“Oh, Madreperla” – Un brano, un racconto, un amore
‘Dimmelo ancora Bryan ti prego’ ‘Oh Madreperla, non ti scambierei con nessuna ragazza al mondo’ ‘Dimmelo…’ ‘Oh madreperla…’
Di Jacopo Scarinci
Pubblichiamo un contributo apparso su Ticino7, allegato del sabato a laRegione.
Se solo lei avesse saputo che sarebbe bastato mettere le cuffie e premere play per diventare la creatura più desiderata al mondo. Per trovarsi Bryan Ferry ad ammiccare da imbonitore navigato, in giacca bianca e cravatta nera mentre le spiega cose della sua vita che manco immaginava. Si muove davanti a lei giocando a fare quello che sa, allunga la mano verso di lei e la invita al viaggio.
Preme play e dopo due minuti si sente dire che lui è stato sveglio di nuovo tutta la notte, e comincia a muoversi davanti allo specchio, nel suo vestito estivo rosso fuoco con tre, quattro goccioline di sudore che sbucano luccicando sulla leggerissima peluria bionda del collo che si vede in controluce grazie a quelle tende che non ha mai voluto chiudere del tutto. Si muove, e balla lentamente a occhi chiusi con Bryan Ferry che attacca a dirle che è una madreperla, e che non la cambierebbe con niente al mondo. Pazzo. Lo ha di fronte con la mano tesa e il sorriso di chi non vuole convincere ma scrivere con le parole ciò che vede. Le dice che è un intervento divino, che ha sempre cercato qualcosa di così fortemente voluto ma che non è mai stato suo fino in fondo. Poi arriva lei che brilla in un modo molto Santo Graal. Lei, che non ha ancora capito che finché cercherà l’amore in un mondo di vetro sarà molto difficile trovarlo.
Balla, muove i fianchi, alza le braccia unendo le dita ancheggiando e il vestito segue i suoi movimenti lenti e regolari. Sta parlando a lei? Sta parlando proprio a lei, se ne accorge secondo dopo secondo. “Una canzone mi sta parlando ed è lui, è Bryan Ferry che mi sta dicendo che sono una madreperla che non scambierebbe con niente al mondo. Non sono sola”, continua a dirsi. “Non sarò più sola”, si ripete mentre chiude gli occhi così forte da giocare con la mente seguendo le macchie viola e verdi che si formano per poi defluire in un grigio azzurro da dipinto. “Sono tua”, pensa.
“Sì, sono la tua lucente signora di un mondo sacro”.
La schiena è dritta, i piedi giocano a una danza sul posto perché non vuole abbandonare di mezzo metro quella mattonella. Perché è lì che vuole farsi trovare all’appuntamento con sé stessa. Il giro da fare per uscire dal mondo di vetro è lungo, e quando pensa al futuro anche lei urla “No, nooo, noooooooo!”. Ma che amore troverà mai in quel mondo di vetro, le dice Bryan Ferry. Lei ci crede.
Ci crede perché nessuno di irreale e lontano prima le aveva mai detto che lei, questa ragazza nella sua camera, lo faceva sentire più reale. Ballando con gli occhi chiusi, la bocca ansimante e altre goccioline di sudore che fanno capolino tra la punta del naso e il labbro superiore dà forma a ciò che forma non ha perché no, non vuole essere scambiata con niente e nessuno. Sta capendo cosa è, parola dopo parola. “Sarò tua per sempre”, dice al niente che si fa tutto, al piacere che si fa largo in lei con la pelle d’oca che si forma strana e imprevista per essere così caldo e i peletti delle braccia che vanno sull’attenti. “Baciami, baciami”, sussurra mentre la musica accelera e resistere al ritmo diventa quasi impossibile. La prende e la sposta da quella mattonella da cui non vuole muoversi, la trascina e la butta in una piena da alluvione. Nuota, resiste, per poi assecondare il vortice nel quale si è trovata premendo un semplice bottone con scritto “play” e galleggiare in un’acqua che la sposta da una dimensione all’altra.
‘Dimmelo ancora Bryan ti prego’
‘Oh Madreperla, non ti scambierei con nessuna ragazza al mondo’
‘Dimmelo…’
‘Oh madreperla, non ti scambierei con nessuna ragazza al mondo’
E quel sax dritto nello sterno. Il sax di Andy Mackay, amico di quel crooner prestato alle paillettes e alla bellezza, le entra nel costato vibrando tutte le parole con una grancassa che fino a quel momento pensava potesse servire solo come eco di un dolore e custode fedele della melanconica cicatrice di una ferita dimenticata ma protagonista di troppi ricordi. Non cambia mai niente nella vita. No, è cambiato tutto. Lo sa. Apre gli occhi, si siede. Tasta il materasso con lo sguardo incredulo. È da sola e ha un fiatone che non sa spiegarsi, ma il mondo di vetro non lo vede più. Non c’è più. Ansima e si asciuga il sudore. Sistema meglio la coda e continua a guardare una camera che non riconosce più. “Sono una madreperla”, scandisce. “So-no-una-ma-dre-per-la”. Sorride, per la prima volta. Timida. Poi ride. Ride.
Si rialza tornando in piedi piena di speranza, preme ancora “play” e quel rock scatenato dei primi due minuti che niente ha a che vedere con quella dichiarazione artistica dei quattro seguenti la fa impazzire. Non balla più suadente e presa, balla senza cintura e con la coda che segue ribelle ogni movimento del collo. “Sono sua, sono sua e hai fatto bene a rimanere sveglio tutta la notte”. Non c’è più nessun fiume, niente prende e niente dà. C’è questa creatura che ha trovato il suo battito. Il vincolo è saltato e la mano è tesa. Raggiungilo, vai. Non avere paura, meravigliosa ragazza. Allunga la mano, ce la stai facendo.
‘Non scambiarmi con niente’
‘Oh Madreperla, non ti scambierei con niente al mondo’
‘Sono una Madreperla, desiderami, sono io’
NOTA: i riferimenti sono tutti alla canzone Mother of Pearl dei Roxy Music. Il resto è la vita.
La copertina apribile di ‘Stranded’ album del 1973. Come per altri dischi del gruppo, il soggetto è una modella.