoghi inesplorati dentro noi stessi. Ho un fuoco del cassetto (edito da Salani) è il romanzo in cui Francesca Cavallo dona generosamente al lettore pezzetti della sua vita. Un libro in cui emerge forte e chiaro un messaggio che (di questi tempi, in cui tutti devono essere performanti, di successo, fighi e chi-più-ne-ha-più-ne-metta) può sembrare anticonformista: se si è disposti ad arrendersi al dolore, succedono miracoli. “Ho scoperto grazie a esperienze vissute che, anziché tentare di difendersi dal patimento, bastava semplicemente fermarsi e mollare la presa, sospirando e dicendo: ‘Ok dolore, attraversami, fai quello che devi fare e poi vedremo che succederà’. Questa scoperta mi ha permesso di comprendere che il dolore che sentivo all’altezza del cuore, come un indurimento, si sarebbe dissolto non appena mi fossi abbandonata a esso”. Risorsa che Francesca ha imparato a mettere in atto quando si sente sovrastata da un’emozione. “Non è sempre facile mettere in pratica questo esercizio, ma ho compreso nel tempo che è nei momenti di grande difficoltà che si ha l’opportunità di definire chi siamo. In momenti oscuri della mia vita mi sono chiesta: chi voglio incontrare al di là di questo tunnel? Una persona che non è più in grado di fidarsi di nessuno e che non è più in grado di amare? No, quindi ho iniziato a chiedermi: qual è la lezione di vita che mi aiuta ad avvicinarmi alla persona che voglio diventare? Questo atteggiamento è stato l’esercizio spirituale che più mi ha sostenuta nel mio cammino di crescita e – cito Jovanotti – mi ha aiutata ad attraversare il fuoco con un ghiacciolo in mano”.
Diversità
Chi può sfuggire agli stereotipi? Nessuno, ed è per questo motivo che è fondamentale continuare a dar voce a chi non l’ha o a quelle persone che sono portatrici di messaggi per alimentare un cambio di prospettiva su quello che è sconosciuto e che quindi può spaventare. Nelle pagine del suo libro Francesca Cavallo racconta che sin da piccola sentiva che la diversità non era una sensazione solo interna. “La sensazione di diversità la conservo ancora, ma sono cambiati gli ambiti in cui la sento. Mi sento fortunata perché oggi vivo in una sorta di bolla in cui avere l’aspetto che ho ed essere lesbica non mi fa percepire alcuna differenza come in passato. Aspetti per cui mi sono tanto battuta come attivista LGBTQ+. La diversità la sento nel mondo del lavoro perché mi sono sempre sottratta da giochi politici e dinamiche patriarcali”. Francesca fa l’imprenditrice perché vuole costruire un pezzo di mondo che si distacchi totalmente da quello esistente. Una delle sue missioni è quella di aumentare la visibilità del “diverso” nei media per bambini e ragazzi.
© Ilaria Magliocchetti Lombi
Bambina interiore
Ho divorato il libro di Francesca Cavallo in un paio di giorni, tanti tasselli del suo puzzle risuonano con il mio: la tendenza a nascondere i propri sentimenti perché fonte di vergogna; la ricerca della propria verità e quella connessione con la nostra piccola bimba. Chiedo a Francesca cosa direbbe oggi alla sua piccola sé, lei mi sorprende, regalandomi la sua delicata commozione, tangibile anche se espressa attraverso un collegamento via Zoom: “Le direi di essere forte abbastanza”.
Parole
Francesca ha sempre mantenuto viva la relazione coi suoi lettori, “sin dai tempi di Storie della buonanotte per bambine ribelli. Troppo spesso ci dimentichiamo che si ha a che fare con delle persone (soprattutto nel mondo dei social). Tutto viene considerato numerico. Per me l’esercizio di resistenza a questa cultura così consumistica, che logora cioè le persone, è stata quella di dire: ci sono degli esseri umani che leggono le mie storie, che interagiscono con ciò che racconto. Voglio continuare a parlare con loro coltivando una relazione che possa andare oltre i miei libri”. Ecco perché Francesca ha sempre nutrito la voglia di dialogo attraverso i social o nei momenti di incontro con il pubblico. “Io non scrivo libri perché mi piace scrivere. Per me la scrittura è uno strumento per parlare al lettore, non per fare esercizi di pattinaggio artistico mostrando quanto sono brava con le parole”.
Fuoco
La libertà non si può controllare ed è questo che spesso spaventa le persone: “Quando si iniziano a fare delle scelte di libertà è come se si lanciasse un fiammifero acceso: si sa da dove parte il fuoco ma non si sa dove va a finire”. Leggere Ho un fuoco nel cassetto di Francesca Cavallo è come indossare un paio di ali verso la libertà di conoscere chi si è.