Il cappello di paglia
Grandi, piccoli, usa e getta oppure da collezionare (e dimenticare in cantina). Ma senza la brezza del mare, che te ne fai?
Di laRegione
Pubblichiamo un contributo apparso su Ticino7, disponibile anche nelle cassette di 20 Minuti per tutto il fine settimana.
Alcuni sono partiti da poco, altri devono ancora farlo e vanno sotto il nome dei temerari che aspettano settembre per fare vacanza. La maggior parte di noi, invece, sta tornando e si trova stabilmente alle prese con i postumi di un’abbronzatura cui dedicarsi solo nel fine settimana.
Lentamente il tempo ricomincia a scandire i nostri ritmi, i giorni della settimana hanno un nome invece di accumularsi disordinati in una mente troppo occupata a pensare se sia meglio restare sulla protezione 50 o osare una 30 per gli ultimi giorni. È tutto finito e siamo rientrati con il nostro cappello di paglia in testa.
Di necessità virtù
Notoriamente angustiata dal tema valigie – che, come avrete letto qualche Ficcanaso fa, sono l’esame di maturità di noi indecisi e inconcludenti –, ho sempre considerato che partire con il cappello di paglia fosse un gesto troppo audace. Motivo per cui rimpinzo la valigia di fasce per capelli e fazzoletti di seta da tempi non sospetti. In fondo che partenza sarebbe senza qualche buon proposito in valigia?
Poi arrivi in una spiaggia assolata e dopo dieci minuti capisci che non sopravvivrai fino all’ora di pranzo senza qualcosa di vero in testa. Il baracchino sulla spiaggia, quello che spaccia acqua, infradito, maschere da sub e cartoline, appare all’orizzonte come un miraggio. Sei una professionista e vuoi fare di necessità virtù: «Comprerò il più bello, anche se costa di più, così continuerò ad usarlo». La stessa frase risuona anno dopo anno a ogni latitudine: Croazia, Sardegna, Cuba, Messico, Versilia.
Tempo scaduto
Sul volo di ritorno o sull’autostrada che torna a casa, il cappello di paglia è lo status eroico di chi non si rassegna ad archiviare la vacanza, di chi ha addosso ancora tanto sole e salsedine da coprire ogni senso del ridicolo. Di chi ritorna nel traffico e dice spavaldo: io non vi appartengo, io sono stato al mare e ce l’ho ancora in testa.
Il tempo di una notte e il cappello della libertà ti appare un accessorio da mietitore. Ha perso il suo fascino come i capelli bruciati dal sole: vista mare facevano tanto Marcuzzi ai Caraibi, in città fanno signora sciatta uscita dalla piscina troppo in fretta.
Il cappello più bello del baracchino finisce nel cimitero dei cappelli insieme a tutti gli altri. «L’anno prossimo risolviamo alla radice con un bel Borsalino». In fondo, che rientro sarebbe senza qualche buon proposito nell’armadio?