Scatti & scarti
A fare ‘click click’ sono buoni tutti. Ma poi le immagini andrebbero selezionate e stampate. E qui le cose si complicano
Di laRegione
Pubblichiamo un contributo apparso su Ticino7, disponibile anche nelle cassette di 20 Minuti per tutto il fine settimana.
Uno degli effetti della playlist motivazionale di Spotify è di farti recuperare 4 anni di fotografie in meno di due giorni. Da tempo, come chiunque di voi, mi ripromettevo di stampare i migliori scatti della nostra vita salvando i ricordi dalla bulimia digitale dei nostri telefoni. Ho assicurato tutto su un cloud con un piano di archiviazione premium e poi ho scaricato tutto su un hard disk per sicurezza. Ora impiegherò settimane a decidere come farle stampare, al momento ho solo realizzato che il fotolibro è il male assoluto (quasi quanto la tazza con foto dei bimbi). L’operazione mi ha consentito di sfogliare i ricordi di anni. I bambini che nascono, noi due che veniamo sempre male, quell’unica foto di famiglia scampata alla giostra di questi ultimi anni. Ho fatto in tempo a vedermi incredibilmente magra o grassa, incredibilmente sorridente, con occhiali bellissimi e pettinature improbabili; ho visto i bambini addormentati con la testa sul tavolo, ho recuperato le foto di sfoghi purulenti sulla pelle che mi preparavo a inviare a qualche pediatra di stomaco forte. Ho ritrovato i primi giorni di asilo, centinaia di momenti quotidiani e pochissimi compleanni e anniversari. La maggior parte degli scatti mi strappava un sorriso se non una lacrima prima della decisione definitiva: cancellare da tutti i supporti, mantenere solo digitale, stampare.
Anno dopo anno le foto degne di nota diminuivano a vista d’occhio. Non solo per l’impresentabilità delle rughe e degli anni che ci portiamo addosso, ma per l’assoluta mancanza di senso. Tendenzialmente ogni situazione si ritrova in 4-5 scatti in cui alternativamente una persona diversa ha gli occhi chiusi, la bocca storta e un doppio mento inguardabile. Sceglierne una da stampare è in ogni caso una condanna. Costa così poco, sei tentata di pensare, che le stampo tutte. Ecco, sarà che tutto questo lo facevo mentre scorrevano sui giornali le foto di Peter Lindbergh appena scomparso, ma mi sono accorta che scattando a ripetizione non abbiamo fissato mai niente. Non abbiamo mai ritratto niente.
E siccome non c’è osservazione esistenziale che non abbia una ricaduta consumista ho deciso: andremo dal fotografo per una foto di famiglia. Così potrò ricattare il maschio di casa: se non sorridi, il prezzo aumenta.