Vinile: tutto torna?

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Di laRegione

C’è chi celebra i 70 anni della nascita dei 45 giri (non quelli di valzer) e chi continua a rinvangare la storia dei suoni «caldi e avvolgenti», sostenuto scientificamente da analisi di spettro audio in grado di dimostrare che, sì, «è tutta un’altra storia». Sarà vero? L’altro giorno ho ripescato Songs for Drella, album del 1990 che Lou Reed e John Cale dedicarono a Andy Warhol, amico di vecchia data scomparso 3 anni prima. Il disco fu pubblicato dalla Sire Records e la mia edizione in vinile negli anni ha sostenuto ripetuti e prolungati ascolti, e conseguenti «acciacchi». Hai voglia a regolare il braccio SME serie 3009 dell’immortale giradischi Thorens TD 125 MK II, pulire con cura il ciambellone nero e imputare la discutibile qualità del suono a una possibile eccessiva usura della testina Shure V15 Type IV. Il brano «Open House», per dire, con i suoi rintocchi di piano, la voce di Reed che ti prende allo stomaco e gli arpeggi di Fender appena abbozzati non meritano quel sottofondo urbano di crick, crack, fzzzz e tec. Riprendo lo stesso lavoro ma su cd, acquistato anni dopo in un’edizione limitata con copertina in cartoncino vellutato (che fa tanto Velvet Underground). Non vi sto a dire quale suonasse meglio, certo non il povero vinile… Oggi che i supporti musicali sono una specie in via di estinzione, che il presunto mercato mondiale dei 33/45 giri vive di pochi milioni di appassionati – sovente collezionisti che hanno raggiunto gli «anta» – e che il mondo si muove nella rete, il «ritorno» del vinile mi pare faccia più rima con disperazione dell’industria discografica, non certo con sana promozione della musica.

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