Giornata mondiale della neve. Una scuola coi fiocchi

Il 16 gennaio si celebra la Giornata mondiale della neve. Una ricorrenza istituita nel 2012 per ricordare (anche) la sua importanza per il nostro pianeta

Di Palma Grano

Pubblichiamo un contributo apparso su Ticino7, allegato settimanale de laRegione

Proprio perché quest’anno i fiocchi – almeno a sud delle Alpi – si stanno facendo molto desiderare, la neve merita di essere festeggiata. Non fossʼaltro che per la fondamentale importanza della neve nel ciclo dell’acqua e per l’intero ecosistema. Soprattutto in regioni alpine e prealpine come le nostre.

Cambiamenti climatici a parte, quando all’estero si dice “Svizzera” non vengono in mente solo orologi, cioccolato, formaggio, banche e Roger Federer: ma anche Alpi e neve. Queste ultime due dalla valenza certo positiva e priva di quelle connotazioni stereotipate con le quali la popolazione elvetica viene troppo spesso identificata. La Giornata mondiale della neve che si celebrerà il prossimo 16 gennaio è anche un invito a sensibilizzare grandi e piccini verso un sano rapporto con l’ambiente e ai benefici della neve, che consente attività sportive e di pieno contatto con la natura. In onore di questa giornata cercheremo di trattare l’elemento naturale neve, così pieno di significati diversi nelle sue varie declinazioni. Perché senza ombra di dubbio la neve insegna più di quello che ci possiamo immaginare, lo dicono gli studiosi.
La neve è un fenomeno che ha sempre diviso: se per alcuni rappresenta ansia e caos per i possibili disagi che provoca al traffico stradale, per i servizi che si paralizzano e perché sovente interrompe il corso delle giornate secondo i programmi stabiliti, per altri è pura gioia: pensiamo ai bambini che non si devono preoccupare di raggiungere alcun luogo lavorativo, ma che possono semplicemente infilare guanti e berretto e decidere come approfittare di una giornata imbiancata. Dal pupazzo di neve alle palle da tirarsi addosso, o a una discesa innevata trasformata in adrenalina con slitte o semplici sacchi, tutto dà allegria. Se in molti abbiamo già vissuto la transizione per cui essa non significa più gioia, eccetto qualche giornata sugli sci, ma ansia e scombussolamento delle nostre giornate, forse conoscerne i benefici aiuta a rivivere e riconsiderare la magia della neve.


© Ti-Press

Una vera manna dal cielo

Quando pensiamo alla neve come fenomeno strettamente naturale molti sono i meriti che le vanno riconosciuti. Gli studiosi ci confermano che è fondamentale per l’intero ecosistema del nostro pianeta. Pochissimi si ricordano che senza la neve è impossibile ricaricare le falde acquifere o garantire il curioso processo di “sminuzzamento” del terreno che lo rende pronto a raccogliere le semine primaverili. Quando la neve si scioglie, processo che normalmente avviene lentamente, essa va a unirsi goccia dopo goccia all’acqua del sottosuolo. È proprio da quest’acqua che le piante si possono nutrire durante l’inverno, ma anche durante i periodi di siccità prolungata… ahinoi, sempre più frequenti e non solo in estate. I fiocchi di neve sono anche un potente isolante termico che permette di isolare le radici degli alberi dal gelo. Più neve, più produttività nei campi, e per le zone che vivono di agricoltura, i fiocchi bianchi sono una vera e propria manna dal cielo. Non è un caso che le nonne e i nonni dicevano “sotto la neve pane, sotto l’acqua fame”. Ancora oggi nel mondo, in alcuni luoghi dove nevica spesso, si conservano le provviste alimentari sotto la neve. Ma il proverbio citato sopra si riferiva, appunto, anche al fatto che sotto la neve il grano e altri cereali sono coccolati e quindi si ottiene un miglior raccolto.
Questi sono i benefici che concernono l’agricoltura e la conservazione degli alimenti, ma ce ne sono altri ancora più diretti e immediati per le persone. La neve è per esempio capace di liberarci dallo smog purificando l’aria. La pioggia è dieci volte meno efficace. Se la diminuzione dello smog è un effetto positivo delle nevicate per la salute di tutti noi, questo non è l’unico toccasana di cui è capace la coltre bianca. È comprovato che migliora la circolazione sanguigna, serve a tonificare la pelle, diminuisce i dolori e le infiammazioni. Anche le infezioni diminuiscono per le basse temperature, che non permettono a molti batteri di sopravvivere. Oltre ai benefici fisici, ci sono poi quelli psicologici: pare che vedere cadere i fiocchi di neve e contemplare il paesaggio innevato migliori il nostro benessere mentale.

Brevi note sugli Inuit

Insomma, la neve è preziosa per tutti i popoli che sono a stretto contatto, come nei villaggi alpini. Chi ha una relazione ancora più estrema con la neve, quasi simbiotica, sono gli Inuit, un gruppo etnico che vive nell’estremo nord dell’Alaska, del Canada e della Groenlandia. Occorre precisare che il termine “eschimese” è invece inappropriato, perché per gli Inuit e gli Yupik (gruppo etnico della Siberia) questa parola utilizzata dagli occidentali è dispregiativa. Il termine deriva dal cree, una lingua parlata in Canada, aayaskimeew e significa “fabbricante di racchette di neve”. Senza bisogno di andare oltre è ovvio che questo termine riduttivo sia dispregiativo nei confronti degli Inuit. Basti pensare che un noto produttore di gelati ha ritirato un suo prodotto dal nome “Eskimo” proprio per questi motivi.
Gli Inuit sono molto di più che dei fabbricanti di racchette di neve. Da loro si può imparare tanto. Per esempio, non hanno il concetto di possesso o di proprietà privata, hanno grande senso artistico e capacità di osservare l’ambiente che li circonda. Inoltre, prima del contatto con i Quallalunat (uomini dalle sopracciglia folte, ovvero gli “uomini bianchi”) la società Inuit era caratterizzata dall’assenza di gerarchizzazione (per età, genere, denaro ecc.). Gli Inuit si basavano sul principio di libertà finché non comportava un problema per gli altri. Gli anziani sono sommamente rispettati, ma tutte le opinioni sono ben accette per le decisioni che si prendono collettivamente. Insomma, principi semplici, ma che sembrano pura utopia al giorno d’oggi. È come se avessero capito, grazie alla neve, che, sebbene il manto nevoso permetta di vedere l’unità, bisogna avere sommo rispetto per tutti i fiocchi di neve, che come si sa sono tutti diversi ma utili. Insomma, una grande metafora della società che il mondo neoliberale ha oscurato.


© HEAD, Ginevra
L’antropologo e docente della HEAD di Ginevra, Nicolas Nova.

Il ruolo delle Alpi

Uno specialista dei maggiori specialisti dei popoli alpini è Nicolas Nova, professore associato alla Haute école d’art et de design (HEAD, Ginevra). Il professor Nova è un antropologo, ginevrino d’adozione, incuriosito sin da bambino dalle Alpi, che egli presenta come dei magnifici paesaggi naturali contemplati e descritti da molti artisti e avventurieri, ma anche come dei luoghi con delle infrastrutture impressionanti come i suoi tunnel. Ecco cosa ci racconta: “Mi sono avvicinato al mondo delle Alpi durante il mio percorso di naturalizzazione per diventare cittadino elvetico. Tra un testo e un altro, il mio interesse per i villaggi alpini è cresciuto diventando il centro dei miei studi”. Ed è proprio sulla dicotomia Alpi come luogo geologico e Alpi come luogo trasformato dall’essere umano che Nicolas Nova concentra le sue ricerche. Evidenzia l’importanza della contemplazione, l’osservazione e la descrizione. Nova cita l’importante lavoro del filosofo e geologo ginevrino Horace-Bénédict De Saussure, che nel suo libro Viaggi nelle Alpi parlava già nel XVIII secolo di questi aspetti e anche delle abitudini delle popolazioni alpine. Poi, condividendo l’esistenza di una vera e propria poetica delle Alpi, si riferisce direttamente a Goethe. Ci spiega: “Le Alpi non ci insegnano solo la contemplazione ma ben altro. Infatti, le Alpi non sono solamente un elemento naturale spesso stereotipato nell’immaginario collettivo, ma sono uno spazio di ibridazione tra l’azione dell’uomo e la natura. Quindi le Alpi ci insegnano a calibrare il peso delle attività dell’uomo sulla natura. Le Alpi possono esistere senza di noi, ma noi no. Quanto all’uomo, le Alpi ci insegnano un altro modo di vivere con la natura. Storicamente i popoli alpini restavano isolati in inverno e le Alpi marcavano il ritmo delle persone. In inverno si dovevano dedicare ad attività come l’orologeria, la scultura del legno, il raccontarsi delle storie, mentre in estate si dedicavano all’agricoltura”.
Questo stile di vita che ha anche delle similitudini con altri popoli delle nevi, come gli Inuit citati prima, può essere un esempio per lottare contro la crisi climatica. Nicolas Nova ci conferma che l’osservazione del modo di vita dei popoli alpini è fondamentale per trovare altri modi di stare al mondo, soprattutto perché enfatizzano l’importanza della collettività e della gestione delle risorse naturali. Il cambiamento climatico e quindi la scarsità di neve mettono a rischio non solo la natura ma anche la continuità di saperi millenari”. Quanto alla neve, ci dice: “Metterei in risalto la specificità, localizzata solo in alcune parti del mondo, di sperimentare la neve per capire la diversità dei modi di vita sulla terra tanto per le persone come per gli animali e i vegetali. Il solo scivolare sulla neve è un’esperienza che offre un rapporto unico con la natura”.


© T. M.
Tania Métrailler e il cane Bernie

Dalle gare alla contemplazione

Alla parola scivolare qualcuno di voi si chiederà perché non abbiamo ancora parlato di sci. Ci arriviamo… Ho incontrato un’ex sciatrice competitiva, Tania Métrailler, che ha fatto un’interessante ‘transizione’ dallo sci alpino alle pelli di foca, cambiando così il suo rapporto con la neve. Tania ha iniziato con le pelli dopo un periodo di competizione giovanile, perché cercava la resistenza e lo sforzo fisico. Infatti, con le pelli di foca la parte tosta è la salita, perché si caricano gli sci con sé e si risale la montagna. Inoltre dice: “Avevo soprattutto bisogno di rompere con la competizione e la cultura della performance e ricercare il contatto con la natura. La salita ti permette di osservare la neve e la natura. Salgo spesso su con il mio cane, Bertie, che l’ultima volta si è messo a giocare con due leprotti mentre salivamo la montagna”. Ci dice che spesso vede degli animali selvaggi che può tranquillamente contemplare fermandosi per un tè mentre prende le forze per continuare la salita. Le permette anche di riflettere. Inoltre ci spiega che se non si è grandi conoscitori della montagna, esistono dei Rando-Parc (parco di percorsi). In Ticino la Valle Bedretto è ideale per questo tipo di attività. Sono dei luoghi preparati per chi sale la montagna con le pelli di foca e sono dei luoghi sicuri anche per i meno esperti. D’altra parte questa giovane filosofa e sciatrice ci ricorda che “è importante che in questi parchi gli sciatori non prendano completo possesso della montagna. È fondamentale lasciare degli spazi selvaggi per la calma degli animali”. Sembra ovvio, ma ricordarlo non fa mai male. Se invece state facendo confusione tra le racchette e le pelli di foca, Tania Métrailler ci spiega: “Purtroppo per la discesa spesso la neve non è la bella polvere dove ci si diverte, ma bisogna avere un buon livello di sci perché ci si imbatte in diversi tipi di neve”. Quindi pelle di foca sì, ma se siete esperte sciatrici o esperti sciatori.
Se invece, piuttosto che sciare, preferite avvicinarvi alla neve contemplandola con una cioccolata calda comodamente seduti in una poltrona, sono molti i poeti che si sono sbizzarriti con la magia di questa parola e alcuni ve li proponiamo in queste pagine.


© T. M.
Tania Métrailler e il cane Bernie

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