Simona Marchi: di moto, tatuaggi e pole dance

Con un cacciavite in mano potrebbe fare miracoli. Ma anche con i colori ci sa fare parecchio, sempre che non sia impegnata nella sua palestra…

Di Lorenzo Erroi

Pubblichiamo un contributo apparso su Ticino7, disponibile anche nelle cassette di 20 Minuti per tutto il fine settimana.

Succede che «quando porto a passeggio i cani, c’è gente che allontana i bambini». E questo non perché i cani di Simona Marchi abbiano l’aria pericolosa, anzi: Zara, l’ultima che ha soccorso, è zoppa, amputata e paraplegica, «e adesso stiamo studiando un carrellino per permettere all’altro cane, che è un husky, di trasportarla». L’aria pericolosa, secondo gli stereotipi, è quella della padrona: coi suoi tatuaggi un po’ ovunque, i capelli rasati e sempre d’un colore diverso, il fisico scolpito e uno sguardo che inchioda. «Io non sono una ribelle, anzi: lavoro, pago le tasse, non mi drogo… Non mi presento così per dar fastidio a qualcuno. Se però c’è chi si sente provocato, sono problemi suoi».
Simona gestisce dal 2013 “Akrobatika”, una scuola di pole dance nel Luganese. «Che poi io volevo fare CrossFit» (quei pazzi che si allenano sollevando gomme da trattore, per capirci). «È stata una mia amica che mi ha costretto a provare la pole dance». Simona cercava un’attività «massacrante», da ex nuotatrice agonistica aveva bisogno di fare fatica sul serio. «Il giorno dopo la prima lezione, ero distrutta. Non pensavo potesse essere così faticoso». D’altronde, non pensava neanche che sarebbe diventata insegnante: «Io sono abbastanza solitaria, e poi con gli insegnanti non ho mai avuto un grande rapporto. Mi ricordo ancora il maestro delle Elementari: non rispondevo mai alle domande, per timidezza; e lui una volta scoppiò in un bestemmione, spalancò le braccia e con l’orologio mandò in pezzi la lavagna».

Sessismo

Il rapporto con la scuola non sarebbe migliorato in seguito, «anche perché alle Medie ero una gran testa di cazzo». Figlia di motociclisti, si avvicinò al mestiere di meccanico. «Ho fatto cinque anni, ma alla fine gli esami non me li hanno fatti passare; ero l’unica donna, i posti per i meccanici di moto erano pochi, temevano la concorrenza. Anni dopo un professore venne anche a scusarsi». E sì che Simona ci si trovava bene, in officina: certo, «tutti i giorni c’era la battuta molesta, e qualcuno a volte allungava le mani. È stata dura, anche per il mio capo, ma me la cavavo. Ho imparato a farmi rispettare anche dai vecchi harleysti, quelli che all’inizio mi dicevano ‘una donna al massimo me la può lucidare, la moto’». 
Per continuare nel ramo ha poi completato l’apprendistato in carrozzeria: «Sono stata la migliore del mio anno in Ticino. Ma anche lì è difficile per una donna trovare lavoro. Mi chiedevano di ridurmi lo stipendio, magari avevano paura che rimanessi incinta». Eppure Simona continua a ‘pitturare’, realizzando pezzi personalizzati come il serbatoio che ci mostra: «Tutto glitterato, mi ci sono voluti due anni, nei fine settimana». Sulla moto poi ci gira anche, e per un paio d’anni ha anche gareggiato. 

Di tacchi e sudore

Oggi, comunque, al centro di tutto c’è la palestra nella quale la incontro: due file di pali riflesse da un’ampia parete specchiata. Perché la pole dance, come ogni danza, richiede di ‘vedersi’ e capire come coordinarsi. «All’inizio si hanno perfino difficoltà a distinguere destra e sinistra. Ma questo è uno sport per tutti: mi dispiace quando pensano di dover essere già in forma per iniziare». E poi «mi dispiace quando gli uomini non provano o smettono, magari perché gli amici li prendono in giro». Peraltro c’è ancora chi confonde la pole con la lap dance, quella da night club. «Ma questo è uno sport vero, anche se non viene riconosciuto. Qui si suda. C’è gente che urla, che si lascia cadere. L’erotismo non c’entra niente». 
Le chiedo allora a cosa servano le venti paia di scarpe che vedo all’ingresso: tacchi a spillo altissimi, zeppe, allacciature che nella mia mente malata – o più semplicemente ignorante – evocano subito fantasie pruriginose. «Quelle sono per l’exotic», che è la variante della pole in costume. Simona sta preparando la coreografia per una gara: «Interpreto una ragazza che non sa scegliere fra Dio e Satana», impersonati da due ‘spalle’. «Si usa sia il palo fisso che quello rotante, ci sono regole precise: bisogna usare almeno il 70% di ogni pertica». La colonna sonora: Say10 di Marilyn Manson, «io sono abbastanza sul dark metallaro» (per una volta i miei stereotipi resistono: non mi aspettavo Bach). L’ambiente in queste gare non è dei migliori, anzi: «Quando ci sono tante donne tutte competitive, alcune si comportano da infami. Gli uomini magari sono più tontoloni, ma con loro l’ambiente è migliore».
Il suo lavoro la porta a far lezione due volte al giorno a 40 studenti (gli uomini sono solo due). «Mi commuovo sempre quando fanno gli spettacoli. Il bello è portarli a fare cose che non pensavano di poter fare, fargli superare i loro limiti». Come Simona fa da sempre.

IL PERSONAGGIO

Simona Marchi è nata 35 anni fa da madre bernese e padre ticinese di origini italiane. Dal 2013 è istruttrice di pole dance presso la sua palestra a Taverne, “Akrobatika”. È anche carrozziera diplomata, meccanica di motociclette e modella per un amico tatuatore. Vive nel Luganese con un compagno e due cani, Nami e Zara. È vegan e ama cucinare («o meglio: mangiare»).

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