Christina Otth: ‘Impara l’arte (del restauro) e applicala!’

“In un negozio una volta comprai del materiale per il cantiere: della sabbia. Mi chiesero se mi serviva per far giocare mio figlio in giardino”

Di Bandecchi Natascia

Pubblichiamo un contributo apparso su Ticino7, allegato del sabato a laRegione

È nata a Zugo il 18 agosto 1964 sotto il segno del leone, ‘fortissimo’ aggiunge lei compiaciuta. Ama cucinare e non sopporta le ingiustizie. Aretha Franklin e Tina Turner sono i suoi miti musicali. Sin da piccola ama disegnare e incidere il vetro, nonostante il padre le dica che è meglio lasciar perdere perché, secondo lui, non ha la stoffa. A 16 anni ci prova, fa l’esame all’Accademia di Belle Arti di Lucerna, viene ammessa ma papà e mamma non sono d’accordo, ergo, ‘ciao ciao Accademia’. Devia, solo temporaneamente, il suo percorso artistico e opta per il classico – a quei tempi – lavoro sicuro in banca. Impara le lingue, si crea la sua indipendenza, va in Inghilterra poi in Ticino e finalmente si decide: basta, è ora di prendersi un po’ di tempo per sé. Molla tutto e si regala un anno sabbatico in giro per le Americhe. Quell’esperienza zaino in spalla le forgia l’esistenza, non ha più paura di dare voce alla sua vena artistica: Firenze la aspetta!

“Scusa, sono vestita da cantiere e sono piena di polvere”: mi accoglie così Christina, occhi azzurri vivaci che sorridono. Siamo nel suo negozio-laboratorio a Lugano. Opere d’arte disseminate qui e là: quadri, credenze antiche, cavalletti, orologi, un meraviglioso tavolo da gioco che porta benissimo i suoi anni. Si respira un’atmosfera in cui il tempo pare essere sospeso e soprattutto si ha la percezione che lì le lancette dell’orologio abbiano il diritto di fermarsi per inspirare ed espirare. “Quando frequentavo l’Istituto di arte e restauro a Firenze lavoravo in un laboratorio di restauro e per mantenermi facevo la baby-sitter”. Diploma in tasca nel 1991, acchiappa al volo un’offerta di lavoro a Roma, dove vive per 4 anni. Dalla città eterna si trasferirà a Como e poi a Lugano. Nel frattempo si sposa e ha due figli: Shamsa e Samir.


© Ti-Press

Scoperte

“Come conservatrice e restauratrice è emozionante toccare con le proprie mani oggetti, dipinti, mura, campanili, che hanno attraversato epoche e secoli. Mi chiedo spesso il perché l’artista che ha creato una determinata opera d’arte, abbia prediletto una tecnica piuttosto che un’altra. Sono interrogativi che mi fanno amare profondamente il mio lavoro”. Il Santuario della Madonna del Sasso di Orselina, sopra Locarno, è il più noto luogo di pellegrinaggio della Svizzera italiana: “A proposito di scoperte magnifiche che si possono fare grazie al mio lavoro, ricordo quando – nel corso di una campagna di indagini preliminari e interventi, ndr – abbiamo scoperto al Santuario di Orselina un affresco raffigurante San Francesco che era coperto con uno strato di calce. È stata indescrivibile la gioia provata in quel momento, la ricordo come fosse ora: una soddisfazione che in banca non ho mai provato”.

Connessione con la storia

Viviamo in un’epoca in cui riparare, restaurare, non sono certo all’ordine del giorno. Più facile andare in rete, fare click, e acquistare oggetti nuovi. Il consumismo è imperante e il vintage tira sempre, anche se per alcuni sarebbe già demodé. Solo se è figo e di moda, l’usato di qualità può tornare alla ribalta. “Ogni oggetto che passa dalle mie mani, dal mio negozio, ha una storia che vale la pena essere raccontata. Penso che l’amore che nutro per l’antico sia da ricollegare ai miei nonni: loro persero tutto ciò che possedevano durante le guerre. Non ho mai avuto qualcosa di loro, solo qualche fotografia sbiadita. Aprire i cassetti dei mobili e trovare lettere scritte a mano oppure girare un quadro e trovare sul telaio interno la biografia della persona ritratta”. Christina non sente il peso dell’antico, anzi per lei è un fantastico mondo da esplorare. “Tanti, soprattutto i giovani, mi dicono che l’antico sia pesante, austero. Per me è semplicemente storia che può essere trasmessa di generazione in generazione. Credo che l’antiquariato con il tempo verrà riconsiderato. Negli ultimi trent’anni la qualità dei materiali si è un po’ persa. Ci sarà un ritorno di fiamma per materiali che oggi si sono un po’ dimenticati: legno massiccio, ferro, sasso”.


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Sorridere

Restaurare significa anche avere una forma fisica scattante, soprattutto quando devi spararti 18 piani per arrivare in cima al campanile. Parliamo della cima della Chiesa di San Carpoforo di Bissone, dove Christina sta lavorando. “Spesso vado in esterna, tra un cantiere, una chiesa o altri luoghi dove sono state rinvenute opere d’arte”. Da donna a donna chiedo a Christina: sei presa sul serio quando frequenti i cantieri? “Non subito, ci vuole un po’ di tempo e soprattutto tanta pazienza. In un negozio una volta comprai del materiale per il cantiere: della sabbia. Mi chiesero se mi serviva per far giocare mio figlio in giardino. Le battute ci sono, ma ho imparato a farmele scivolare addosso rispondendo con un largo sorriso”.

Sorpresa

Esiste il cliente tipo che entra dalla porta del negozio Ars Labor di Christina Otth? “Non c’è una tipologia precisa. Ci può essere la signora anziana che ha visto qualcosa in vetrina che la attira. Il collezionista. Giovani che si informano su opere di modernariato. Nipoti che devono sgombrare le case dei nonni piene di oggetti antichi. Ogni volta che sento il suono della campanella della porta che si apre è una sorpresa. Non so mai cosa aspettarmi”.

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