I mondi perduti di Enzo Pelli (e quelli ritrovati)

“Ogni epoca distrugge in un certo senso quella precedente – non necessariamente con guerre –, quella attuale ha distrutto un modo di vita contadino”.

Di Keri Gonzato

Pubblichiamo un contributo apparso su Ticino7, allegato del sabato a laRegione

Classe 1948, vive a Gentilino e lavora nel suo atelier di Barbengo. Laureato in lettere a Firenze, è stato assistente di Antropologia all’Università di Ginevra. Spirito curioso, per oltre trent’anni ha prodotto e realizzato programmi, documentari e sceneggiature per la Televisione svizzera. Nel tempo libero ama viaggiare con la moglie verso luoghi lontani come la Birmania, tanto quanto esplorare i nostri monti a piedi. Attivo nella calligrafia dal 1992, si è perfezionato con importanti maestri. Ha fondato il Gruppo Calligrafia in Ticino e creato pagine calligrafiche, lettering e sigle per collezionisti privati, istituzioni e imprese. Ha pubblicato diverse raccolte di poesie.

L’invisibile che diventa segno, il segno che si fa lettera per poi giungere alla parola. Enzo Pelli, poeta, coltivatore della calligrafia e artista, percorre questa strada andata e ritorno. Tracciando la vita con il pennino, si muove dal concreto leggibile al mistero dell’astratto, fino al vuoto della pagina bianca e ritorno. Lo incontro nell’atelier di Barbengo, è una giornata di fine agosto di quelle calde. Ci sediamo vicino alla finestra su delle sedie vintage – che scoprirò essere una delle sue passioni – e abbassiamo la radio per non disturbare la registrazione della nostra chiacchierata. Qui inizia il racconto di un viaggio, quello che ha portato Pelli dagli studi in Lettere e Antropologia alla carriera in ambito culturale alla televisione, fino alla scoperta dell’arte calligrafica.
Le pareti della stanza sono marcate da segni, nero su bianco, solo di tanto in tanto appaiono delle pennellate di colore con cui l’artista, essendo daltonico, ha una relazione particolare. Segni istintivi si alternano a parole riconoscibili che nei libri pubblicati da Enzo Pelli, impilati sul tavolino davanti a noi, diventano intere poesie. “Riempire o non riempire, quanto spazio lasciare al silenzio? C’è una tensione tra il pieno e il vuoto che percepisco nel momento in cui creo, sia che io stia tracciando una linea su un foglio o che stia scrivendo un verso”.
Qualcuno ha detto che la poesia inizia dove finisce la parola: è così? “La poesia nasce da un paradosso, il desiderio di definire qualcosa di potente che è difficile mettere in parola. Quando compongo, la scrittura parte spesso da flash inaspettati in cui percepisco qualcosa di forte che poi sono spinto a mettere in parola. Anche qui sperimento una tensione tra definibile e indefinibile, silenzio e comunicazione”. L’imbattersi in un presente nuovo in contrasto con il mondo che ha conosciuto in gioventù, stimola spesso questi “flash” di ispirazione.


© Marco D’Anna

Sempre più lontani dalla realtà

“Preferisco pensare alla scrittura come a una testimonianza delicata, un gesto di affetto nei riguardi di una memoria che se ne va e muore anzitempo”, ha scritto Dacia Maraini. E i ricordi sono una dimensione importante per Enzo Pelli: “Non ho visto la guerra, ma quando sono nato era appena finita e non c’era l’abbondanza che c’è adesso. Il motorino è stato una conquista tardiva, da ragazzo al massimo c’era la bicicletta” racconta. “La mobilità era più lenta: ricordo ancora le esperienze a contatto di totale immersione nella natura con gli esploratori”. Mi confida che oggi, vedendo le persone correre con gli occhi incollati a uno schermo, si convince che fra trent’anni sarà complicato perché non saranno più in contatto con la verità, con le persone reali. “Ogni epoca distrugge in un certo senso quella precedente – non necessariamente con guerre –, quella attuale ha distrutto un modo di vita contadino. Durante le passeggiate che faccio con mia moglie vedo, nei boschi e sugli alpeggi, belle costruzioni abbandonate, o mantenute a fatica per andarci qualche fine settimana estivo, mentre intorno il bosco avanza selvatico. Non si trova più l’energia che caratterizzava il paesaggio di prima”. Il ricordo di una realtà che non c’è più e delle persone che la popolavano, di cui nessuno sa più nulla, ispira il suo paesaggio poetico spingendolo a scrivere di persone dimenticate, “di cui solo io ricordo l’esistenza”.
In televisione (l’attuale RSI) si è sempre occupato del settore culturale, interessandosi di arti figurative e teatro, poi a un certo punto da osservatore affascinato è diventato attore e creatore… “In un certo senso ho seguito il mito dell’umanista che sa fare bene tante cose, mi piaceva molto il lavoro in televisione, ma sentivo anche la spinta a esplorare le mie capacità nel dipingere e nello scrivere poesie”. Un processo di apertura che non è scaturito da un calcolo ma da una spontaneità casuale. “Ho iniziato a interessarmi alla calligrafia perché a Milano avevo comprato una penna particolare a punta tronca con un piccolo opuscolo e dei fogli, la voglia di capire come sfruttarla al massimo mi ha spinto a fare i primi corsi”.

La via della scrittura

Il suo percorso come calligrafo inizia circa 30 anni fa, poco a poco si forma nelle scritture classiche (dalla romana alla medievale fino a quelle più recenti) per poi passare alla creazione artistica più libera. “Sono della generazione che a scuola ha imparato a scrivere con penna e pennino, seppur con risultati pessimi, ma da allora mi era sempre rimasta quella passione, non ho mai smesso di scarabocchiare sui foglietti lasciando andare penna e mano a briglia sciolta. Come dicono i saggi della calligrafia giapponese, quando ti dedichi alla scrittura pensi solo a quello, in fondo è anche questo un modo per dimenticare gli affanni del mondo”.
Dal contatto con altri appassionati dell’arte scritta in Ticino nasce l’idea di creare un gruppo. Assieme organizzano una prima mostra collettiva che, in un certo senso, consacra l’entrata di Enzo Pelli nel mondo degli artisti calligrafi. “Ci sono due tipi di calligrafi, i primi creano dei manoscritti miniati, preparando i loro inchiostri miscelando polveri vegetali, riscrivendo con decorazioni accurate testi importanti come la Bibbia, i secondi partono dalla forma delle lettere che incontra lo spazio bianco per comporre dimensioni visive più astratte. Nel secondo caso il calligrafo si allontana dalla letteratura per avvicinarsi alla pittura. “Io sono stato attratto dalla libertà espressiva della seconda strada”, spiega. “Il calligrafo che diviene artista, deve stare attento a non perdere la propria identità originaria e divenire pittore”.
Facciamo un giro tra le opere. Mentre Enzo Pelli descrive le linee e le sfumature, raccontandomi di quei “flash” di vita che le hanno ispirate, la voce si riempie di energia, di calore. E sento rinvigorirsi la voglia di creare…

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