Naomi Brunschwig: dal Messico ai gioielli

È cresciuta in un rustico nei boschi della Val Colla. Nei suoi geni è rimasto tutto l’amore per l’oggetto decorativo e per la creazione artigianale

Di Keri Gonzato

È cresciuta in un rustico nei boschi della Val Colla riattato dal padre: “Io e i miei due fratelli abbiamo avuto un’infanzia libera, immersi nella natura”. Figlia di zurighesi “alternativi”, Naomi si è sempre sentita fuori norma; il nonno possedeva un’importante fabbrica di cappelli a Zurigo, il padre ha ereditato la passione divenendo artigiano e cappellaio, ma ha preferito rinunciare al lato imprenditoriale, facendone un passatempo. Ma nei geni di Naomi è rimasto tutto l’amore per l’oggetto decorativo e per la creazione artigianale.

Mi racconta della sua adolescenza libera e ribelle, della difficoltà a capire “chi essere da grande” quando di fronte hai (fortunatamente) molte strade fra le quali scegliere. E nelle quali potersi perdere molte volte. E in questo vagare riuscire a ritrovarsi, comunque, un pezzetto per volta, scoprendo affinità, talenti e imparando a fidarsi dell’istinto. A sedici anni e dopo aver realizzato che gli studi alla SSPSS (Scuola Specializzata per le Professioni Sanitarie e Sociali) non facevano per lei, Naomi Brunschwig parte con la madre per un viaggio di lavoro in Messico; un’esperienza che ha un impatto decisivo sulla sua vita, e dove scopre l’universo dei gioielli. Qui scopre anche il suo lato più nomade, quello che definirà gli anni che verranno.

In Sudamerica

“Andammo a visitare la tribù indigena presso la quale mia madre aveva passato diversi mesi durante gli studi in etnologia. A bordo di un piccolo aereo con le eliche – a bordo di quel trabiccolo miracolosamente sospeso in aria credo di avere pregato per la prima volta, ci confida sorridendo – raggiungemmo il cuore della foresta. I ricordi di quel viaggio sono fortissimi. Una donna, alla quale mia madre era molto legata, ci venne incontro in mezzo alla foresta: sapeva che saremmo arrivate quel giorno senza che nessuno glielo avesse detto. È stato pazzesco, come se esistesse una comunicazione invisibile tra le persone…”.

In Messico, attirata dalle produzioni artigianali degli artisti di strada, si innamora di quell’universo, si fa degli amici e inizia ad apprendere le tecniche locali. Prima di rientrare in Svizzera, compra il suo primo materiale nei grandi mercati di Città del Messico. In Ticino inizia e completa gli studi artistici allo CSIA di Lugano; in Messico tornerà più volte per esplorare il Paese e continuare l’apprendimento del fare gioielli. “Dai 16 anni in poi ho viaggiato moltissimo, sia in Centro America sia in Asia, con lunghi periodi in Thailandia, in varie parti dell’India,” racconta ripercorrendo i ricordi con la memoria. “In ogni luogo, trovavo il modo di fermarmi con gli artigiani locali e imparare qualcosa di nuovo sulle tecniche di creazione, sulle pietre, sui metalli, è sempre stata un’attrazione naturale e irresistibile. Poi però, rientrata in Ticino, dovendomi occupare da brava adulta del quotidiano, tra bollette e affitto, puntualmente perdevo un po’ i miei obiettivi”.

Nel frattempo si forma come orafa, imparando i trucchi del mestiere nel laboratorio di un abile gioielliere classico a Lugano… “Marco Linzaghi è diventato come un secondo padre per me, una figura di riferimento importante. Apprendere il mestiere al suo fianco è stata una fase importante della mia crescita come artista, portandomi a creare il mio brand di gioielli”. Il suo approccio alla creazione è istintivo, spontaneo, anarchico. “Mi viene un’idea e subito devo darle forma, senza passare per lunghi processi di disegno e riflessione, un aspetto che si percepisce immediatamente nelle curve insolite e uniche delle creazioni”.

Coltivare sogni e obiettivi

Il compimento dei trent’anni ha portato nuove comprensioni e la valorizzazione di valori come la disciplina, il discernimento e la determinazione: “Oggi voglio dedicarmi totalmente al raggiungimento dei miei obiettivi, questa fermezza applicata al quotidiano mi sta dando una direzione e un senso di appartenenza, più che a un luogo o a un mestiere sento sempre più di appartenere a me stessa”.

Il 2020, se per molti è stato vissuto come un anno indubbiamente da dimenticare, per Naomi è stato anche di cambiamento e svolte, sempre con l’intenzione di far crescere il suo sogno. “La sveglia suona alle 5.30 del mattino di modo da potermi dedicare al programma di obiettivi quotidiani, dallo sport che mi carica e mi fa sentire forte, agli appuntamenti lavorativi. Ho smesso di disperdere la mia energia in ciò che mi distoglieva dal mio lavoro e di focalizzarmi sul mio desiderio. Facendo un salto nel vuoto, con tutte le incognite finanziarie del caso, ho finalmente deciso di lasciare i lavori ‘accessori’ per dedicarmi al 100% ai gioielli”. Oggetti che nascono dal contatto con le forze della natura. Il profumo del muschio, il suono del ruscello che scende tra le rocce fredde, la luce della neve che si scioglie in primavera non hanno mai smesso di ispirare Naomi. Dalle atletiche camminate tra monti, laghi e fiumi ticinesi, oggi sgorgano le forme organiche dei suoi gioielli… Pietre preziose e metalli, da portare sulla pelle, per non scordare mai la stretta relazione che abbiamo con la terra. Il mondo ogni tanto pare fermarsi, i sogni fortunatamente no.

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