Cinema: correva l’anno 1999

Vent’anni fa i cinema proiettavano sequenze che influenzeranno un’intera generazione, la mia. Sapranno gli ‘eroi’ di oggi fare altrettanto?

Di Chiara Fanetti

Credo che ricorderò il 2019 come l’anno in cui il 1999 ha compiuto 20 anni. Il 1999, per me nata nel 1984, rappresenta forse il primo anno in cui mi sono percepita come individuo, come persona parte di qualcosa di più vasto, qualcosa che andava oltre i miei amici, la mia scuola, la mia famiglia: mi sono vista come parte di una società, una comunità, addirittura di un pianeta. Una presa di coscienza che devo certamente ai chiassosi pranzi in famiglia ma che attribuisco anche ad una serie di film, divenuti ormai dei classici, usciti in sala proprio nel 1999. Sono i film che hanno segnato la mia adolescenza e che appartengono alla mia generazione: non li abbiamo ereditati da nessuno. 

Spirito del tempo

Mi ha sconvolto vederli compiere 20 anni ma soprattutto mi ha sconvolto capire che impatto devono aver avuto quei film – che rappresentano quello specifico Zeitgeist, quel preciso spirito del tempo – su dei 15enni, degli adolescenti. Nel 1999 in sala usciva American Beauty, un film dove ogni elemento dell’ipotetica vita perfetta del modello statunitense veniva distrutto e messo in dubbio. Usciva Matrix, dove quella che credevamo realtà era in verità una simulazione al computer. C’era anche l’horror low budget girato esattamente come un video amatoriale The Blair Witch Project, un caso di studio per tutto il settore, dove il confine tra documento, testimonianza e finzione veniva messo in discussione. 
Del 1999 anche EdTv, dove si simulava un primo tentativo di reality show, e Fight Club, film dove un uomo crea un alter ego per radere al suolo le fondamenta della vita moderna votata al consumismo tramite una rete di club clandestini che si trasformano in cellule terroristiche.
In sintesi, dei film che ci parlano di dubbio, disillusione, una realtà manipolata che non puoi comprendere o controllare. Modelli di vita e di condotta fasulli e fragili, degli obiettivi e dei progetti irrealizzabili, un sistema globale ingestibile destinato al fallimento. 
Davano anche film divertenti al cinema nel ’99, ma il mood, l’aria che tirava era questa qui. Un bel cambio di rotta per chi da bambino era cresciuto con eroi buoni come Indiana Jones o grandi esempi di gioco di squadra tra Goonies, Guerre Stellari e la Storia infinita. Dove sono finiti tutti quanti? In uno scantinato a picchiarsi o a decidere se prendere la pillola rossa o la pillola blu.

Salvatori del mondo

Questa decisamente semplicistica analisi della mia generazione letta attraverso una manciata di film, in realtà, giustifica in parte la visione diffusa che c’è della gente della mia età, una fotografia nella quale ammetto di riconoscermi: tendenzialmente paranoici, ipocondriaci, confusi nel chiederci come mai non abbiamo più i piani che avevano i nostri genitori e al contempo fermamente convinti di non volerli quei piani, giudicandoli stupidi vincoli stabiliti da chissà chi. Cresciuti tra consumismo e benessere siamo stati catapultati – sulla soglia dell’età adulta – verso il precariato e la crisi finanziaria perenne. Ecco quanto ci avevano visto giusto ottimi film come American Beauty o Fight Club.
I 15enni di oggi stanno crescendo a forza di supereroi della Marvel e della DC, gli Avengers ma anche l’ultimo interessante Joker. Vedremo che influenza avranno su di loro: forse salveranno davvero il mondo. 

Nota al testo
Questo contributo della giornalista Chiara Fanetti è stato scritto per la rubrica «Il Corsivo» nell’ambito della trasmissione Verde Aurora (RSI-Rete Due, 10/10/2019)

Articoli simili