Bambini di genere

A lui piaceva il calcio, ma ai compagni non andava giù che a scuola preferisse giocare con le bimbe. Un bel problema…

Di Redazione/T7

Pubblichiamo l’editoriale apparso su Ticino7, allegato a laRegione

Come si chiama e dove abiti non hanno importanza. È più illuminante raccontare che quando poteva tirava calci al suo pallone bianco e rosso targato ‘Euro 2020’. Una “passione sconfinata” (scusate il luogo comune linguistico) che portò i genitori a iscriverlo a una scuola di calcio, di quelle che ci sono un po’ ovunque. Cosa poteva andare storto? Nulla, se non che i compagni erano gli stessi che alle Elementari il bimbo incontrava a ricreazione; gli stessi che – non tutti, ma ne bastano un paio, si sa – lo prendevano in giro perché invece di stare coi maschietti preferiva giocare a rincorrersi e a inventarsi curiosi ‘commerci’ con le bambine.
Per farla breve, dopo qualche settimana mamma e papà decidono di prendere il ragazzino e portarlo in un altro gruppo sportivo, più lontano, sia geograficamente sia da quei comportamenti tipo “duri a morire” e “guerrieri tatuati” tutta rabbia. E, soprattutto, da quelle vocine cattivelle che lo accusavano di essere una “femmina” e di giocare come una “bambina”.
I ragazzini, a volte, sono molto malvagi: colpiscono, sono diretti, mirano al cuore e all’autostima. Per alcuni è un rito di passaggio; “Prima o poi ti tocca”, pare gli abbiano detto. Sarà.

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