Serena Maisto: quella sensazione a cui si deve dare ascolto
Il suo lavoro si srotola tra tele, colori, pannelli, plexiglass e la legge dell’attrazione
Di laRegione
Pubblichiamo un contributo apparso su Ticino7, disponibile anche nelle cassette di 20 Minuti per tutto il fine settimana.
Nata sotto il segno dei pesci, cantava Antonello Venditti nel 1978. No, non l’aveva dedicata a Serena, allora lei non esisteva ancora. Chi lo sa se nel 1982, quando nasceva il 1. marzo, non era registrato nel suo DNA che si sarebbe meritata un’altra vita come scriveva il cantautore romano? La casa di Serena è anche il suo laboratorio di idee. Qui dipinge e ci sono sparse ovunque tracce delle sue creazioni, che si mischiano tra opere d’arte di altri artisti e oggetti pittoreschi, tra cui una bicicletta a scatto fisso, una lumaca rosa di plastica, un altare su cui è seduto un Buddha e, in un angolo del salotto, la borsa della palestra su cui primeggia la scritta: «Happiness».
E, a proposito di felicità, Serena si illumina quando parla della sua grande passione per la pittura: «Da piccola disegnavo tantissimo, già all’asilo emerse la mia vena artistica, famoso è un disegno di una mucca che feci a 3 anni: un bovino ‘alla Picasso’, ricordo che la maestra ne fu strabiliata. Sono sempre stata un’allieva ‘nella media’, ma a disegno brillavano ovunque 6 in pagella».
Serena aveva già sin da piccola la sensazione che disegnare era un prolungamento di se stessa, ma per «fare le cose come si deve» ha seguito una formazione che le dà una maturità sociosanitaria e assaggia per un paio d’anni la formazione in comunicazione visiva alla Supsi – senza terminarla – imboccando poi una strada sconosciuta che è fondamentale per il suo percorso professionale e di vita. «Accettai una proposta di lavoro in una società di produzioni video. Amavo maneggiare immagini e crearne un flusso sensato. Il caso (o forse no) mi fece vincere un concorso alla Rsi come video editor, avevo poco più di 20 anni e per i successivi 10 quel lavoro fu prezioso per il mio cammino che mi fece risvegliare il bisogno di dipingere: era una catarsi totale poter imprimere su tela quello che sentivo dentro, una sorta di psicanalisi creativa».
Spesso è grazie a periodi di crisi che la luce può entrare ed essere portatrice di importanti realizzazioni. È stato così per Serena che, dopo aver letto le storie di Steve Jobs ed Enzo Ferrari, ha compreso che la parola impossibile non esiste. «C’era qualcosa che non mi bastava più, continuavo a percepire la sensazione che avevo sin da piccola: il disegno era una parte di me. Ho iniziato così a trasformare i miei pensieri e a credere in me stessa. Ho compreso che volevo dedicarmi totalmente alla pittura e così feci, mi licenzai dalla Rsi e mi lanciai nel vuoto».
È iniziata così l’avventura artistica di Serena, non solo professionale ma anche esistenziale. Il gesto di Serena non è solo sulle tele che dipinge, ma anche sulle sue braccia: tatuaggi emergono dalle maniche della sua camicia, come a voler dimostrare che il suo bisogno di creare debba rimanere impresso anche sulla sua pelle. «Ho sempre amato la tecnica spontanea e vitale di Jackson Pollock. Lo stile che prediligo nella pittura è l’astratto, mi piace sperimentare, osare e creare attraverso l’action painting (pittura d’azione). Colori su tele enormi, plexiglass e ovunque ci sia una forma espressiva».
«Grazie all’esperienza in comunicazione visiva ho unito fotografia e grafica e da lì è nato il progetto che ruota intorno a Jean-Michel Basquiat. Ho acquistato i diritti di sue fotografie originali degli anni Ottanta scattate da Edo Bertoglio apportando miei interventi grafico-pittorici. Non potevo credere che questo progetto nato da un’intuizione 10 anni fa sarebbe piaciuto così tanto da approdare a Londra e Lugano con una personale».
Per ogni persona che crea qualcosa è spesso imprescindibile desiderare di portarlo al di là dei propri confini. Così vale anche per Serena che, dopo la personale che si terrà il 21 marzo presso la Cortesi Gallery di Lugano, salirà in vetta al Monte Generoso dove realizzerà delle opere che verranno esposte dal 7 di aprile in poi al Fiore di Pietra, a più di 1’700 metri d’altezza. «Tele a cui darò vita sul posto. È come tornare a casa per me: vengo dal Mendrisiotto ed avere questa opportunità ha un valore multiplo: ne sono onorata. Questo progetto nella mia terra d’origine è l’inizio di un anno importante, che vedrà nascere oltre oceano una nuova avventura pittorica che prenderà forma… verso la Florida… ma non voglio svelare troppo per scaramanzia».
Finita la chiacchierata metto il naso nell’atelier di Serena che, contrariamente a quello che mi aspettavo, ha tutte le pareti bianche. Un bianco che quasi acceca; la sensazione è che si tratti di pagine bianche, vuote, che aspettano con calma di accogliere i prossimi capitoli della sua vita.
Serena Maisto nasce a Mendrisio nel 1982. Il suo lavoro si srotola tra tele, colori, pannelli, plexiglass e la legge dell’attrazione. Maturità in Scienze dell’educazione, un percorso interrotto a metà in Comunicazione visiva alla Supsi. Ha lavorato per 10 anni nei panni di video editor alla Rsi. Ama i motori, sia a 2 sia a 4 ruote, il cinema e ultimamente, oltre a nutrire lo spirito con la meditazione, si tiene in forma in palestra.