La Ficcanaso e i soliti chili (di troppo)
Perdere peso è possibile? Chi ce la fa lo racconta in un libro, tutti gli altri…
Di laRegione
Pubblichiamo un contributo apparso su Ticino7, disponibile anche nelle cassette di 20 Minuti per tutto il fine settimana.
È iniziato tutto per scherzo, una sorta di scommessa con un amico perché finalmente un autore da lui amato e conosciuto si occupava di un tema da me non amato ma conosciuto. Il tema è la dieta e l’autore è Luca Doninelli, che per La nave di Teseo ha documentato il viaggio che lo ha condotto a passare da 140 a 90 chilogrammi. Cioè da obeso a normale signore di mezz’età che può salire due gradini senza ansimare, fare l’amore felicemente e frequentemente, correre dietro ad un autobus. Ma più di tutto e più normalmente di tutto: accavallare le gambe. Chiunque di voi sia ingrassato in maniera abbastanza consistente (dai 5 kg in più, diciamo) avrà notato quanto è diverso farlo quando tra la gamba a terra e quella sospesa si forma un angolo impresentabile.
Io di ciccioni che raccontano la propria nuova vita ne ho ascoltati parecchi, testimonianze spesso corredate da foto di prima e dopo. Dove il prima è un universo di pingue infelicità e dopo è un asciutto stare bene e riconoscersi nei propri panni. Molto spesso la didascalia di quelle immagini, che sia esplicita o no, è: «Fai come me, la mia storia dimostra che chiunque può farcela». Chi tenta di dimagrire ci crede più o meno una volta al mese, spesso anche solo tra un pasto e l’altro (perché non c’è proposito di dimagrimento più sincero di quello che segue temporalmente l’ultimo biscotto di mezzanotte). Si ripone la tazza di latte e si decide: da domani, cambia tutto. Domani è una parola fondamentale in questi casi. Oggi, intanto, il momento del fondo.
Luca Doninelli nel suo La dieta sono io (2019) dice una cosa che – anche senza scomodare l’obesità – può riconoscere chiunque abbia vissuto un attacco di fame incontrollato:
ci si attacca al fondo di qualunque cosa, persino all’olio della scatoletta del tonno. Doninelli non lo cita ma lo aiutiamo noi: il fondo del pandoro. Vogliamo parlare della goduria delle briciole burrose grattate via dalla carta zigrinata nel momento di toglierla dalla tavolata di Natale? Ecco, il fondo. Il bello di questo libro è una capacità lucida e puntuale – invero fin ossessiva a volte – di tramutare quel fondo vergognoso in domanda: cosa mi spinge ad andare così a fondo? Cosa cerco, in fondo? Non c’è nessun intento promozionale, in questo. Termini il libro e – certo una telefonata all’amico per sapere chi sia il dietologo del miracolo la fai – però prima ti chiedi perché. E non è un male.