L’uomo e «la Montagna»

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Di laRegione

Nel 1900 il tedesco Aloys Schulte pubblicò un saggio nel quale ipotizzò che, nel Medioevo, il Gottardo fosse il collegamento più importante attraverso le Alpi. Le sue teorie ebbero vita breve, sconfessate da altri ricercatori (su tutti Fritz Glauser) che a partire dagli anni Settanta assegnarono il primato economico al Brennero e ai valichi grigionesi. All’origine della «mitizzazione» del Passo vi fu la costruzione della prima strada/mulattiera per salire da nord; in particolare la posa di un ponte in legno, la «stiebende Brücke» (1220 circa, opera di un fabbro della zona)
e del ben più noto Ponte del Diavolo. Per Schulte il controllo di quel passaggio e i conflitti che originò furono il vero seme del Patto confederale del 1291 – in pratica la nascita della Confederazione –, con buona pace di Guglielmo Tell. Archiviata l’impresa del secolo (AlpTransit) e in attesa della seconda galleria autostradale, la sfida tra l’uomo e «la Montagna» simbolo della Svizzera ha più volte parlato ticinese: fu il caso di Pietro Morettini, architetto e ingegnere militare nato a Cerentino nel 1660. Come ricorda il Dizionario storico della Svizzera, fu proprio lui oltre tre secoli or sono
a costruire il «Buco di Uri» (1708), una galleria di una sessantina di metri proprio nella gola della Schöllenen, considerato il primo traforo alpino. In un numero di Ticino7 in cui il confronto tra la montagna e l’uomo è molto presente, la sua impresa ci ricorda come la sfida quotidiana alle Alpi – nel lavoro sugli alpeggi come nella costruzione di vie di comunicazione – rimanga sempre vivissima e continui a segnare la storia, grande e piccola, del cantone.

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