Dalla ‘mano del diavolo’ alla ‘mano de Dios’

Alcuni nonni raccontano ancora quando veniva legata la mano sinistra dietro la schiena per obbligare a scrivere con la destra. Dati e miti sul mancinismo

Di Mariella Dal Farra

Pubblichiamo un articolo apparso sabato su Ticino7, allegato a laRegione.

Paul McCartney, Bill Gates, Paul Verlaine, Julia Roberts, Winston Churchill, Nicole Kidman, Sigmund Freud, Barack Obama, Ringo Starr, Leonardo Da Vinci… sono solo alcune delle personalità mancine (snocciolate in ordine sparso) del presente e del passato. Una condizione di minoranza – il mancinismo – che nei secoli ha visto l’evoluzione dell’interpretazione a livello sociale: dalla discriminazione all’accettazione (almeno in parte del mondo), passando per la stigmatizzante definizione “mano del diavolo”; radicata al punto che ancora oggi capita di sentire alcuni nonni raccontare di quando a scuola veniva legata loro la mano sinistra dietro la schiena per obbligarli a scrivere con la destra… Proponiamo qui alcuni dati e miti sul mancinismo.

È sempre interessante soffermarsi a riflettere su come le minoranze, che siano etniche, religiose, relative all’orientamento sessuale, al colore dei capelli, o a qualunque altra caratteristica, tendano a catalizzare l’immaginario collettivo in maniera particolare, sia in senso positivo che negativo. La valenza, peraltro, è spesso intercambiabile proprio perché è il loro carattere di “eccezionalità” (ovvero del fare eccezione rispetto a una “norma” numericamente stabilita) a suscitare attribuzioni e proiezioni da parte della maggioranza. Di conseguenza, le minoranze rappresentano spesso, seppure loro malgrado, delle “cartine al tornasole” che evidenziano attitudini, aspirazioni e limiti di un’intera società. Prendiamo ad esempio il mancinismo: in Europa, la superiorità funzionale dell’arto sinistro sul destro è stata interpretata come una caratteristica “indesiderabile, e addirittura un segno d’inferiorità, fino a buona parte del XX secolo. […] Negli anni 60, era ancora frequente cercare di convertire le persone mancine alla destrimanità; in particolare, i bambini venivano forzati a scrivere con la mano destra” (Gutwinski et al. Understanding left-handedness. Deutsches Ärzteblatt International 2011). Di questa pregiudiziale troviamo traccia anche nella lingua italiana: il termine “sinistro” è infatti sinonimo di “infausto, sfavorevole, avverso” (Treccani).

Secondo Chris McManus, che studia la materia da più di quarant’anni (si sarebbe tentati di dire “un nome, un destino”…), i “miti” sul mancinismo hanno spesso origine “nel simbolismo che pervade l’asimmetria, laddove la destra è universalmente vista come buona e la sinistra come cattiva” (McManus, C. Half a century of handedness research: Myths, truths; fictions, facts; backwards, but mostly forwards. Brain and neuroscience advances 2019). Si tratterebbe quindi di un caso simile a quello dei gemelli, da sempre guardati con sospetto proprio perché si prestano così bene a simbolizzare l’intrinseca dualità della natura umana: quella fra pulsioni costruttive e distruttive (da qui l’archetipo del “gemello malvagio”, o Doppelgänger). La cosa sorprendente è che, sempre secondo McManus, alcuni di questi pregiudizi pervadono, o hanno pervaso, perfino l’ambito scientifico poiché “anche la ricerca sulla lateralizzazione cerebrale può essere perseguitata dai demoni della mitologia” (art. cit.).

Partiamo dai dati

Cerchiamo allora di capire che cosa sappiamo (davvero!) sul mancinismo allo stato attuale dell’arte, precisando subito come la dominanza della mano sinistra sulla destra costituisca una normale variante presente in natura, geneticamente determinata e talvolta influenzata da fattori ambientali.

Gli individui mancini costituiscono il 10-13% della popolazione mondiale, e sembra che tale percentuale sia rimasta sostanzialmente invariata almeno fin dai tempi del Neolitico. Questa ipotesi è stata ricavata dallo studio di antiche armi ed utensili, la cui conformazione sembra corrispondere a una “presa” da sinistra piuttosto che destrorsa; analogamente, dipinti risalenti al Paleolitico, e anche le impronte di mani rinvenute in alcune caverne, depongono a favore della stessa ipotesi. La dominanza funzionale di una parte del corpo sull’altra discende dall’alto grado di specializzazione dei due emisferi cerebrali: nella maggior parte delle persone destrimani (95%), l’emisfero sinistro (che controlla la parte destra del corpo) è sede delle funzioni analitiche fra cui il linguaggio e la coordinazione motoria fine, mentre il destro presiede a compiti di carattere “olistico”. Negli individui mancini, la specializzazione emisferica è meno accentuata: anche se nella maggior parte dei casi il linguaggio è lateralizzato a sinistra, come per i destrimani, molti soggetti presentano un’attivazione simmetrica, bilaterale, e alcuni (pochi) una configurazione speculare, quindi con emisfero destro dominante sul sinistro (Gutwinski et al. art. cit.).

Peraltro, la lateralizzazione emisferica non è una prerogativa esclusiva della specie umana: gli uccelli, per esempio, si aggrappano quasi sempre con la zampa sinistra, e il loro sistema di comunicazione canoro è situato in un singolo emisfero (Bingman & Gagliardo. Of birds and men: convergent evolution in hippocampal lateralization and spatial cognition. Cortex 2006). Un certo grado di specializzazione inter-emisferica è presente anche nei cani, negli scimpanzé, nei cavalli e nelle balene, che tendono ad avere la mandibola più erosa a destra che a sinistra (Clapham et al. Do humpback whales exhibit lateralized behaviour? Animal Behaviour 1995). Il mancinismo è dunque molto antico sia sul piano della filogenesi che su quello dell’ontogenesi: a partire dalla quindicesima settimana di gestazione, la maggior parte degli embrioni preferisce succhiarsi il pollice destro anziché il sinistro (Hepper et al. Handedness in the human foetus. Neuropsychologia 1991) e questa predisposizione, già presente allo stato fetale, è correlata alla dominanza della mano destra in un’età più avanzata (12-13 anni – Hepper et al. Prenatal thumb sucking is related to postnatal handedness. Neuropsychologia 2005).

G come geografia e genere

Ora, tornando ai numeri, se l’incidenza degli individui mancini nella popolazione generale è di circa il 12% (i destrorsi sono l’87%; gli ambidestri meno dell’1%), la loro distribuzione geografica non è però omogenea. In Europa, le percentuali più elevate si concentrano nel triangolo costituito da Paesi Bassi (13,2%), Belgio (13,1%) e Regno Unito (12,24%); i mancini sono molto presenti anche negli Stati Uniti (13,1%) e in Canada (12,8%), mentre “latitano” in Corea (2%), Messico (2,5%) e Cina (3,5% – Peters et al. Hand preference for writing and associations with selected demographic and behavioral variables in 255,100 subjects: the BBC internet study. Brain Cogn. 2006). Ci sono inoltre differenze di genere, essendo il mancinismo più frequente negli uomini che nelle donne con un rapporto di cinque (maschi) ogni quattro (femmine).

La relativa stabilità di questi dati nel tempo rafforza l’ipotesi che la lateralizzazione emisferica sia geneticamente controllata, seppure alcuni fattori ambientali sembrino contribuire, soprattutto in fase pre- e perinatale, a determinarla. Per esempio, il mancinismo è più frequente fra le persone nate fra marzo e luglio, forse a causa di una alterazione nel metabolismo della vitamina D data dalla carenza di luce ambientale (Jones & Martin. Seasonal anisotropy in handedness. Cortex 2008; Holmoy & Moen. Assessing vitamin D in the central nervous system. Acta Neurol Scand Suppl 2010). È stata inoltre riscontrata una correlazione con lo stress perinatale: più della metà dei bambini che nascono sottopeso (< 1 Kg) sono mancini (Powls et al. Handedness in very-low-birth weight (VLBW) children at 12 years of age: relation to perinatal and outcome variables. Dev Med Child Neurol 1996) e il loro punteggio “Apgar” (tonalità dell’incarnato, frequenza cardiaca, riflessi, tono muscolare e respirazione) tende ad essere più basso.

Che discenda o meno da queste circostanze, il mancinismo risulta anche correlato a una maturazione sessuale più lenta, con una comparsa delle caratteristiche sessuali secondarie relativamente più tardiva rispetto ai soggetti destrimani. Uno studio riporta inoltre tassi di dislessia più elevati (Scerri et al. PCSK6 is associated with handedness in individuals with dyslexia. Hum Mol Genet 2011).

Abilità cognitive, fluidità verbale e memoria

Al contempo, poiché le persone mancine tendono ad essere meno lateralizzate a livello cerebrale, l’attivazione simultanea dei due emisferi e il loro maggiore grado di interconnessione (come sembrerebbero indicare i dati relativi alla presenza di un corpo calloso mediamente più largo) darebbero conto di certe particolari abilità cognitive, quali una maggiore fluidità verbale (Hines et al. Cognition and the corpus callosum: verbal fluency, visuospatial ability, and language lateralization related to midsagittal surface areas of callosal subregions. Behav Neurosci 1992) e una migliore memoria episodica (Christman & Propper. Superior episodic memory is associated with interhemispheric processing. Neuropsychology 2001). Il fatto che i due emisferi “si parlino” di più potrebbe inoltre spiegare alcune correlazioni osservate fra mancinismo e un Quoziente Intellettivo mediamente più alto (> 131), la propensione a suonare musica a livello professionale (compito che tipicamente richiede l’attivazione coordinata di entrambe le mani) e, più in generale, un pensiero di tipo divergente, creativo.

È invece accertata la maggiore presenza, e successo, degli atleti mancini in sport che prevedono un confronto “uno-a-uno” quali la scherma, il tennis, la boxe, il judo, ma anche il calcio: in questi casi, il vantaggio dei mancini risiede soprattutto nell’effetto-sorpresa di un “tiro” caratterizzato da una traiettoria inattesa. In una prospettiva evolutiva, il mancinismo risulterebbe dunque competitivo proprio in quanto raro, il che potrebbe spiegare perché questo tratto non si sia estinto, ma permanga a un tasso invariato ormai da qualche milione di anni… Come propongono Gutwinski et al., si dovrebbe in questo caso parlare non di “sopravvivenza del più adatto”, ma piuttosto “del più inaspettato”!


22 giugno 1986, Mondiale del Messico, il gol del secolo della “mano de Dios”

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