Esporsi per celarsi

Frida Kahlo è l’immagine di Frida Kahlo: il personaggio che ha creato o dovuto creare cattura e affascina. L’impulso è andare a vedere cosa nasconde

Di Marco Stracquadaini

Pubblichiamo un contributo apparso su Ticino7, allegato a laRegione

Nata a Coyoacán, nella periferia di Città del Messico, il 6 luglio del 1907, la pittrice ha costruito un’immagine di sé ben precisa e tanto ermetica. Un’immagine che tende a nascondere più che a esprimere. Segnata da eventi tragici e funesti, come il terribile incidente del settembre di cento anni fa, Kahlo è morta il 13 luglio del 1954, nella sua Casa Azul.

Le mostre si moltiplicano e lei esce illesa e sconosciuta da tutte. Frida Kahlo è l’immagine di Frida Kahlo – delle fotografie, degli autoritratti – di cui dobbiamo accontentarci perché è ciò che voleva lei stessa. Ma se il personaggio che ha creato o dovuto creare cattura e affascina, il secondo impulso è vedere cosa nasconde.


© Keystone
Autoritratto con scimmie, 1943

Imperscrutabilità

Al momento del terribile incidente che le segnò l’esistenza – “segnò” è poco, “funestò” anche – aveva 18 anni. Era il 17 settembre 1925. Così lo racconterà Diego Rivera, in un resoconto che risulta insufficiente: “Aveva la colonna vertebrale, il bacino e il braccio sinistro fratturati. La gamba destra era spezzata in undici punti. E, cosa peggiore, un’asta di ferro l’aveva perforata da parte a parte, recidendole l’utero”. Frida invece dirà, col distacco e l’ironia così propri di lei: “Fu uno strano scontro; non violento, ma sordo, lento e massacrò tutti. Me più degli altri”.


© Keystone
’La colonna rotta’ del 1944

Conosceva Rivera, ma il fidanzato era Alejandro Gómez Arias, con lei su quell’autobus. Un mese dopo gli scriverà dall’ospedale che “la vita comincia domani”. Tutto quanto sappiamo, e guardiamo, di Frida Kahlo congiura a coprire più che esprimere. A giocare comincia il caso dandole un nome che pare inventato. Il padre era un tedesco di ascendenze ungheresi; e riguardo al primo nome non fece che sceglierne uno dei suoi – Magdalena Carmen Frieda – togliendogli una “e”. Anche prima dell’incidente Frida giocava, meno tragicamente. E l’impassibilità dell’espressione, quasi la sua firma, cominciò ben presto.

La madre avrebbe voluto un figlio maschio, così in alcuni dei ritratti familiari scattati dal padre compare in abiti maschili. Inizia a posare, dunque, prima che per i numerosi autoritratti, per i ritratti del padre fotografo. E noi disponiamo di un’infanzia e giovinezza ben documentate e già distanzianti. Dai tanti dolori di cui la sventura dell’incidente fu solo il primo, e interminabile – il secondo fu il primo dei quattro aborti, che chiamava “la tragedia” – si difendeva con la maschera che scelse (“Da allora incominciai a guardare dritto nell’obiettivo, senza indietreggiare, senza sorridere, determinata a dimostrare che avrei combattuto sino alla fine”), e con il plurimo travestimento degli abiti messicani.

Nel Ritratto di Frida dopo la morte della madre, che le fece il padre nel 1932, sembra una bambina ma ha già 25 anni. Sette anni dall’incidente e aveva già vissuto “la tragedia”. Insieme al volto non si vede che il busto. È tra le poche immagini senza abiti tradizionali. Un vestito nero sotto un grembiule, le mani conserte. I capelli raccolti – si intravede solo il fiocco – la profonda scriminatura. Niente può impedirci di immaginare che anche il resto del corpo, non solo questo volto, sia inviolato.


© Keystone
Ritratto di Frida dopo la morte della madre, scattato dal padre Guillermo fotografo nel 1932

Cercare Frida

Cercare Frida oltre le apparenze dell’arte e delle pose fotografiche è insieme impudico e filologico. Un corretto atto critico e un’insolenza. Indagare – verbo del critico, del poliziotto e della spia – nella vita è ugualmente sterile: i viaggi e le tante amicizie, gli slanci politici e sociali, il radicamento nella tradizione messicana, i legami sentimentali oltre quello per sempre con Rivera; tutto questo, tra le innumerevoli operazioni.

Sugli uomini e le donne che amò riversò il desiderio di maternità che la disgrazia le vietò. Sicché questi uomini potevano essere e farle ciò che volevano. Ai figli si perdona tutto. Ma anche a voler tener fuori la “madre”, e pensare solo alla donna che ama: ingenuità e solitudine, generosità, magnanimità, c’è un punto o più di uno in cui si confondono. Frida poteva osservare tutto da molto lontano fin da quel giorno dei suoi diciotto anni, come se accadesse a un’altra; eppure l’immagine è parziale, pare escludere il calore. “Amami un poco, io ti adoro, Frieda”, scrive a Diego, il 23 luglio 1935.

La parola ci tradisce

Cerchiamola nelle lettere. Con la parola si può nascondere meno, forse. La parola ci tradisce nel male e nel bene. Fin dalle prime lettere andava lasciando quell’autoritratto parallelo e inconsapevole che ci aiuta a difenderci dall’icona: “Se tu sapessi com’è terribile raggiungere tutta la conoscenza all’improvviso – come se un lampo illuminasse la terra! Ora vivo in un pianeta di dolore, trasparente come il ghiaccio” (settembre 1926).

Dopo il padre, professionisti della fotografia di mezzo mondo si recano nella sua stanza attratti dalla donna e già dal mito: Lola e Manuel Álvarez Bravo, Lucienne Bloch, Nickolas Muray, Gisèle Freund, Edward Weston, Imogen Cunningham non sono che pochi nomi. Ma il bianco e nero stilizza ancora di più, il colore enfatizza, distrae… e Frida-Frieda nei ritratti di tutti continua ad allontanarsi. Dietro l’obiettivo c’era un professionista o un amico, a volte un amante, un’amica fotografa (e forse amante), insieme al pubblico invisibile che assisterà più tardi. Ma quando c’è il padre, che comprende ogni suo dolore, Frida dissimula meno o per nulla. Raduna la tenerezza in una piega invisibile delle labbra o in una scintilla negli occhi.

Forse quella bambina di 25 anni, nel ritratto del ’32 “dopo la morte della madre”, morta anche lei da sette anni e un’altra volta un anno prima, con troppa vita già alle spalle, forse non ad altro servì tutta la istintiva e artificiale costruzione di dopo che a proteggere lei.

E ora osservare le poche immagini in movimento reperibili in rete, ascoltare un minuto della sua voce – che legge parole su Diego Rivera -, le sole conosciute (e dall’autenticità ancora incerta), anche questo è andare un po’ troppo oltre. Dove lei non voleva che si andasse.

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