Ventisette settimane. Una storia di palpiti e sopravvivenza
Fra gli scenari delle nascite premature, raccontiamo la storia di Anna Mia che ora ha sette anni e un bosco negli occhi
Di Matteo Beltrami
Pubblichiamo un contributo apparso su Ticino7, allegato a laRegione
La sensazione era quella di non avere nulla addosso. Non ne sentiva il peso. Era aria, immaginario, ma allo stesso tempo era lì, palpitava, domandava sopravvivenza. I bambini prematuri hanno dovuto lottare da subito, hanno una loro forza. Rivendicano il loro diritto di esistere. Anna Mia è così.
Gli studi di James Hillman ci raccontano del Daimon, una sorta di creatura animica eterna, un’energia di scintilla, una forza a noi oggi ancora ignota e interpretabile che chiamiamo anima. Il Daimon si aggiunge al suo bio-veicolo, il piccolo corpo di un essere, prima che questo si affacci sulla vita terrena. Quella forza animica guida la nuova creatura nel compimento di quel disegno che si è scelta prima di nascere e del quale la mente si dimentica nel momento del parto. Eppure, dentro sentiamo un moto di verità profonda che ci fa comprendere quando non stiamo onorando il codice dell’anima che ci ha raggiunti prima di nascere. Per la maggior parte del tempo noi agiamo e ci imbattiamo in facilitazioni, oppure in conseguenze e conflitti.
Saremmo in sostanza l’emanazione terrena di un’energia divina, che forse ha necessità di esperire limiti, perché altrimenti non ne avrebbe. La stessa energia ha il grande compito di farci evolvere, in modo da migliorare la sua condizione dell’esperienza terrena, tramite noi. Esistono infinite anime e la loro emanazione terrestre, la nascita, è qualcosa di estremamente raro. Ogni vita ha un senso profondo. Tutte le vite. Nessuna vita andrebbe sprecata, abusata.

© Donatella Di Cicco
Scenari perfetti a modo loro
Ogni nascita ha uno scenario perfetto a modo suo. Piccoli corpi baciati dalla luce che tardano nel vagire. Parti cesarei. Creature podaliche, avvinghiate pericolosamente ai legami che le hanno nutrite. Travagli lunghi, indolori, brevi e silenziosi. E poi ci sono i prematuri, che sembrano fatti d’aria e guardandoli sembra che appaia l’incontro fra il Daimon e il corpo.
Ogni scenario di nascita risulta magicamente commisurato alla missione che l’anima della creatura dovrà onorare nella vita, per diventare la profonda maestra di sé stessa. È soltanto in ciò che ci addolora e ci avvince che possiamo eccellere, raggiungendo l’estasi intima ed evolutiva. Per i buddisti un’anima che raggiunge un corpo umano riceve dal cosmo il dono in assoluto più sporadico e prezioso di tutti. Soltanto un’infinitesima parte delle anime è destinata a questo dono, tanto che per tutta la vita altre anime ancora in attesa, invidiose o stanche di inconsistenza, cercano di abitare il nostro inconscio per esperire quello che stiamo vivendo sulla Terra. Ne hanno bisogno. Sono loro gli altri abitanti del nostro condominio interiore.
Un’interazione invisibile
Ho cercato di immaginare l’invisibile interazione fra un Daimon e il fragile corpo di una creatura nata prematura. La lotta nella quale entrambi si uniscono per rivendicare il proprio diritto di esistere, di ricevere e poter stringere con vitalità, finalmente, il tanto atteso dono sacro della vita.

© Donatella Di Cicco
Ho percorso con lo sguardo il profilo del suo naso, ho guardato tutto il perimetro delle dita di una minuscola bambina, Anna Mia, che alla nascita pesava sette etti. Ho ascoltato il suo respiro e sono stato colto da un conforto che non ho provato nemmeno quando ho letto Camus quella volta al mare, da ragazzo. La guardavo e ricevevo la conferma del fatto che allora esiste un disegno, un codice di bellezza inscalfibile, che surclassa e sopravvive a ogni umano annichilimento. È la lotta per la sopravvivenza dell’anima. Eppure la vita umana è talmente brutalizzata in ciò che di invisibile la contraddistingue. Ma non disperdiamo la preziosità delle parole in ciò che è noto affliggerci. Anna Mia, si diceva, è figlia di Donatella e Stefano.
È nata di 27 settimane e pesava 740 grammi. In questi casi sussiste un divario fra il reale parto e quello che siamo abituati a coltivare come immaginario. Qualcosa non accade. La piccola creatura non ha corporeità, non vi è quello scambio catartico, drammatico, sonoro. Dove sono il sudore, i vagiti e il sangue? La piccola non avrebbe sopportato alcuno stimolo eccessivo. Erano invece vitali il silenzio, l’isolamento. Doveva sentire di essere ancora dentro al ventre materno. Tubicini, ossigeno, perpetui bip, sonde per l’alimentazione. Quando l’esplosione umana non accade i sentimenti sono discordanti tra loro. Ti assale la paura dell’inconsistenza. Poi hanno scoperto la marsupio-terapia. All’inizio Anna Mia è stata posata sul petto nudo di Stefano, perché Donatella durante le prime due settimane era stata ricoverata e non l’ha potuta incontrare. Poi è toccato anche alla mamma. L’hanno posata su di lei. La sensazione era quella di non avere nulla addosso. Non ne sentiva il peso.

© Donatella Di Cicco
Era aria, immaginario, ma allo stesso tempo era lì, palpitava, domandava sopravvivenza. Oggi anche nei migliori reparti usano la marsupio-terapia, perché racchiude dei vantaggi imprescindibili. Dopo un po’ Anna Mia si è attaccata al seno, la grande speranza. Donatella aveva molte umane proiezioni, ma era bloccata in quell’universo ospedalizzato. Pensava ai minuscoli organi di Anna Mia. I polmoni, il suo cuore, quelle dolci sfere che erano i suoi occhi, abissi sull’ignoto. Con il pensiero ci soffiava sopra aliti caldi, affinché crescessero. La telecamera è stata il suo oggetto transizionale. Donatella è una regista dallo sguardo acuto e profondo. Ha compreso di dover vivere quelle estenuanti settimane come una spettatrice. Ha sentito di dovere guardare dentro al vuoto di quel tempo sospeso, ha scoperto che era colmo di pazienza, che poi è uno dei migliori sinonimi di amore.
Il documentario sembra che lo abbia girato una terza entità. Un’anima, forse. È corporeo, ed è bellissimo. Si chiama Ventisette (link in fondo all’articolo). Anna Mia ha 2 nomi perché è nata in un giorno in cui non se l’aspettavano. Non hanno avuto il tempo di scegliere. Stefano era all’anagrafe, non sapeva se scrivere Anna o Mia, così un’impiegata ha esclamato: e mettili tutti e due! Una volta rientrati a casa la dimensione ovattata, necessaria in ospedale, doveva lasciare spazio a vivaci e variopinte interazioni. C’era della vita da recuperare.
Vita da recuperare
Anna Mia oggi si rivede nel documentario della mamma. Le fa strano, ma è importante per lei la conoscenza del suo scenario di nascita. La negazione dei fatti drammatici non porta mai a nulla di buono. Le cose che si nascondono in ogni caso vengono emanate, il trauma vive di un proprio respiro. È il Daimon, che vuole fare esistere la propria missione terrena. Non si ferma il vento che soffia e la vostra anima in un modo o nell’altro vi farà voltare lo sguardo verso di lei. Certe altre madri, nel reparto, si defilavano davanti alla telecamera di Donatella, ma in seguito l’hanno implorata di verificare se nei molti filmati ci fosse almeno un fotogramma dei loro piccoli, che magari erano sopravvissuti, oppure no.
I bambini prematuri hanno dovuto lottare da subito, hanno una loro forza. Rivendicano il loro diritto di esistere. Anna Mia è così. Le piace stare con le sue amiche, ha una vita sociale molto attiva anche se oggi ha solo 7 anni. Era molto timida, se si agitava non scandiva bene le parole. Adesso è qui davanti a noi che fa i compiti, ci sorride e fa di sì con la testa. E che sguardo che ha, Anna Mia. Pare un bosco.
“Il Daimon si rifà al mito di Er di Platone, e lo psicoanalista e saggista James Hillman lo descrive come la creatura divina che ci guida nel compimento di quel disegno che la nostra anima si è scelta prima di nascere e di cui ci dimentichiamo al momento in cui veniamo al mondo” (da Il codice dell’anima di James Hillman, Adelphi).
Link: www.openddb.it/film/ventisette/; www.donatelladicicco.it; www.enecefilm.it
