Mirko Bordoli e il diritto di essere se stessi

‘Quando ci troviamo davanti a un muro basterebbe fermarsi e mettere in moto la propria consapevolezza per comprendere chi abbiamo davanti e andare oltre’

Di Natascia Bandecchi

Pubblichiamo un contributo apparso su Ticino7, allegato a laRegione

Nato e cresciuto nel Locarnese, classe 1960, Capricorno ascendente Toro, non è sposato ma ha una relazione da 21 anni con un uomo molto molto discreto (per cui non ne farà il nome). Adora le piante, soprattutto quelle che abitano le case (e la sua sembra una terrazza balinese). Ama la TV e la radio: non potrebbe essere altrimenti visto che da 27 anni il suo mestiere è parlare al microfono (prima Rete Tre e ora Rete Uno). Abbraccia la filosofia buddista ed è vegetariano; lo fanno felice due semplicissimi spaghi con pomodoro e basilico. Colore preferito: blu. Non sopporta chi parla al telefono con il vivavoce attivo e lo indispongono le persone con scarsa sensibilità verso il prossimo: “Tutti siamo insensibili verso le cose che non conosciamo, oggi però abbiamo a disposizione la rete, i contatti e i nostri neuroni: quando ci troviamo davanti a un muro basterebbe fermarsi e mettere in moto la propria consapevolezza per comprendere chi abbiamo davanti e andare oltre”.

Giugno fa rima con solstizio d’estate, fine della scuola, infradito e – non da ultimo – Pride. Tutto ebbe inizio a New York la notte tra il 27 e il 28 giugno del 1969 allo Stonewall Inn (storico locale nel Greenwich Village): lì nacque il movimento LGBTQ+ atto a rivendicare i diritti della comunità. Mirko Bordoli nel 1969 era un bambino, ma pochi anni dopo avrebbe compreso che i ragazzi erano “più nelle corde del suo cuore” che le ragazze. Presa di coscienza che non fu priva di dolore e difficoltà. “Essere omosessuale e crescere in un’epoca in cui internet non c’era può portare grande sofferenza e solitudine. Capire di non essere uguali agli altri e non poterne parlare con nessuno – soprattutto perché il primo a non sapere che succede sei tu – è davvero difficile”.
Oggi basta scrivere in Google: “Sono un uomo e mi piacciono gli uomini” e ti si apre un mondo. “Facile – aggiunge Mirko –, allora non c’era nulla e ti sentivi smarrito e spaventato. Alla fine ti manca quel pezzetto di vita che un eterosessuale vive in adolescenza: la prima volta che non vedi l’ora di dire a qualcuno che ti piace, il primo innamoramento eccetera. Quegli anni non li vivi perché ti devi nascondere in solitudine per conoscere chi sei”. Mirko aggiunge che per fortuna oggi molto è cambiato: “Se ne parla di più, gli omosessuali hanno il coraggio di uscire allo scoperto, però, penso ci sia ancora molto da fare. Come diceva lo scrittore Aldo Busi: la pagheremo salata questa voglia di farci vedere. Purtroppo lo scotto da pagare sono gli innumerevoli atti di violenza contro le persone LGBTQ+.

Stranguglioni

Per raggiungere le nostre più recondite profondità è cosa saggia – per molti ma non per tutti – sbarazzarsi dei vari strati che ci stritolano e ci impediscono di incontrare il nostro intimo sé. “Lo strato più difficile da togliere è stato quello più vicino all’anima, cioè quello strato che ti permette di mostrarti senza doverti vergognare e senza doverti aspettare umiliazioni. Crescendo ne ho passate tante e la mia scorza protettiva si è indurita parecchio con il tempo, ho mandato giù tanti stranguglioni che mi hanno ferito profondamente. Dall’altro lato però ho sviluppato sensibilità ed empatia verso il genere umano e tutte le situazioni di discriminazione”.


© Ti-Press / Pablo Gianinazzi

Fusilli o insalata russa?

Nel 1979 Mirko si avventura alla volta di Zurigo dove lavora, prima in banca come impiegato e poi per un sindacato. Nella city respira un’aria più cosmopolita e open mind. “Spesso andavo a pranzo con un collega, un giorno gli chiesi se non gli desse fastidio farsi vedere con una persona dichiaratamente omosessuale. La sua risposta fu emblematica: Mirko, che problema c’è, io sono risolto e se gli altri si fanno dei problemi è perché sono loro a non essere sessualmente risolti: a te piacciono i fusilli a me l’insalata russa? Embè? Chissenefrega”.

Radio

Chiusa la parentesi zurighese, Mirko torna in Ticino nella metà degli anni Novanta e rispolvera la sua passione sfrenata per la radio (da bambino rubava la radiolina al suo papà per ascoltare radiodrammi per poi passare a fare le hit parade sulle frequenze di Radio Pino International a metà anni Settanta). “Rientrato qui, non potevo non ascoltare quella scintilla: busso alla porta di Rete Tre, una, due, tre volte… a furia di insistere mi chiedono di fargli avere un provino: ho tirato fuori la macchina da scrivere e mi sono inventato una trasmissione radiofonica e ho fatto centro: dal 1996 a oggi sono ancora al microfono felice di tutte le ore passate in onda.


© Ti-Press / Pablo Gianinazzi

Pride

Colori arcobaleno, musica da ballare, gioia, un’atmosfera di festa senza pregiudizi e con la semplice voglia di celebrare l’orgoglio della comunità LGBTQ+. “Il Pride è un tam tam importantissimo nato a Stonewall e che ha cambiato le vite di tante persone, anche eterosessuali. Molti possono dire che è una baracconata ma, pensiamoci bene, il Carnevale non è simile? Ognuno ha il diritto di essere stravagante e manifestarlo, non c’è nulla di male”. Mirko ha frequentato tanti Pride: da Roma a Torino passando per Zurigo, ma la volta che si è emozionato di più è a casa sua: Lugano Pride nel 2018. “Mi porto nel cuore una sensazione che accomuna tutte queste meravigliose parate: sentirsi accolti dalla società. Sensazione che mi è mancata quando ero giovane e quando ero alla ricerca di me stesso”.

Comprensione

Si parla tanto di inclusività, ma come si fa veramente ad andare oltre le etichette e la paura di ciò che è diverso da noi? “Tanto per cominciare bisogna accettare di avere dei limiti e riconoscere che il limite prende forza quando non lo accettiamo. Il cambiamento arriva quando si inizia a chiedersi perché si hanno delle reazioni verso ciò che non si conosce: è solo allora che può accendersi la luce della comprensione”.

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