Senegal. Una rete d’acqua per la vita
L’Ong luganese Associazione Cooperazione Essere Umani ha portato l’acqua dove non c’era. Due suoi membri raccontano la genesi e l’impatto del progetto
Di Cristina Pinho
Pubblichiamo un articolo apparso sabato su Ticino7, allegato a laRegione.
“Siamo fatti d’acqua”, scriveva l’autore uruguaiano Eduardo Galeano, “sono fatte d’acqua le cellule che ci pensano, le lacrime che ci piangono e la memoria che ci ricorda”. Si tratta di una fonte di vita che necessita di essere costantemente alimentata: farlo alle nostre latitudini è un gesto semplice e sicuro, ma non dappertutto è così. Ogni anno nel mondo, stima l’Oms, le malattie gastroenteriche causano 1,5 milioni di morti – 361mila sono i bambini sotto i 5 anni – di cui oltre la metà vengono attribuite all’uso di acqua contaminata. La Ong luganese Associazione Cooperazione Essere Umani (CEU), che lo scorso novembre è stata insignita del premio Giovanni Cansani per il suo impegno ultra quarantennale in Casamance, regione rurale nel sud del Senegal (vedi più in basso, ndr), attualmente si sta occupando di un progetto di distribuzione di acqua potabile volto a intervenire su questa grave problematica. Con due membri dell’organizzazione, il medico Jean-Pierre Vermes e l’architetto Vanja Tritten, siamo entrati nel cuore della questione.
© Associazione CEU
Un particolare rischio per i bambini
“Il problema maggiore che abbiamo riscontrato nel dipartimento di Bignona dove operiamo – introduce il dottor Vermes – riguarda la contaminazione infettiva dell’acqua dovuta a batteri, virus o altri parassiti. Le deiezioni delle mandrie di animali e quelle umane, dato che manca un sistema di fognature, contaminano la falda freatica superficiale che alimenta i pozzi artesiani da cui la popolazione si rifornisce. La conseguenza principale è la forte incidenza di disturbi debilitanti come la diarrea.
La sua causa è un’infiammazione dell’intestino che viene leso dai batteri patogeni e che richiama molta acqua al proprio interno, in seguito espulsa con la conseguente perdita di sali minerali ed elementi indispensabili al buon funzionamento dell’organismo. Se la condizione persiste per giorni il rischio è un grave stato di disidratazione: visto che il nostro organismo è fatto per il 70% di acqua all’interno e all’esterno delle cellule, quando questa manca in modo importante può sopraggiungere la morte. Per i bambini, che ne hanno un tenore minore rispetto agli adulti, l’effetto è molto più deleterio e letale”.
© Associazione CEU
L’intervento e l’indagine
Appurata la presenza nel sottosuolo locale di una grande quantità d’acqua di ottima qualità, la CEU ha deciso
di promuovere la realizzazione di un foro di 150 metri di profondità, collegato tramite una pompa solare a un grande serbatoio sospeso, da cui parte una rete di distribuzione idrica. Attualmente questa raggiunge un totale di circa 2’000 persone residenti in cinque villaggi, e l’intento è di estenderla ad altri quattro che contano mille persone circa. “Nella primavera del 2019 – spiega il dottor Vermes – mentre mi trovavo in Casamance ho pensato di mettere in piedi uno studio per valutare l’effetto del progetto sulle diarree. Abbiamo coinvolto tutti i 3’000 abitanti dei 9 villaggi in questione: ogni ménage – sorta di economia domestica – ha ricevuto una scheda su cui segnare durante tre mesi quando qualcuno aveva un attacco di diarrea. A scadenza settimanale un agent de santé passava dalle famiglie a verificare la corretta compilazione dei fogli. Alla fine sono stati raccolti i dati e abbiamo proceduto all’analisi statistica”.
Numeri che invogliano a proseguire
I risultati sono molto incoraggianti. Nei cinque villaggi con accesso all’acqua potabile sono state 4 su 10 le famiglie che hanno presentato uno o più casi di diarrea, mentre nei quattro villaggi dove ancora l’acqua viene attinta dai pozzi sono state 7 su 10 ad averne sofferto. Ancora più marcato è l’effetto sui bambini al di sotto dei 5 anni, nei quali si è riscontrata una riduzione significativa dei casi di ben il 77,1%. “Questi benefici per la salute – commenta l’architetto Tritten – sono un primo indicatore della validità del progetto. Un altro vantaggio osservato è il fatto che i rubinetti installati presso i domicili sgravano dalla mansione del trasporto d’acqua dai pozzi affidata soprattutto a donne, ragazze e bambine. Viene risparmiato molto tempo per altre attività, e le allieve, ci dicono dal posto, sono più presenti a scuola. Alla luce di questi argomenti ci auguriamo di trovare i fondi per il previsto allacciamento degli altri quattro villaggi”.
© Associazione CEU
Difficoltà e gioie di una piccola Ong
Il comune denominatore di tutti gli interventi della Ong luganese è il contributo allo sviluppo socio-economico dell’area con un particolare occhio di riguardo alla salute. I primi progetti della CEU sono stati proprio di tipo sanitario, poi col tempo le attività si sono espanse ad altri ambiti come quello agricolo, scolastico e idrico, sempre però seguendo richieste concrete da parte della popolazione locale, coinvolta attivamente in un’ottica di cooperazione e non assistenziale. “Fino a una decina d’anni fa – spiega Tritten – lavoravamo con un occidentale sul posto, poi abbiamo deciso di cambiare paradigma e far capo alle forze del luogo. Il progetto idrico è nato anche con questa componente di autonomizzazione del partner locale. In corso d’opera però ci siamo resi conto che non era possibile farlo al 100% e ora stiamo ripensando a come implementare questo aspetto. Il problema è che nell’équipe mancano persone con le necessarie competenze di tipo gestionale. Per noi è difficile trovarne perché i giovani laureati senegalesi vanno verso Ong più grandi o agenzie dell’Onu che hanno maggiore disponibilità economica. Bisogna tener conto che l’aiuto allo sviluppo è anche un business e le Ong possono entrare in competizione tra loro. Per noi che siamo una piccola realtà la difficoltà principale è proprio lavorare con le forze che abbiamo a disposizione. Ma andiamo avanti spinti dai risultati concreti e dall’accoglienza piena di gratitudine che ci riserva la gente sul posto, che sono certamente la soddisfazione più grande”.
UNA REGIONE RIGOGLIOSA MA MINATA
La Casamance è un’area geografica verdeggiante nel sud del Senegal situata tra la lingua di terra del Gambia e la Guinea Bissau. Ampie risaie, coltivazioni di verdure, palme da olio, arachidi e anacardi, alberi di manghi e agrumi costituiscono la base dell’agricoltura, attività principale della zona. Molti terreni però sono inagibili poiché disseminati di mine antiuomo. La regione è stata teatro per anni di un conflitto tra il movimento indipendentista locale sorto nel 1982 e il governo centrale di Dakar. Gli scontri sono stati alimentati da forti tensioni tra l’etnia Diola maggioritaria al sud e spesso discriminata, e quella Wolof dominante nel resto nel Paese. Nel tempo si sono alternati episodi di violenza a lunghi periodi di calma. Dopo l’accordo di pace firmato nel 2004, tranne che per qualche sporadico caso, gli attacchi armati sono cessati, ma quella della Casamance resta una questione ancora tutta da risolvere.
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