La tribù dei single. Al di là di biasimo e stereotipi

Il Single shaming è un fenomeno che stigmatizza ed etichetta i single, soprattutto se donne. Dati alla mano, è tempo di abbandonare lo stereotipo

Di Fabiana Testori

Pubblichiamo un contributo apparso su Ticino7, allegato a laRegione

“Ma ce l’hai il fidanzato?”, “quand’è che metti la testa a posto?”, “non ti senti sola/o?”, “ma un giorno ti vorrai sposare?”, “ci pensi mai a metter su famiglia?”… Ecco una sfilza di domande – spesso poste con un tono di commiserevole sufficienza – che non di rado le persone single (sì, quelle per scelta) si trovano ad affrontare in svariate situazioni: dalle feste in famiglia alle semplici conversazioni sul posto di lavoro. Il Single shaming è un fenomeno sociale che stigmatizza ed etichetta i single, soprattutto se donne. Dati alla mano, è tempo di abbandonare lo stereotipo e il tipo di conversazione.

Poco tempo fa ho compiuto quarant’anni e la mia madrina di battesimo, oggi ottantaduenne, mi ha telefonato per augurarmi buon compleanno. Gli auguri, per la prima volta, erano mescolati a un discorso, che da lei, sposata dall’età di diciott’anni (la madre dovette firmare l’autorizzazione alle nozze, poiché all’epoca la maggiore età era fissata a 20 anni) e in una relazione osmotica con il marito che dura tutt’oggi, non mi sarei mai aspettata.

Il messaggio è stato all’incirca questo: “Non ti curare di quello che dicono gli altri, hai una buona formazione, un lavoro, l’indipendenza e nessun obbligo. Se ti va, e solo se ti va, trovati pure ‘un amico’ , passaci dei bei momenti insieme, ma non ti devi sposare per forza e nemmeno convivere. Hai molte amicizie sincere, viaggi, sei libera.
Le cose oggi sono cambiate”.

Quando ho appeso, ho ripetuto a me stessa che sì, le cose sono veramente cambiate se la mia madrina, la quale è stata conforme in tutto e per tutto a quanto la società si aspettava da una donna della sua generazione e che ha sempre, ostinatamente, difeso i valori della famiglia tradizionale, aveva voluto dirmi quelle parole.

Duro a morire

Eppure, nonostante lo statistico e culturale disintegrarsi del modello familiare di riferimento (attualmente in Svizzera divorziano due coppie sposate su cinque e il 36% delle economie domestiche è rappresentato dai single), lo stigma riservato alle persone sole, soprattutto se donne e in età fertile, rimane.

Non si spiegherebbe altrimenti il proliferare sulla stampa femminile e di tendenza (ma non solo), soprattutto in concomitanza con le feste comandate, di suggerimenti per contrastare il fenomeno del Single shaming, ovvero la discriminazione da parte della società verso chi non ha un partner.

Come svicolare, interrompere e opporsi a domande e osservazioni invadenti e fuori luogo da parte della cerchia familiare, amicale, ma anche professionale e, più in generale, sociale, riguardo al proprio status sentimentale, quali: “E il fidanzato/a non ce l’hai?”, “Ma quando ti sposi?”, “Figli non ne vuoi?”, “Guarda che poi diventa tardi”, “Ma non ti senti sola/o” ecc. Ed è quindi un fiorire di risposte corte, ma molto efficaci, per zittire immediatamente l’interlocutore, che vanno dal “non ho piacere a parlare di questo tema” a “perché è così importante per te saperlo?”, fino a “raccontami la tua esperienza, dimmi chi ti chiedeva conto delle tue relazioni”.

La società cambia, oggi ad un ritmo più sostenuto che mai, e quindi è giusto prendere atto come certi atteggiamenti intrusivi e indelicati non siano più ben tollerati. Nel 2022, BBC Worklife ha pubblicato i risultati di un sondaggio realizzato dal servizio di incontri Match Group, dove si riferiva come dall’inizio della pandemia il 52% di 1’000 single nel Regno Unito fosse stato vittima di Single shaming, soprattutto in relazione a possibili contesti di lockdown. Il 59% degli intervistati ha sottolineato che sebbene felici della propria condizione di single continuavano ad essere comunque bersaglio di domande inopportune. Riguardo alle osservazioni non richieste che si sono sentiti indirizzare, il 35% delle persone coinvolte nel sondaggio ha riferito la frase classica: “Vedrai che troverai presto qualcuno”, il 29% ha dovuto ascoltare “devi sentirti così sola/o”, mentre il 38% ha riportato la generale commiserazione altrui riguardo alla propria situazione sentimentale.

Atteggiamento anacronistico

L’autrice del famoso saggio Singled Out: how singles are stereotyped, stigmatized and ignored, and still live happily ever after (traducibile con: “Presi di mira: come i single stereotipati, stigmatizzati e ignorati vivano comunque felici e contenti”), la professoressa e psicologa statunitense Bella DePaulo, laureata ad Harvard e definita dalla rivista Atlantic come “la più importante pensatrice e scrittrice americana sull’esperienza del single” considera il Single shaming anacronistico (sebbene ancora molto radicato), dato che secondo le statistiche, oggi, in America, ma in generale in tutto l’Occidente, le persone trascorrono la maggior parte della propria vita adulta nella condizione di single e non di coppia sposata. DePaulo, dati alla mano, sottolinea come nel 1970 il 40% delle economie domestiche statunitensi fosse composto da coppie sposate con figli, mentre il 17 per cento vivesse solo.


©YouTube

Nel 2012 invece, il 27% delle economie domestiche era composto dai single, mentre solo il 20% da coppie con figli. A queste evidenze, si aggiungono quelle più recenti pubblicate dal Pew Research Center (centro di studi con sede a Washington che fornisce informazioni su problemi sociali, opinione pubblica e andamenti demografici sugli Stati Uniti), le quali testimoniano come oggi il 40% degli adulti in America sia single. Dai sondaggi elaborati dal centro di studi, la metà di essi dice di non essere interessato né a conoscere un potenziale partner, né ad avere una relazione. Ciò nonostante, il biasimo verso i single resta un retaggio culturale duro da scalfire.

Scapolo versus zitella

Nei suoi scritti, che comprendono diversi saggi sul tema della singlehood, la dottoressa DePaulo pone l’accento sul fatto che lo stigma verso le persone sole venga alimentato da miti senza fondamento, quali l’idea che le coppie sposate siano in possesso di “competenze speciali” riguardo alla vita rispetto alle persone sole, che l’esistenza dei single sia forzatamente “tragica” oppure che essere soli implichi automaticamente essere egoisti.

Come in molte sfere dell’esistenza, anche il Single shaming conosce un doppio standard e quello riservato alle donne (da secoli) è molto più feroce rispetto a quello dedicato agli uomini. A questo proposito basti pensare alle parole impiegate ancora in molte lingue per categorizzare i due fenomeni: lo spregiativo “zitelle” per la popolazione femminile, mentre l’affascinante “scapolo” per quella maschile. Da sempre, le donne non sposate hanno suscitato timore, scherno e pietà per la loro condizione solitaria, mentre gli uomini single, complice una cultura fortemente patriarcale, hanno subito meno pressioni e angherie sociali per il solo fatto di non essere in coppia.

Fortunatamente, negli ultimi anni, le cose stanno mutando e non solo a livello di puri dati statistici. Si moltiplicano gli interventi di personalità influenti dello show business che si battono contro il Single shaming. Si ricorda a questo proposito l’attrice britannica Emma Watson, la quale ha pubblicamente definito il suo status sentimentale come self-partnered (in coppia con sé stessa), oppure la celebre attrice francese Isabelle Adjani, di una generazione ben diversa rispetto alla Watson, che in una recente intervista ha dichiarato di essere single soddisfatta, felice e libera, oltre ogni cliché.

Motore economico

La nostra società non l’ha ancora integrato pienamente, né serenamente, ma il peso dei single e, in particolare, delle donne single continua ad aumentare nei contesti più vari, in particolare in quello economico, che, a voler ragionare in maniera fredda e pragmatica, rappresenta solitamente la molla più potente del vero cambiamento.

Le donne single hanno spesso alle spalle formazioni solide ed elevate, crescono velocemente nel mondo del lavoro perché hanno il tempo di dedicarcisi, guadagnano e, a un certo punto, guadagnano quanto i loro colleghi uomini e quindi spendono, spendono in maniera conseguente e dunque fanno girare l’economia.

Ne stanno diventando un motore di cui tenere conto e un target di mercato che fa gola a molti settori. Infatti, più studi condotti in Occidente hanno dimostrato come la vita da single permetta di dedicare maggior tempo a sé, ai propri obiettivi, senza avere nessuno accanto che possa dettare regole e azioni. Gli intervistati hanno sostenuto di priorizzare salute mentale e fisica, di promuovere i legami familiari e amicali e di potersi dedicare con zelo ai propri obiettivi di carriera; quest’ultimo punto era particolarmente importante per le giovani donne consultate.

Nel 2016, la giornalista americana Rebecca Traister ha pubblicato un libro molto interessante a questo proposito intitolato All the singles ladies. Il potere delle donne single (in italiano edito da Fandango Libri), in cui analizza il tema sotto diversi punti di vista, politico, economico e sociale e da cui si evince che: “Per la prima volta nella storia ci sono alcune donne single che guadagnano parecchi soldi. E li spendono. Stando ai dati del 2012 del Bureau of Labor Statistics le persone single spendono oltre duemila miliardi di dollari l’anno.

Quello stesso anno Usa Today riferiva che entro il 2014 le donne avrebbero inciso sull’acquisto di beni per quindicimila miliardi di dollari. E ancora, il Curve Report realizzato nel 2012 dall’Universal Integrated Media della Nbc affermava che le donne oltre i ventisette anni, single, senza figli e che vivono da sole spendono pro capite più di ogni altra categoria di donne in cene, affitti o mutui, mobili, svaghi, divertimenti e abbigliamento: cinquanta miliardi di dollari all’anno in cibo, 22 miliardi in divertimenti e 18 miliardi in automobili”.

Quindi la società potrà anche continuare a fare Single shaming, in particolare sulle donne, ma il futuro ha tinte diverse e sono quelle tratteggiate dalle zitelle, economicamente indipendenti, libere e felici!

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