Tutti su, tutti giù (ode alla “montagna incantata”)
Il turismo è fatto anche così: spesso con un bel giro di traffico privato, accampamenti e sempre i soliti rifiuti. L’importante è saperlo e farsene una ragione
Di Giancarlo Fornasier
Pubblichiamo l’editoriale apparso su Ticino7, allegato a laRegione.
Dal bus che giunge in prossimità del Passo alle 10.38 scendiamo in sette: in pratica le stesse facce che aspettavano sul piazzale del paese, mezz’oretta prima e 20 chilometri più in basso. A poche curve dalla cima, salendo, dai finestrini era comparso uno sgargiante food truck pronto a distribuire hamburger e salamella. Al posteggio camper, auto e moto coprono l’intero sterrato. Mentre quattro ciclisti affrontano l’ultima salita (nel mirino la terrazza dell’agognato ristorante), tutto attorno pare d’essere ad Hyde Park in una giornata di sole londinese, con gli accampamenti e le borse frigo a coprire i prati secchi. Le brune, vacche per natura diffidenti, si tengono alla larga dal viavai e dai soliti “temerari” che si avventurano dove non dovrebbero. La canicola estiva e il Covid riempiono la montagna, ma nessuno sa che ne pensa l’interessata: anche qui, a oltre duemila metri, l’umana presenza fa rima con plastiche varie a terra, mascherine trascinate dal vento e mozziconi di sigaretta sparsi ovunque. Che poi qua ci resteranno per un bel po’, si sa.