Transgender: il corpo e l’anima

Storie di persone che hanno cambiato genere. Per capire chi sono e come vivono la loro ritrovata identità

Di laRegione

Pubblichiamo un contributo apparso su Ticino7, disponibile anche nelle cassette di 20 Minuti per tutto il fine settimana.

In Svizzera non è mai stato rilevato il numero di persone trans ma, secondo studi condotti all’estero la frequenza varia tra lo 0,5 e il 3%. Spesso si associa l’immagine del trans a tacchi a spillo, parrucche e abitudini sessuali promiscue. Per fortuna di strada ne è stata fatta parecchia, ma sarebbe ora di abbandonare questa visione stereotipata, e totalmente distorta, di una realtà che ha come denominatore comune con tutti gli esseri umani, qualcosa di imprescindibile: l’amore per sé stessi. 
Si parla di trans quando una persona sente, nel proprio intimo, che la propria identità di genere non coincide con il sesso assegnatole alla nascita. Non c’è differenza tra chi ha un aspetto chiaramente maschile o femminile, chi sia operato o meno. Essere transgender non è una malattia, e l’ho potuto vivere da vicino partecipando alle riunioni dell’Associazione Gender Freedom, dove ho conosciuto persone trans (vedi più in basso) che si incontrano regolarmente per confrontarsi, confidarsi e trovare uno spazio neutrale in cui condividere un pezzetto di vita. L’Oracolo di Delfi la sapeva lunga: se non conosci te stesso è come se vivessi in una sorta di limbo in cui i colori mancano.
Alechs Recher è il responsabile per la consulenza legale dell’associazione Transgender Network Switzerland (TGNS), un’organizzazione a livello svizzero da e per persone trans. «È difficile generalizzare la percezione che si ha sulla tematica transgender tra un cantone e l’altro. Da 10 anni lavoro per TGNS e ho ricevuto più di 1’500 richieste. Per quanto riguarda il Ticino credo ci siano maggiori difficoltà e ostacoli rispetto ad altre aree elvetiche ma fortunatamente è appena nata una nuova associazione che si impegna per fornire informazioni e far rispettare i diritti umani. Attualmente il Canton Vallese naviga in acque più agitate». 

Alice e Kevin
Alice non è il suo vero nome. Non si sta nascondendo, non ha paura del giudizio, di metterci la faccia e di parlare della sua storia di allineamento di genere, ma in questo momento di vita preferisce celare la sua vera identità, per una questione di delicatezza nei confronti di una persona che ama infinitamente: suo figlio.
Alice è entrata negli «anta» e, se guarda dietro le sue spalle, vede una persona che ha abitato una «non vita». Sospira mentre parla e, prima di continuare ascolta cosa le si muove dentro. «Vedo la parte maschile che ero prima. Ho dovuto sopportare per molti anni il peso di non poter essere la persona che sentivo di essere». Alice si è sempre impegnata: studiava, seguiva formazioni professionali raccogliendo importanti consensi nel mondo del lavoro. Contemporaneamente, una parte di lei si autodistruggeva camminando sull’orlo del baratro. «Non avevo la forza di cambiare, di prendere in mano la mia vita. Ero dilaniata dentro». 
Due anni fa un ritiro patente per guida in stato d’ebbrezza ha permesso ad Alice di smascherare il suo carnefice: l’alcol era una sorta di anestetico del malessere interiore che viveva per soffocare sé stessa. «Da lì mi sono messa a nudo allo specchio. Ho visto quello che in realtà ho sempre saputo e ho iniziato il mio percorso e da allora il bere è uscito dalla mia vita – tuttora non ne fa parte – e ho scelto la vita». 
Kevin ha 27 anni, barba incolta, capelli corti, tatuaggi, tra i quali uno che risalta su tutti: l’albero della vita con le 4 date fondamentali che hanno tracciato il percorso di allineamento di genere che ha iniziato il 23 gennaio 2013. Kevin sorride mentre mi racconta che la sua liberazione è stata ricevere il documento che portava il suo nuovo nome. «Sarà stata l’emozione, ma il giorno stesso in cui ho ricevuto la carta d’identità le ho fatto fare un giro in lavatrice, dimenticata dentro i pantaloni». Kevin esisteva già all’asilo, gli piaceva giocare a calcio, fare il bulletto con le altre bambine. «Crescendo ho sempre preferito i vestiti maschili, sentivo che il mio «esterno» non combaciava con quello che sentivo dentro. La consapevolezza definitiva è emersa a 17 anni, ho passato 3 anni in apnea e a 20 anni ho deciso che era il momento di una nuova vita». E, come nei sogni, una porta illuminata si manifestò davanti a Kevin: «Grazie al mio medico curante e a una psichiatra, capii che finalmente potevo diventare chi ero veramente».

Ritrovarsi
Sorge un’emozione tangibile durante la nostra chiacchierata, la dimensione che si crea è come «in punta di piedi» e Alice continua a raccontarsi: «A volte mi capita di pensare che sarebbe stato bello iniziare il percorso di transizione prima. Oggi mi rendo conto di non aver vissuto delle fasi fondamentali della mia gioventù, e mi capita di invidiare i giovani che iniziano la transizione. Sono però realista e consapevole del fatto che il passato è un assegno già riscosso, ed è qualcosa che non si può cambiare. Posso però cambiare il mio presente e il mio futuro». Un percorso come quello che sta vivendo porta inevitabilmente momenti difficili, ostacoli da superare e porte di persone che amavi che improvvisamente si chiudono. «Cerco di guardare sempre gli aspetti positivi. Ho una mia metafora: prima di iniziare il percorso dove pensavo di trovare dei prati, ho trovato delle rocce e invece, oggi, dove pensavo di trovare degli scogli, per esempio sul posto di lavoro, ho trovato supporto, comprensione e aiuto incondizionato». 
Se da una parte Alice è stata accolta nell’ambito professionale, Kevin continua a incontrare molti ostacoli, e questo nonostante la sua voglia di lavorare e mettere a frutto quello per cui ha studiato, e vestire i panni di ausilaria di cura. «Presentavo un curriculum al femminile e di persona si presentava un ragazzo, cosa che lasciava spiazzati chi mi incontrava. Oggi è tutto ‘in linea’ ma ho un buco di diversi anni, era il periodo in cui mi sono preso cura di me e ho seguito il percorso di allineamento di genere». Con il datore di lavoro è fondamentale instaurare un rapporto trasparente e sincero e quando chiedono a Kevin il motivo di un gap così lungo senza lavoro, lui non esita e racconta la verità. «Non voglio generalizzare ma per la mia esperienza personale mi sono trovato sempre con la porta sbattuta in faccia». Gli piace aiutare le persone, desidera rendersi utile e mettere a disposizione il suo tempo e la sua energia vitale. 

La forza del cambiamento
Tanti, me compresa, possono pensare che ci voglia un infinito coraggio per «cambiare sesso»; lo metto tra virgolette perché sarebbe opportuno modificare una volta per tutte la terminologia usata dai più, e chiamarlo con il vero nome: allineamento di genere. Alice mi guarda con i suoi occhi quasi trasparenti e mi dice: «L’unico coraggio che ho avuto è aver accettato chi sono dopo tanto tempo. Una voce mi sussurrava dentro chi ero già in tenera età, e con il passare del tempo questa voce si è fatta sempre più prepotente. Oggi, nonostante tutte le difficoltà, sono finalmente serena. Oggi ho il mio equilibrio». 
Kevin prende la parola e aggiunge: «Se vuoi vivere bene è necessario prendere coscienza di chi si è. Avere semplicemente il coraggio di far esplodere la bolla di malessere che ti avviluppa ed esplodere nella tua vera natura. L’amore per sé stessi è la chiave che apre qualsiasi serratura.
Ad Alice sta a cuore concludere questo incontro suggerendo, a chi sente un’incongruenza tra il proprio sé e il proprio sesso biologico, di prendere contatto con l’Associazione ticinese Gender Freedom, oppure di parlare con una persona di fiducia, che sia nell’ambito familiare, amicale, scolastico o professionale. «Per un giovane potrebbe essere il genitore di un’amica/o, per esempio. È fondamentale all’inizio trovare qualcuno che ispiri fiducia e con cui sia possibile condividere quello che si sente dentro. Da lì ci sarà il tempo per fare i passi successivi, e trovare le persone competenti che possano dare una dimensione a ciò che si percepisce nel nostro profondo. Non è detto che si tratti sempre di disforia di genere; ma trovo sia vitale, per tutti gli esseri umani, comprendere chi si è nel proprio intimo».

IL GRUPPO GENDER FREEDOM
Federico De Angelis
è uno dei membri del coordinamento di Imbarco Immediato (Associazione LGBT ticinese) e di Gender Freedom, gruppo neonato creato per dare risposte al mondo transessuale. All’interno del team ci sono persone che hanno vissuto il percorso di riallineamento di genere, e che vivono per tutta la vita questo cammino. Persone che mettono a disposizione la loro storia, per aiutare chi invece lo sta per affrontare. «Quest’anno finalmente lanceremo la creazione di Gender Freedom con un evento pubblico per renderlo più ufficiale».
Sempre più ragazzi/e intraprendono questo percorso anche in Ticino ed è ora che trovino le risposte che cercano: medici, specialisti, come funziona la burocrazia ecc. Ma il Ticino è pronto a togliersi le mani dagli occhi e vedere questa realtà? «Credo sia arrivato il momento di sdoganare questo tabù della transessualità; ovvio, numericamente i casi sono minori rispetto ad altre parti della Svizzera, però è giusto, anche per una questione di lingua e territorialità, dare visibilità in Ticino alle persone che seguono questo delicato percorso. Il mio consiglio è di non avere paura, di uscire allo scoperto e soprattutto di non restare soli, perché solo con la condivisione delle difficoltà del percorso che si vive si può crescere per aiutare sé stessi e di conseguenza anche gli altri». Maggiori informazioni su imbarcoimmediato.ch.

L’OCCHIO DELLA PSICOLOGIA
Lara Gatti
, membro dell’Associazione Ticinese Psicologi, nella sua pratica clinica ha seguito persone che vivono la condizione di disforia
di genere. «Emerge quasi sempre una profonda sofferenza, che spesso ha radici nell’infanzia, legata al non sentirsi appartenere al proprio sesso biologico. Sofferenza a cui sovente
si aggiunge una condizione di stress generato dal far parte di una minoranza discriminata
e che può manifestarsi con sintomi quali ansia, depressione, rabbia e tendenza all’isolamento. Insieme cerchiamo di esplorare questo disagio, dando voce a dubbi e paure, altrimenti difficili
da esprimere. Credo che questo malessere debba essere pensato, verbalizzato e se possibile elaborato, prima di decidere se avviarsi al percorso di transizione». Per Lara Gatti
è importante poter offrire uno spazio neutro dove poter pensare liberamente, a chi si è
in primis, senza giudizi, senza stigma. «Il mio compito non è quello di indicare il percorso che deve compiere una persona, ma è accompagnarla in questo percorso. Credo sia fondamentale poter beneficiare di un supporto psicologico attraverso cui fermarsi e ascoltarsi prima di agire. Stare sempre in contatto
con il proprio mondo interno è vitale».

SETTE SPUNTI PER RIFLETTERE
Gender, la rivoluzione
«Una volta era tutto molto più semplice: blu per i maschi e rosa per le femmine». Questo l’incipit della giornalista Katie Couric che ha curato il documentario del National Geographic (2017): che ha il merito di fare chiarezza sull’identità di genere.

Mio figlio in rosa
«Mio figlio in rosa» è il blog di Camilla Vivian che è diventato anche un libro edito da Manni Editori (2017; con l’inequivocabile sottotitolo Ti senti maschio o femmina? Io mi sento io)
in cui Camilla racconta la sua esperienza di mamma di una bambina trans, Lori, che ama il rosa, le gonnelline, le principesse e tenere i capelli lunghi. Un libro «che ogni persona, genitore , insegnante, ragazzo dovrebbe leggere per capire che bisogna sapersi amare e accettarsi per come siamo», è stato scritto…

Il coraggio di essere una farfalla
Edito da Piemme (2017), questo volume è scritto a quattro mani da Vladimir Luxuria e Stefano Genovese, Luxuria si immerge in quelle che lei definisce le grandi questioni «transgeniche» del nostro tempo tra amore, arte, sesso, potere e religione. 

The Danish Girl
Biopic del 2015 diretto da Tom Hooper, adattamento del romanzo La danese (The Danish Girl, appunto), scritto nel 2000 da David Ebershoff. Il film è la storia di una pioniera danese transgender «Lili Elbe». Fu la prima persona nella storia (erano gli anni Trenta), a sottoporsi a un intervento chirurgico di riassegnazione di genere. 

Anohni
Meglio conosciuta come Antony, voce magnifica del gruppo musicale Antony and the Johnsons, è un’artista transgender che nel 2015 da bruco si è trasformata in farfalla, decidendo di farsi chiamare Anohni.

Io sono Jazz
Primo reality dedicato a un’adolescente transgender: «Jazz». Serie americana seguitissma che esplora la vita della giovane teenager nella sua vita quotidiana tra famiglia, scuola e amici.

Mi piace Spiderman… e allora?
Libro illustrato per bambini dai 4 anni di Giorgia Vezzoli, pubblicato da Settenove Editore. La storia di Cloe affronta tematiche sulla consapevolezza della propria identità di genere e gli stereotipi sulle differenze tra esseri umani.

 

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