Avanti un altro

Fare movimento è importante. Ma se ‘la spinta’ viene dagli altri, gli effetti non sono sempre quelli sperati.

Di Giancarlo Fornasier

Pubblichiamo l’editoriale apparso in Ticino7, allegato del sabato a laRegione

La prima bicicletta da corsa se la comprò a quarant’anni suonati, prima l’unico cambio che aveva visto in vita sua era quello automatico del fuoristrada. Tempo un annetto e l’amico che lo aveva portato sulla via di Gimondi sparì con l’amante… Di pedalare la domenica mattina, da solo, non se la sentì più (e la bici in carbonio è ancora in cantina, gomme a terra). Ecco che un collega lo convinse a fare qualche partitella a calcetto, in palestra, “che si suda e si ride di brutto” (e poi c’erano sempre pizza & birra in compagnia, dopo lo sforzo). Si può fare, ma se il pallone non lo tocchi dai tempi delle medie i rischi son grossi: e infatti alla seconda partita un’entrata “da tergo” lo portò al Pronto Soccorso. Addio pallone, benvenuti stecca e gesso.
“Ma qualcosa di più tranquillo, tipo correre prima di cena”, gli consiglia ora la sorella, una che si fa 70 chilometri a settimana. Dai, lui compra le scarpe (“ma buone, non le All Star”), una scorta di pantaloncini professionali, un fighissimo cappellino con borraccia incorporata, lo smartwatch e via. Tempo tre settimane e le ginocchia iniziano lamentarsi: prima poco poco, poi le cose si sono fatte molto serie (e aggravate dai postumi del calcetto). “Adesso, caro mio, lei deve stare a riposo. Ma riposo as-so-lu-to”, lo ha redarguito il medico.
Oh, finalmente un’attività che conosce bene.

 

 

 

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