L’ultima libertà dell’ultima cena
Nel nome del vostro bene e di quello dei vostri ospiti, mettete un bel cartello sulla porta di casa, con scritto: “Qui è vietato parlare di Covid’
Di Giancarlo Fornasier
In occasione della serata in compagnia, era stato deciso di lasciar fare alla playlist ‘del cuore’ che dimorava in uno degli smartphone. Pescando qui e lì, la selezione avrebbe di certo accontentato tutti. E infatti tra un classico di Joe Dassin, qualche immortale di Battiato, mezzo repertorio degli Smiths e le migliori hit dell’elettronica indie degli anni Ottanta/Novanta, i bicchieri si svuotavano che era un piacere.
Ma basta poco ad ammazzare la goliardia: ci pensò Jim (Morrison) a riportare prima il silenzio, innescando in seguito una sessione di autoanalisi collettiva. Prendi un tizio che percorre un corridoio ed entra di stanza in stanza portando morte e violenza. Parrebbe un brano d’addio dedicato a una lei (a capirci qualcosa). Insomma, non proprio una canzonetta, tanto che qualcuno (chissà perché) si lanciò nella preveggenza, tirando in ballo cabala e numerologia: “2019: per me ce lo ricorderemo come l’ultimo anno di libertà”. Silenzio. Poi partì l’embolo col filotto pandemia-vaccino-democrazia-pericoli, anche nella libera Svizzera. E a forza di ‘sono questioni di principio’, addio fondue, addio allegria.
“This is the end, beautiful friend”: sì, ma la prossima (volta)…