Yari Paparelli e la ‘tribù’ del rispetto
“Esiste un codice non scritto ma che tutti noi harleysti conosciamo e rispettiamo”. Una passione che non smette di coinvolgere, giovani e meno giovani
Di Marco Jeitziner
Pubblichiamo un contributo apparso su Ticino7, allegato a laRegione.
48 anni di Lugano, da quasi venti dirige una carrozzeria nella regione. Ha fatto l’apprendista carrozziere-lattoniere, ma è cresciuto nel mondo delle motociclette grazie al padre che lo portava in giro. La sua è stata una progressione naturale: il motorino in adolescenza, il “cinquantino” a 16 anni, la due ruote una volta maggiorenne, fino alla sua vera passione, l’intramontabile e leggendaria Harley-Davidson, che quest’anno compie 120 anni.
Da ragazzino, durante un controllo alla caserma dei pompieri di Lugano, il suo motorino fece segnare la bellezza di 130 km/h. Si vede che Yari Paparelli ha sempre avuto le due ruote nel sangue. Finché ha potuto cavalcare una Harley-Davidson, la storica (e ormai mitica) casa motociclistica fondata a Milwaukee nel lontano 1903. Esattamente 120 anni fa. Ma cosa significa questa moto oggi? “L’Harley per me rappresenta il senso di libertà, è quella valvola di sfogo che in due minuti ti toglie tutto lo stress lavorativo” spiega. “Non solo, è fratellanza, amicizia e tantissimo divertimento ma anche un grosso impegno”. Infatti lui è anche direttore del ‘Lugano-Chapter’, un club ufficiale di harleysti affiliato alla ‘Harley-Davidson Lugano’, che conta oltre un centinaio di soci. Tra loro organizzano eventi e viaggi: “È un gruppo fantastico e sono fortunatissimo, perché sono contornato da gente veramente in gamba che mi sostiene, che condivide con me le gioie e le emozioni che l’Harley ti fa vivere”. Proviamo a viverle un po’ anche noi.
© Ti-Press / Pablo Gianinazzi
120 primavere
Il compleanno ultrasecolare sarà il pretesto per ritrovarsi ancora più numerosi. “In Europa si festeggerà a Budapest in giugno, dove si prevede che parteciperanno ben oltre 200mila harleysti, tra i quali ci saremo anche noi del ‘Lugano-Chapter’ ”, racconta con orgoglio. Ma di mezzo c’è indubbiamente lo zampino del cinema, della musica e della TV a stelle e strisce. Concorda anche lui. Dice che “il mito è stato cavalcato e reso famoso anche dai grandi del cinema hollywoodiano come The Wild One con Marlon Brando” e “anche Elvis Presley possedeva diverse Harley, fino ad arrivare ai giorni nostri con la famosa serie televisiva Sons of Anarchy, che ha sicuramente contribuito a far tornare di moda questa moto anche tra i giovani”.
Una moto, una filosofia
Paparelli sostiene che “la moto sia il miglior modo di viaggiare per cogliere tutte le bellezze e le stranezze che il mondo ci offre”. Quando ci parla dei viaggi di gruppo “sono organizzati nei dettagli, mentre invece quando parto in solitaria con la mia compagna non faccio nessun programma”. Sarebbe a dire? “Se siamo stanchi ci fermiamo, se abbiamo fame mangiamo, e quando vogliamo tornare a casa torniamo”. Ma questo, in teoria, non si chiama proprio libertà? Una spensieratezza che molti, motociclisti o meno, forse oggi hanno un po’ perso. Il nostro interlocutore ha la fortuna di possedere ben tre Harley… Quali? “Una ‘Touring’ molto grossa e molto comoda che per fare viaggi lunghi è fantastica” spiega, “una ‘Dyna’ gialla con le fiamme in stile Renegade (serie TV del 1992-1997, nda) che uso per i raduni ma con cui ho fatto parecchie migliaia di chilometri; infine una ‘Shovel’ del 1976 che è la storia per eccellenza della casa statunitense, anche se non proprio comodissima per circolare”.
© Ti-Press / Pablo Gianinazzi
Codici e solidarietà
Gli aneddoti, ci dice, sono troppi: “Ne ho un’infinità da raccontare, non basterebbe un libro intero per raccontarli tutti!”. L’unica cosa che si sente di dirci, ironicamente, è che “nel 2022 ogni weekend ho fatto chilometri e partecipato a una festa”. Per poi precisare qualcosa di fondamentale: “Quello che distingue un harleysta da un motociclista è… il gilet di pelle con i colori d’appartenenza sulla schiena!”. Insomma, come fanno le vere e proprie tribù, solo che al posto dei cavalli in carne e ossa ci sono quelli nel motore, al posto dei nitriti l’inconfondibile rumore della marmitta. “Esiste un codice non scritto ma che tutti noi harleysti conosciamo e rispettiamo”, ci spiega ancora, ovvero “delle ‘patch’ (toppe, nda) che portiamo sulla schiena hanno un significato, un ordine e un numero ben preciso. Questo un harleysta lo sa e lo rispetta”. Già, il rispetto, per loro “è alla base di tutto!”, afferma. Come? “Se incroci un harleysta in strada lo saluti, se è in difficoltà ti fermi ad aiutarlo, e questo ai giorni nostri non è scontato”, osserva. Come non dargli torto. Ecco quindi queste moto da “ribelli” che sono vestiario, “materiale omologato e sicuro per i viaggi”, precisa, ma anche un’etica tutta sua. Per chi volesse avvicinarsi a questo mondo, informa Paparelli, meglio “appoggiarsi a un concessionario ufficiale”, perché ciò “garantisce di viaggiare in sicurezza con una moto controllata da seri professionisti”. Quindi, “buona strada a tutti!” , conclude. E guidate sempre con prudenza e rispetto degli altri utenti, aggiungiamo noi.
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