Cinema: sala in attesa
Mentre il boom di servizi online e la chiusura di tanti cinema raccontano la fine di un’epoca, anche nel nostro cantone c’è chi resiste creando nuove strategie.
Di Francesca Monti
Pubblichiamo un contributo apparso su Ticino7, disponibile anche nelle cassette di 20 Minuti per tutto il fine settimana.
Le macerie del cinema Cittadella a Molino Nuovo, nell’aprile scorso, hanno fatto scendere più di una lacrima a chi vi aveva trascorso ore felici. La stessa malinconia aveva accompagnato la fine della programmazione regolare del cinema Corso, oggi affittato per eventi e rassegne. E, ancor prima, nel 2006, un altro pezzo di cuore luganese se n’era andato con il Cinema Paradiso, schiacciato dai costi dell’adeguamento alle nuove norme di sicurezza e dall’esplosione dei multisala. Perché, quando si parla di sale cinematografiche, come insegnava Tornatore con un altro famoso Cinema Paradiso, è difficile mantenere il distacco che il «progresso» (sempre che lo si voglia chiamare così) e le impellenze economiche richiedono. Ogni volta non è solo un edificio a sparire o a cambiare destinazione d’uso: è un’intera esperienza collettiva a morire, con il suo bagaglio di ricordi familiari, di primi innamoramenti (dentro e fuori dallo schermo), di shock emotivi, di risvegli intellettuali. Non tutti, però, sembrano arrendersi. Nemmeno di fronte alle sfide che le innovazioni tecnologiche lanciano ciclicamente agli esercenti, come il passaggio alla proiezione digitale, nel 2013, con la dismissione quasi totale della pellicola. Per restare a Lugano, ad esempio, un modello di tenacia è sicuramente il Cinema Iride, tornato in attività dopo l’introduzione del cinemascope, alla fine degli anni Sessanta, e poi di nuovo nel 1987, e oggi ancora molto apprezzato per le sue rassegne e i cineforum.
I presidi culturali delle valli
Spostandosi fuori dalla grande città, si incontrano sale che hanno stabilito un rapporto stretto, quasi viscerale, con il territorio, fungendo da veri e propri presidi culturali. Il Cinema Leventina di Airolo, per esempio, continua a servire regolarmente la comunità, nonostante paghi il cambiamento delle abitudini del pubblico, sedotto dalla possibilità di vedere i film ovunque e in qualsiasi momento. Così, nel 2018, l’Associazione che gestisce la sala ha auspicato «che le persone tornino ogni tanto a uscire di casa» per riscoprire il piacere del grande schermo e invertire la tendenza negativa: se negli anni Novanta la presenza media di spettatori superava le 30 unità per proiezione, nel 2017 si è toccato il minimo storico di 16 persone.
In queste strutture, l’eroismo degli esercenti emerge anche dal fatto che questi siano perlopiù dei volontari. Come al Cinema Acquarossa di Blenio, gioiello in stile nordico costruito nel 1956 su progetto di Giampiero Mina, e oggi gestito dall’Associazione Cinema Blenio. Il Presidente Fernando Ferrari non può nascondere la sua preoccupazione, nonostante un periodo natalizio segnato dal successo del disneyano Frozen II – Il segreto di Arendelle e del capolavoro di animazione La famosa invasione degli orsi in Sicilia. Le famiglie con bambini sono infatti uno dei pubblici privilegiati di questa struttura, che ogni tanto può contare sui forestieri, attratti da un’offerta più conveniente rispetto ai multiplex. Il mercoledì sera, invece, è terreno per cinefili, con film d’essai spesso in lingua originale. «Quando ho iniziato, il tempo di vita di un film in sala era di mesi, se non anni, prima del passaggio in TV. Poi si è accorciato sempre di più. Così diventerà sempre più arduo fare una programmazione: se, ad esempio, anche i film Disney venissero proposti solo su piattaforma, per noi ci sarebbe un calo consistente di entrate». In un sistema distributivo che cambia, con le major a favorire i cinema dall’incasso sicuro e i nuovi competitor a privilegiare la fruizione su dispositivi digitali, a pagarne le spese sono le piccole sale che stanno nel mezzo. Per questo, «reinventarsi» è la parola d’ordine: «Noi sopravviviamo anche grazie alla multifunzionalità, perché la sala è multiuso: abbiamo un teatro, e ospitiamo conferenze e serate speciali».
Alla ricerca dei giovani
Se Blenio rientra perfettamente nelle statistiche per via della latitanza degli adolescenti dalla sala, il tema del ricambio generazionale è un’altra priorità per queste strutture. La gestione del cinema LUX art house di Massagno, non a caso, è stata affidata da un paio d’anni a Joel Fioroni, che non ha nemmeno trent’anni e conosce bene le aspettative delle nuove generazioni. «Ho continuato sulla linea tracciata, con i film d’autore, ma ci sono stati cambiamenti, come l’adozione obbligatoria dei sottotitoli in italiano». Oltre a questo, sta scommettendo sui «contenuti alternativi», ovvero «i film sull’arte, i documentari dai musei, i concerti live, che hanno un buon riscontro e riescono a trascinare un pubblico nuovo». E la linea giovane si nota anche nella comunicazione, un aspetto troppo spesso trascurato: «Abbiamo un sito internet più efficace, che consente le prevendite online; sfruttiamo i social per diffondere la newsletter settimanali con la nostra programmazione; e abbiamo lanciato una tessera fedeltà». A completare la ristrutturazione è il servizio bar: «Il pubblico tra i 25 e i 35 anni è in crescita anche grazie alla possibilità di bere qualcosa prima e dopo il film. Vogliamo offrire un servizio diverso da quello dei multisala, perché l’esperienza del cinema per me è anche quello che succede appena entri».
Regalare qualcosa in più e di diverso rispetto alla concorrenza diviene ancora più vitale in una regione come il Locarnese, dove negli ultimi anni si è assistito a una fioritura di sale che ha ampliato esponenzialmente l’offerta. Antonio Prata, che con la passione incondizionata del vero cinefilo oggi cura la programmazione dell’Otello di Ascona, ha alle spalle abbastanza esperienza – vedi i 14 anni alla direzione del Cinestar di Lugano – per sapere che le cose sono sempre più complesse di come sembrano: «Quando le sale vanno in crisi non è solo perché non ottengono i film, o per l’arrivo di un colosso come Arena (che ha rilevato il Cinestar e gestisce il PalaCinema di Locarno e il Rialto di Muralto, ndr). Ci sono altri fattori, altre scelte, e un intero territorio che sta cambiando, come dimostra il fatto che oggi una città come Lugano abbia molte meno sale di Locarno». Di fronte a una concorrenza più agguerrita, si può sempre cercare di guardare altrove: magari proprio a Netflix, spauracchio a cui oggi vengono imputate quasi tutte le colpe della crisi del sistema. «Netflix è andato nelle sale periferiche e problematiche, proponendo dei film, e noi li abbiamo accolti. Forse è così criticato proprio perché non ha scelto il circuito principale, ma quello più fragile. E non è vero che una volta disponibile in streaming il film non funzioni in sala: lo dimostrano The Irishman di Martin Scorsese e Roma di Alfonso Cuarón, film da Oscar che hanno saputo attirare da noi anche diversi giovani». Unire le forze tra «piccoli», allora, potrebbe essere la via da intraprendere: «Bisognerebbe pianificare collettivamente le uscite e dialogare insieme col distributore, garantendo la diffusione e proiezione del suo film. In questo modo diventeremmo interlocutori davvero interessanti, anche perché il Ticino è solo una minima parte del box office nazionale, e dunque qui le piccole sale rischiano di essere completamente tagliate fuori dal circuito svizzero».
Una frontiera controcorrente
Accanto alle strutture che chiudono i battenti, ci sono poi realtà che viaggiano controcorrente, come il Multisala Teatro a Mendrisio, che nel 2018 ha inaugurato due sale per festeggiare i 110 anni di attività ed evidenziare la sua doppia vocazione, commerciale e di ritrovo per cinefili «di frontiera». I nomi parlano di una lunga storia familiare: «1908» è l’anno di costruzione dello stabile, mentre «Mignon» è il nome originario della struttura. Forse proprio grazie a una professionalità di lungo corso, il gestore Luca Morandini può esprimere serenità sull’avvenire: «Sui servizi di streaming, penso che siano domande simili a quelle che facevano al mio bisnonno quando sono arrivate la radio e poi la televisione. Sono passate tre generazioni, ma siamo ancora qui. Secondo me queste piattaforme sono un aiuto per i cinema. Infatti realizzano prodotti di alto livello per le sale, magari proprio a partire dalle loro serie e da produzioni a budget più ridotto. È come se facessero una sorta di lancio, aiutando un film ad avere la massima visibilità».
Ma l’esercente, da parte sua, dovrebbe essere poi in grado di garantire al pubblico alcuni aspetti che motivino l’acquisto del biglietto: «Bisogna diversificare la proposta anche nell’orario principale, accontentando tanto chi cerca l’intrattenimento quanto chi preferisce l’art house. E investire continuamente per adattarsi alle novità. E poi ci vuole cortesia, per far sentire allo spettatore di non essere solo un numero, ma di potersi anche trattenere a discutere con gli altri spettatori e con il personale». D’altra parte, forse la formula magica è più semplice di quel che si pensi: «Di solito non ci ricordiamo di quando abbiamo mangiato la carbonara nella nostra cucina. Ma di quando lo abbiamo fatto fuori casa, in compagnia, passando una bella serata, sì. Così è anche per il cinema: dopo tanti film sullo schermo domestico, viene voglia di sala e di un’esperienza che porti valori diversi». Lunga vita alla carbonara, allora, e a chi ci permette di uscire ogni tanto dalla nostra «cucina» per scoprire il mondo.
CINEMA & SPETTATORI – Alcuni dati
Dopo l’abbuffata natalizia, dominata in Ticino da titoli come Star Wars: L’ascesa di Skywalker, Tolo Tolo e La Dea Fortuna, non resta che attendere i dati di ProCinema sull’esercizio cinematografico del 2019, sperando siano più confortanti di quelli del 2018. Rispetto al 2017, infatti, gli spettatori erano diminuiti del 12,86%. La flessione, tuttavia, è stata accompagnata dalla nascita di 5 nuove sale (più 1,82%), e dalla comparsa di 25 nuovi schermi (più 4,27%). Una conferma della necessità di puntare alle nicchie di pubblico, con proposte diversificate.
PER SAPERNE DI PIÙ – Pagine di cinema
Dal Cinema Arlecchino di Brissago al Cinema Teatro di Chiasso, il panorama delle sale del Ticino – anche quelle in via di recupero o non più in attività – costituisce un patrimonio fondamentale per la storia sociale e culturale del territorio. Per questo la letteratura su questo tema può interessare anche i lettori non cinefili.
Efficace nel descrivere il paesaggio dei cinema indipendenti svizzeri è per esempio il volume Rex, Roxy, Royal (Christoph Merian Verlag, 2016), con un ricco apparato fotografico e il prezioso contributo dell’indimenticabile Marco Zucchi, che aveva scritto proprio la parte dedicata al Canton Ticino. Un volume da recuperare, anche per ricordare il lavoro del rimpianto giornalista e critico. Era stato consacrato al rapporto tra architettura e cinema, invece, il numero 4/2018 della rivista di architettura Archi, intitolato «Luoghi e architetture del cinema», nel quale veniva indagato, tra le altre cose, il modo in cui le sale riflettono le mutazioni urbane. Online è anche visibile l’impressionante serie fotografica che Simone Mengani ha dedicato ai cinema storici del Canton Ticino (espazium.ch/it/attualita/cinema-storici-del-cantone-ticino-un-itinerario). Su un tema analogo, l’architettura dei cinematografi ticinesi, si è concentrata anche Simona Martinoli con il saggio «Cinematografi ticinesi: appunti per una riscoperta architettonica» (in Arte + Architettura in Svizzera, anno 47, n. 3, pp. 280-289).
Per una ricostruzione storica dettagliata del cinema in Ticino, a partire dai primi cinematografi ambulanti e fino alla Seconda guerra mondiale, consigliamo invece La nascita e lo sviluppo dell’esercizio cinematografico in Ticino 1896-1946 (Università di Friburgo, Facoltà di Lettere, 1999) di Stefano Mordasini. Lo stesso autore aveva approfondito il tema nel 2004 sulle pagine di Ticino7 nr. 47 («Nel buio della sala: intervista a Stefano Mordasini», pp. 8-10).