Tradizioni. Come nasce un presepe

Sandro Delmuè da Biasca. Un sacrestano con la passione per il muschio

Di Natascia Bandecchi

Pubblichiamo un articolo apparso su Ticino7, allegato del sabato a laRegione.

È nato il primo luglio del 1955 a Faido, lì è vissuto per 14 anni. Poi si è trasferito riabbracciando le origini dei suoi genitori a Biasca. La scuola non è da annoverare tra le sue esperienze di vita preferite. Sino a quando ha iniziato il percorso di apprendistato in ferrovia. Tra binari e vagoni, non conoscendo le lingue, si è dedicato a lavori più pratici: bagaglio, manovra, magazzino merci. I suoi hobby? La Chiesa e la lettura (ha letto almeno 30 volte i ʻPromessi Sposi’ e ‘Il fondo del sacco’ di Plinio Martini). Quando era giovane, e la schiena glielo permetteva, andava in montagna appena poteva. Il suo sogno è rivedere le chiese piene di ragazzi, ma anche di adulti. È un ottimista di natura, ma non sopporta l’indifferenza.

Nel 1972 Mina sbanca le classifiche con il suo omonimo album. Negli Stati Uniti il film Il Padrino fa il botto d’incassi e il Festival di Sanremo se lo aggiudica Nicola Di Bari con I giorni dell’arcobaleno. Sempre in quell’anno, a due passi dalla maestosa cascata di Santa Petronilla, Sandro Delmuè inizia a creare il suo primo presepe all’interno della chiesa dedicata a San Carlo, il primo di una serie unica nel suo genere. Sono passati quasi 50 anni e per la prima volta il rinomato presepe – che ogni anno attira visitatori anche da oltre Gottardo e dall’Italia – sarà in versione più ridotta. Il virus “con la corona” non ha arrestato la creatività di Sandro, l’ha solo ridimensionata un po’.
La scintilla che ha fatto innamorare Sandro del presepe scoppia verso i quattro anni: “Mio papà non era cattolico praticante, ma a Natale il presepe – seppur molto artigianale – non poteva mancare a casa nostra”. A rafforzare la passione per la rappresentazione della Natività, ci si è messa anche Suor Edoarda che si occupava dei bimbi dell’asilo di Faido. “Eravamo in 45; ci sedevamo tutti nel corridoio mentre lei sistemava il bue, l’asinello, le casette, il muschio e tutto il corredo per completare la nascita di Gesù. A quei tempi non avevamo né la tv né altri aggeggi tecnologici. Ammirare il presepe era uno spettacolo che si aspettava tutti gli anni con impazienza”.


© Ti-Press / Alessandro Crinari
Il presepe di Sandro Delmuè realizzato nel Natale 2019.

In sacrestia

Poco più che diciassettenne Sandro divenne il nuovo sacrestano della chiesa San Carlo: “Ho sempre preferito frequentare la chiesa anziché ‘certi posti’ che bazzicavano i miei compagni di apprendistato. Mi piaceva di più sgranare il rosario con le donne oppure aiutare il vecchio sacrestano a ‘fare i mestieri’. Sandro si ricorda come fosse oggi la prima messa della sua vita, celebrata a Faido da Fra Cristoforo. “Era una gioia sentire il campanello e i canti delle suore di San Vincenzo che indossavano un enorme cappello. La chiesina era stupenda e io rimanevo con la bocca aperta dall’inizio alla fine della funzione, ero affascinatissimo dall’energia che si creava”. Allora c’era una liturgia più solenne, più misteriosa, rispetto alle messe contemporanee. 


© Ti-Press / Alessandro Crinari
Il presepe di Sandro Delmuè realizzato nel Natale 2019.

Sui binari

I primi anni Settanta erano i tempi d’oro della ferrovia. Sandro iniziò il suo percorso tra binari, vagoni e manovre. “Lavoravo a Chiasso e all’epoca c’erano più di 1’300 ferrovieri. Era un mestiere ambito. Ho sempre amato l’universo dei treni, anche se in realtà sin da piccolo avrei voluto fare il contadino”. Sogno stroncato sul nascere dalla nonna, che riportò Sandro alla realtà invitandolo a scegliere un mestiere più redditizio: posta, ferrovia o militare. “Mi piaceva tutto del ferroviere, era un orgoglio poterlo espletare e adoravo indossare la divisa. Mi sono sempre trovato bene, ho formato anche giovani apprendisti, ero severo, ma comprensivo”.


© Ti-Press / Alessandro Crinari
Il presepe di Sandro Delmuè realizzato nel Natale 2019.

La fede

Sandro ci tiene a sottolineare che non è un esperto di teologia e che la sua passione per la Chiesa – che gli si legge negli occhi, che ridono mentre ne parla – ha sempre fatto parte di lui: “Sono dispiaciuto dell’indifferenza che spesso regna intorno alla religione che, una volta era tanto legata alla cultura del tempo e contadina. Mio padre – seppur non praticante – conosceva i Santi, le tradizioni, il significato delle ricorrenze. Oggi, i pochi giovani che frequentano la sacrestia conoscono poco di ciò che ruota intorno alla Chiesa…”. Ci si chiede cosa possa risvegliare interesse verso una cultura che sembra dissolversi tra tempo che scivola tra le mani e un sapere che sembra non risvegliare più curiosità. “I ragazzi di oggi sono super impegnati tra scuola, sport e mille altre attività. Secondo me ai giovani manca il tempo spensierato di giocare, di inventarsi delle attività, di incuriosirsi di qualcosa che non conoscono”. 


© Ti-Press / Alessandro Crinari
Il presepe di Sandro Delmuè realizzato nel Natale 2019.

2020, un anno speciale

“Lo faccio o non lo faccio?”, è stata una decisione travagliata quest’anno per Sandro quella di pensare al destino del suo presepe. “Mi sono sempre fatto aiutare da altre persone per costruirlo, spesso molti anziani. Gli spazi da condividere non sono molto ampi e ho pensato che, vuoi la paura, vuoi altro, non fosse il caso di creare il solito presepe. Ho optato per una versione più ridotta da posare sull’altare della chiesa: non sarà scenografico come al solito, ma non mancherò di decorarlo con un sacco di muschio raccolto in Val Calanca prima che arrivasse la neve. Senza il muschio il presepe l’è biott”.

 

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