Traffico e rumore. Quelli coi tubi in testa

Da Berna presto un giro di vite contro i veicoli rumorosi e gli stili di guida molesti. E in Ticino che si fa per arginare il fenomeno dei “tamarri”?

Di Marco Jeitziner

Pubblichiamo un contributo apparso su Ticino7, allegato del sabato a laRegione

Avete presente quei veicoli rombanti che vagano di giorno e di notte nei centri urbani facendo (apposta) un gran baccano a forza di accelerazioni e cambi di marcia col ‘botto’? Ce ne siamo accorti soprattutto durante il confinamento del 2020, quando spesso regnava il silenzio ed eravamo tutti più sensibili al rumore (vedi più in basso, ndr). Oltre Gottardo la stampa li definisce “autoposer”, in Ticino “sboroni dell’auto” (alla romagnola, come scriveva tio.ch): noi li chiameremo i tamarri della marmitta, o cafoni, pavoni… vedete voi. Si tratta spesso di 18-25enni adepti della moda del tuning e delle elaborazioni, tendenza importata decenni fa dagli Stati Uniti e dal Giappone, ma anche in Germania non scherzano. Conducenti con veicoli potenti comprati a leasing, a volte modificati con ricambi non omologati e/o iscritti sulla famosa “carta grigia”: silenziatori manomessi, catalizzatori eliminati, pulsanti per aprire le valvole dello scarico eccetera. Ma il loro inutile ‘cazzeggio rumoroso’ – ci passerete l’espressione – ora ha rotto i timpani anche a diversi politici a Berna. A tal punto che il Consiglio federale dovrà decidere nuovi provvedimenti, forse anche repressivi.

Un problema nazionale

Argovia, Ginevra, Vaud, Zurigo, Basilea Città, Berna, e ovviamente anche il Ticino: i tamarri della marmitta sono ormai una piaga nazionale. Solo recentemente la cronaca riferiva di 18 veicoli truccati e sequestrati dalla polizia della città di Zurigo (nau.ch), di un raduno illegale a Dübendorf (tio.ch), di 38 interventi in un solo weekend a Coira (swissinfo.ch), di 577 denunce per modifiche illegali in tutto il 2020 in Svizzera, “alcune decine” solo in Ticino (tio.ch), tra cui i due casi eclatanti comunicati dalla Polizia cantonale: il 22 agosto in centro a Lugano un 25enne “già segnalato da alcuni cittadini” perché provocava “volontariamente rumore”, e il 3 settembre una 21enne nel nucleo di Cadro. Come se non vivessimo già in un territorio acusticamente devastato, i cui costi miliardari per la salute vengono pagati da tutti i contribuenti. È notizia recentissima che Lugano pare sia la seconda città più rumorosa della Svizzera (“un alloggio su cinque è esposto a un rumore di oltre 60 decibel”) e solo Ginevra soffre di un inquinamento acustico maggiore.


© Dipartimento del territorio

Troppo rumore

Secondo l’Ufficio federale dell’ambiente (Ufam) uno svizzero su sette è confrontato con il rumore molesto (1,6 milioni di persone nel 2014). Stando al Catasto ticinese del rumore stradale, pubblicato dall’Ufficio prevenzione rumori del Dipartimento del territorio (Dt), superiamo tranquillamente i limiti di legge (45-70 decibel) sia di giorno sia di notte. Nel 2016 nel Locarnese e nel Bellinzonese circa un quarto della popolazione era “esposta a immissioni superiori ai valori limite” dell’Ordinanza sull’inquinamento fonico (Oif), oltre un terzo nel Luganese e fino al 45% nel Mendrisiotto. E se dal 2000 al 2021 le statistiche nazionali parlano di 38% in più di veicoli immatricolati, significa che oggi la situazione è peggiorata. Le “fonti di rumore più presenti e diffuse”, afferma il Dt, sono le strade comunali più trafficate, guarda caso proprio quelle dove i tamarri della marmitta amano farsi notare maggiormente.


Scarico chiuso, scarico “aperto”…

Due anni di tempo

Ma c’è chi s’è stufato. Dopo le petizioni di cittadini infastiditi nel canton Argovia, le domande nei parlamenti cantonali come a Soletta, ora anche a Berna si scaldano… i motori. Infatti, il Consiglio federale “entro due anni” dovrà trovare “una serie di misure per risolvere i problemi causati da automobili e motociclette troppo rumorose”. Questo il tenore di una recente mozione della Commissione parlamentare dell’ambiente, della pianificazione del territorio e dell’energia (in seguito Commissione), ampiamente approvata da entrambe le Camere. Un importante passo in avanti, perché il primo a sollevare la questione fu il deputato di centro Karl Vogler già nel 2019. Chiedeva al Governo di “ridurre in maniera efficace e definitiva il rumore eccessivo causato dai motori”, si legge nel Bollettino Ufficiale. Invano: il tema fu definito dapprima “controverso”, poi rinviato e infine ritirato. In seguito altri deputati di vari partiti (liberali, verdi e socialisti) tentarono di smuovere le acque, ma senza successo. Finalmente nel 2021 le due Camere hanno accolto la mozione della Commissione, ma non senza le resistenze – oggettivamente incomprensibili – del maggiore partito svizzero, l’Udc, e dei suoi deputati lobbisti.


luzernerzeitung.ch

I lobbisti ci provano

Le strade, i trasporti, i fabbricanti di automobili, i fornitori di carburante eccetera sono ambiti economici importanti. E l’Udc da sempre è contrario alle ingerenze statali nella libertà dei cittadini. Già, ma quale libertà? Quella di cui abusano i maleducati facendo rumore apposta, mentre la maggioranza degli svizzeri lo subisce inerme? Ebbene, l’Udc si oppose compatta – ma invano – alla mozione della Commissione, sostenuta da alcuni deputati pagati dalle lobby. Emblematici i casi dei due commissari Udc solettesi Walter Wobmann e Christian Imark: il primo presidente remunerato della Federazione svizzera dei motociclisti, il secondo della lobby degli autotrasportatori Astag (Soletta). Contrari furono pure i Consiglieri nazionali ticinesi Piero Marchesi e Lorenzo Quadri (Udc/Lega), Fabio Regazzi (Ppd) e Rocco Cattaneo (Plr). Se i primi due presumibilmente seguirono le indicazioni del partito, Fabio Regazzi invece è “rimunerato” da influenti lobby del settore (Touring Club Svizzero, Astag, Auto-Schweiz; si veda il portale parlament.ch, ndr). Rocco Cattaneo – benché ami la mobilità dolce in bicicletta – è direttore generale di un’azienda di trasporti e logistica (la Stisa), oltre che essere legato a un noto gruppo attivo anche nel ramo petrolifero, di cui sino al 2020 è stato amministratore delegato. Purtroppo, il voto al Consiglio degli Stati non è pubblico.

I sussidi fanno gola

I risanamenti fonici stradali sono molto complessi, richiedono ai cantoni e ai comuni lunghe pianificazioni e spese milionarie. Non a caso nel 2015 l’ex ministra dell’ambiente e dei trasporti Doris Leuthard (Ppd) disse stizzita alla camera che i cantoni “sono molto indietro nelle misure di protezione dal rumore”, gli interventi non sono “abbastanza efficaci” e rimandarli non avrebbe garantito ai cittadini una protezione fonica “entro un termine ragionevole”. Perché questa critica? Perché a quel tempo la legge imponeva ai cantoni – forse con eccessivo ottimismo – di intervenire entro il 31 marzo 2018 (art. 17, cpv 4 dell’Oif), ma di fatto la legge era disattesa. E siccome chi rispetta la scadenza riceve i sussidi federali, i politici escogitarono un sotterfugio. Come? Al Consiglio degli Stati spuntò una mozione per modificare la legge e spostare i termini oltre il 2018. Manco a dirlo, l’idea superò senza problemi lo scoglio delle due camere, obbligando il Governo a posticipare gli interventi alla fine del 2022. Ecco perché nel 2019 in Ticino, quando il Parlamento approvò una prima spesa di 50 milioni di franchi, il direttore del Dt Claudio Zali poté affermare che il cantone, si legge a verbale, “non è in ritardo”. Guarda caso chi partorì la mozione a Berna fu l’ex senatore ticinese Filippo Lombardi (Ppd), oggi neomunicipale a Lugano, capo proprio del Dicastero dei lavori urbanistici e stradali. Alla camera Lombardi riconobbe che la proposta nacque da una “raccomandazione” della Conferenza dei direttori cantonali del territorio (“Dtap”), di cui Zali è membro, e dell’Unione delle città svizzere (“Ucs”), di cui oggi Lombardi è delegato.

Verso i radar acustici?

Da un paio di anni si sente sempre più parlare dei cosiddetti “radar acustici”, ma anche qui non è mancato il teatrino di alcuni politici, guarda caso sempre dell’Udc. Wobmann e Imark, i due commissari lobbisti che chiesero di bocciare la mozione della Commissione, non potevano non sapere che questi nuovi radar erano già stati testati nel 2019 proprio nel loro cantone, Soletta, come afferma l’Ufam. E con successo: il radar “misura con precisione il livello sonoro” e soddisfa il “riconoscimento della categoria di veicolo (motocicletta o automobile)”. Un altro commissario Udc al Consiglio degli Stati, l’argoviese Hansjörg Knecht, inventò persino delle bugie. Nel dibattito della Commissione, se da un lato sostenne, a ragione, che per gli interventi mirati di polizia “le basi giuridiche (…) esistono già”, dall’altro affermò che i radar acustici “non esistono ancora” e che la misurazione del rumore “è molto impegnativa”. Opinioni non solo smentite dall’Ufam, ma anche dal fatto che dei test si fecero anche nel suo cantone (Argovia), così come a Ginevra. Lo si legge infatti in un atto parlamentare del governo di Soletta. E se è pur vero che attualmente manca la base legale per usarli a titolo repressivo, Knecht fu smentito anche dalla ministra Simonetta Sommaruga (Ps), per la quale lo sviluppo tecnico “sta procedendo molto rapidamente”. Anche il Blick parla di una start up di Ginevra che sta lavorando a un radar acustico col Politecnico federale di Losanna, mentre su vari siti europei si legge che in Francia e in Olanda dei modelli vengono già usati per multare i motociclisti.

Strategie ticinesi

La scorsa primavera/estate nel Bellinzonese e nel Luganese la campagna del Dt “Spegniamo il rumore” ha visto per la prima volta il “rumorometro”, lo stesso utilizzato a Soletta e in altri cantoni. Scopo, si legge, “rendere consapevoli (…) sugli stili di guida inutilmente rumorosi”. Ora pare verrà installato a titolo preventivo anche a Lugano (tra dicembre e gennaio, ndr), Ronco sopra Ascona, Mendrisio, Tenero-Contra, Bodio, Brissago, Locarno e Muralto, così ci anticipa l’Ufficio della prevenzione dei rumori. La strategia cantonale tuttavia è a più ampio raggio, anche se non risolverà il problema dei tamarri. Oltre ai controlli di polizia, le priorità sono: “pavimentazione fonoassorbente”, “moderazione del traffico” e “limitazioni della velocità” (per esempio le zone a 30 km/h), “protezioni foniche” e persino “l’isolamento acustico sugli edifici” (pareti, finestre), come se le marmitte rumorose fossero colpa degli architetti. Di fatto nessuna di queste misure impedisce ai tamarri di fare baccano, ma intanto il nuovo asfalto imposto da Berna ci costerà un bel po’: oltre ai 23 milioni di franchi già spesi dal 2012 al 2016, si aggiungono ora ben 150 milioni per 420 chilometri di strade cantonali e comunali. Queste misure sono senza dubbio opportune per i timpani dei ticinesi, ma non costerebbe molto meno ingaggiare più spesso la polizia stradale per fermare tali automobilisti?


© Ti-Press

Cosa fa la polizia

Se la Legge federale sulla circolazione stradale (art. 42 e 54) e la sua ordinanza (art. 33) consentono già oggi di fare controlli mirati, di sequestrare i veicoli e di denunciare i conducenti tamarri – così come confermato anche da una sentenza del Tribunale federale –, perché la polizia non agisce più energicamente? Nei dibattiti federali alcuni deputati hanno parlato di un “deficit di esecuzione” da parte delle polizie cantonali. Allo stesso tempo la ministra Sommaruga ha detto che le polizie “vorrebbero un maggiore sostegno nelle attività di esecuzione, sia in termini tecnici che legali”. Un appello politico quello dei tutori dell’ordine? Abbiamo chiesto lumi alla Polizia cantonale ticinese che conferma i controlli: in Ticino nel 2019 su 72 auto modificate solo 6 avevano marmitte truccate, ma sono già 47 nel 2021, ci dice l’aiutante Ivano Borioli del 5° Reparto Gendarmeria stradale. Borioli aggiunge che “i controlli avvengono costantemente durante i regolari servizi di pattuglia”, anche se nel 2020 l’attività “è risultata ridotta”. Almeno due i motivi, spiega Borioli: da un lato la pandemia, cioè meno traffico dovuto al confinamento, dall’altro il progetto pilota ‘Via libera’, ovvero “due pattuglie” sull’autostrada A2 per ridurre i tempi d’intervento in caso d’incidenti, riporta il sito rsi.ch. Se è vero che le pattuglie non possono essere ovunque, Borioli annuncia che “sono previsti in futuro maggiori controlli tecnici mirati e pianificati”. Conferma inoltre che i 30 km/h non impediscono ai tamarri di fare baccano, perché costoro “sono in grado di provocare botti allo scarico (…) anche a velocità ridotta”.

Mancano gli agenti?

Resta un’ultima questione, una misura meno costosa ma molto efficace: il numero di pattuglie sul territorio. Insomma, mancano poliziotti? Stando a uno studio del 2020 della Conferenza dei direttori dei dipartimenti cantonali di polizia, non sembrerebbe. Anzi. In Svizzera dal 2011 al 2018 gli effettivi di agenti (federali, cantonali, comunali) sono aumentati di quasi il 15%. E il Ticino, dopo Basilea-città, Ginevra e Zurigo, è il quarto cantone con la densità più importante di agenti per numero di abitanti (uno ogni 312 abitanti nel 2021); il quinto corpo di polizia più grande. Nel 2012 c’erano 31 aspiranti agenti, nel 2020 erano 50, si legge nel rendiconto governativo. Nel 2017 gli effettivi in tutto il paese erano cresciuti di 205 unità e “oltre la metà dell’incremento va attribuito al Canton Ticino, che può contare su 1’067 posti, contro i 944 dell’anno scorso” (cdt.ch). Ma, appunto, dipende se poi stanno in ufficio o sul territorio. Secondo lo studio, in Svizzera quelli in uniforme sono aumentati solo a livello comunale (+14,2%), mentre per le polizie cantonali l’aumento è dovuto “in maggior parte” agli “impieghi amministrativi”.
È così anche in Ticino? L’Ufficio stampa della Polizia non ci ha fornito dati precisi, ma spiega solo che se da un lato “vi è sempre la necessità del pattugliamento del territorio”, dall’altro c’è anche “un aumento delle attività amministrative”. Ecco perché la Polizia cantonale “sta costantemente investendo su nuovi supporti informatici con l’obiettivo di snellire le procedure e privilegiare la presenza sul terreno”. Perciò, “ritenuto che si opera secondo il principio che chi constata (quindi chi lavora sul terreno) poi redige (cioè si occupa anche degli aspetti amministrativi derivanti dalla constatazione) non si può parlare di aumento di personale amministrativo in questo senso”.

ESIBIZIONISMO, DEBITI E CORTEGGIAMENTO

Secondo lo psicologo del traffico e docente all’Università di Basilea Urs Gerhard, scrive il Blick, i tamarri della marmitta sono di fatto “un fenomeno piuttosto recente” che “è aumentato enormemente solo durante il periodo del Coronavirus”, ha detto l’esperto confermando dunque quanto da noi osservato in Ticino, a Lugano in particolare. Ma cosa c’è dietro a questa moda rumorosa? “Si tratta di farsi notare” ribadiva Gerhard, un mix tra “esibizionismo e corteggiamento”, per cui i giovani tamarri “vogliono attirare l’attenzione su di loro come il gallo con la cresta”. Peccato che questo comportamento “è del tutto inadeguato per la nostra società. Ma un giovane non ci pensa in quel momento”. Lo psicologo conferma anche l’età dei tamarri, tutti tra i 18 e i 25 anni, e aggiunge che “hanno spesso un’istruzione modesta. Non hanno nient’altro da mostrare per il successo, come una laurea: tutto ciò che hanno è la macchina”. Secondo Gerhard i tamarri (e le tamarre) sono “per lo più di umili origini”; sarebbe il caso anche della 21enne fermata a Lugano, di cui la Polizia dava pure il paese di origine, che qui evitiamo di segnalare (anche perché il fenomeno è trasversale, almeno in Ticino). In tutti i casi molti di loro, continuava l’esperto, per soddisfare il loro bisogno di farsi notare, si indebitano: “Vedo giovani con 20 o 30mila franchi di debiti, solo per l’acquisto di un’auto che è completamente al di sopra delle loro possibilità”. Dal punto di vista psicologico, “l’auto è vissuta come un’estensione fisica della persona, come le corna del cervo e la criniera del leone”, spiegava Urs Gerhard, suggerendo che oggi ciò riguarderebbe anche le giovani donne, non solo i maschi.

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