Mi chiamo Camilla, sono una trans
È brasiliana e risiede da molti anni in Ticino. Ha studiato psicologia. È transessuale ed esercita regolarmente il mestiere di prostituta.
Di Lorenzo Erroi
Pubblichiamo un contributo apparso su Ticino7, allegato del sabato a laRegione.
Se dico ‘transessuale’ quali altre parole vi vengono in mente? Le mie libere associazioni, e lo so che c’è da vergognarsi: battona, parrucconi, latex, sguaiataggine, calze a rete, Brasile (chissà perché non si pensa mai ai trans valdostani). È con questi automatismi in testa che arrivo a casa di Camilla – il nome è ovviamente di fantasia –, che in effetti è brasiliana, si prostituisce e un po’ ci gioca, con certi stereotipi: al telefono mi ha detto con voce melliflua “sciau, tesoro, sci vediamo domani”. Sul pianerottolo, invece (siamo prima del lockdown) mi aspetta una donna che ha la bellezza della sfinge, abiti attillati ma sobri, e il garbo della padrona di casa. Alta uno e ottanta, con un seno esorbitante e labbra monumentali, d’accordo: ma pur sempre signora, un po’ a modo suo. La sua casa luganese è accogliente, un occhio in cucina insegna a non ridurre le persone al lavoro che fanno: alcune bollette, la tivù accesa sulle news, un libro aperto.
Batman e Marilyn
“I miei clienti sono amici, molti li frequento da anni”, mi spiega con un’allegria che non mi pare di maniera. “Mi rispettano, e conoscono le regole”: niente sesso non protetto, niente violenza. “Faccio tutte le analisi ogni tre mesi, non mi interessa quanto sono disposti a pagarmi per fare cose rischiose. La mia salute non la posso ricomprare”. Per lei niente droghe ed eccessi, anche in un mondo dove alcol e coca girano parecchio. Da qui passano quattro o cinque clienti al giorno. Chi vuole solo un massaggio tantrico, chi molto di più. Tutti affascinati “da quello che non trovano più in una donna”, che sia la moglie o un’altra prostituta. “Il 90% è fatto di uomini che hanno una compagna”, gente di tutte le età, “spesso di livello molto alto”: calciatori, avvocati, banchieri ne sono passati a centinaia, per queste stanze. Ma anche professori, elettricisti, falegnami. E giornalisti. Camilla ne tutela gelosamente le identità: “Sono una professionista”. Cosa cercano? Qualcuno che li accolga “in autoreggenti invece che con la tuta”. Qualcuno cui chiedere le cose che non osano domandare alla bocca che bacia i loro figli. Tutti sono guidati da una fantasia che li manda in visibilio: una donna col membro. “Ti insegno a non aver paura della tua sessualità. Essere eccitato da una donna col pisello non significa essere malati”.
È vero però che le trans attraggono anche persone sopraffatte dal desiderio, richieste estreme. Camilla sa dove tirare la linea, ma non è mica facile: “Una volta sono stata legata, picchiata, violentata. Ho conservato il preservativo col seme dell’aggressore e l’ho fatto mandare in galera”. Anche quando non si arriva a tanto, essere ridotti a un oggetto sessuale capita: mi mostra sul suo WhatsApp le foto delle erezioni inviate da chi visita il suo profilo online, in segno di apprezzamento. Quasi dei like. Sono decine ogni settimana. Lei guarda oltre: alla “libertà che mi dà questo mestiere”, alle “tante persone che ho conosciuto”. Oppure ai ricordi più divertenti: quello che “si presentava vestito da sposa o da Marylin” , quell’altro “che venne all’appuntamento con il costume di Batman”.
Trans non si diventa
A questo lavoro Camilla è arrivata per mantenersi, anche se giura che non è poi tutto un sacrificio e che “anch’io provo spesso piacere”. “Sono sempre stata trans, fin da bambina. Trans, non donna: non ho mai voluto cambiare sesso. Il mio livello di ormoni femminili era già elevato. Mia madre mi ha sempre aiutato, anche quando a scuola dovevo nascondermi”. È divorziata: “Molte finiscono per sposare un loro cliente”.
Difficile, per tanti, capire. Mentre parliamo passa da lì la sua coinquilina, transessuale anche lei, che nota come le curiosità morbose diventino difficili da sopportare nella vita di tutti i giorni: “La prima cosa che ti chiedono per strada è se sei trans, la seconda ‘dove eserciti’. Come se fosse scontato che siamo tutte prostitute” (lei, invece, sta studiando per fare altro). Per giunta il mercato rallenta, dice Camilla, “soprattutto da quando in Ticino si è ridotto il settore bancario. Servono i soldi, ma cosa produciamo qui in Ticino per farli?”. Poi “sono arrivate tante ragazze a buon mercato, ma senza nessuna garanzia igienica, tirando fregature. Anche a me chiedono lo sconto, e devo rispondere che non siamo mica nei saldi. Vieni qui e lo vedi: la doccia, l’accappatoio bianco e le ciabattine per tutti, la musica, i massaggi…”. E ora ci si mette anche il coronavirus.
Mentre parliamo, però, i tre smartphone di Camilla continuano a squillare e riempirsi di messaggi. Un cliente le fa fretta, è qui sotto, vorrebbe salire subito: “Aspetta un attimo, tesoro”, lo calma con voce materna, ma ferma. Capisco che è ora di andare. Lei va in camera a cambiarsi mentre io continuo a chiacchierare con la sua coinquilina. Pochi minuti dopo riemerge con una vestaglia di seta, collant neri, tacchi alti. E un sorriso: “Eccomi pronta…”.