Un clima costruttivo
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Di laRegione
Non so come foste voi a sedici anni, ma mi ricordo benissimo com’ero io: ombelicale, manicheo, oltranzista, saccente. In altre parole: parecchio scemo. Poi magari non sono migliorato molto, ma il ricordo basta per non unirmi a chi, con mille pretesti, critica i ragazzi scesi in piazza per il clima: «lavativi», «hanno gli smartphone e le felpe firmate», «la mamma li porta a scuola col Suv», «poi vanno in vacanza in aereo». È un escamotage tanto ricorrente quanto squallido: svalutare l’idealismo dei giovani per giustificare, magari inconsciamente, le nostre stesse contraddizioni e la nostra inazione. Perché finora, per il clima, abbiamo fatto troppo poco; e allora ben venga che qualcuno ce lo urli in faccia. Ben venga che riscoprano la partecipazione politica, quando tutti li accusano di essere apatici. Che ascoltino la scienza, nell’epoca delle bufale. Che si uniscano in un movimento internazionale per una vera emergenza, mentre tutt’attorno a loro si fomenta il nazionalismo in nome di emergenze fasulle. Poi non è così semplice, certo. Finora abbiamo inserito il problema del clima nella consueta narrazione del nord ricco contro il sud povero, ma molte emissioni vengono da paesi emergenti che reclamano a buon diritto la loro fetta di benessere. Né possiamo incolpare (solo) i nostri governi per un’indifferenza che è anzitutto la nostra. Perciò fa piacere vedere che in piazza si è fatta anzitutto autocritica, si è parlato di collaborazione e non di contrapposizione. Avrei voluto essere così maturo anch’io, alla loro età.