Martin Bodmer. Il bibliofilo filantropo

Lo zurighese scoprì importantissimi papiri, manoscritti e incunaboli, dando vita a una delle biblioteche private più rilevanti al mondo

Di Alba Minadeo

Pubblichiamo un contributo apparso su ticino7, allegato a laRegione

Collezionista d’arte zurighese, scoprì importantissimi papiri, manoscritti e incunaboli, dando vita a una delle biblioteche private più rilevanti al mondo, con sede a Cologny, in Svizzera.

PROVATEALEGGEREQUESTOARTICOLOSENZASPAZITRALEPAROLE. (Provate a leggere questo articolo senza spazi tra le parole). In questo modo erano redatti i primi testi, con lettere maiuscole (dette onciali) e in scriptio continua, una pratica usata nell’antichità dai popoli del Mediterraneo che avevano l’alfabeto (dagli ebrei ai greci, dagli etruschi ai romani) fino al IX-X secolo. Così si presenta il corpus dei Papiri Bodmer (circa 1’800 pagine in copto e greco, di argomento cristiano e pagano), il fondo più cospicuo della Bibliotheca Bodmeriana che il bibliofilo zurighese Martin Bodmer riuscì ad acquisire, e quindi salvare, sebbene dovette rinunciare a una parte di manoscritti dello stesso ceppo perché già reperiti da Alfred Chester Beatty e ora conservati alla Chester Beatty Library di Dublino. Davanti a questi incommensurabili reperti, il lettore deve creare mentalmente le pause necessarie per scomporre il testo e comprenderne il significato.

La Fondazione Bodmer

La Bibliotheca Bodmeriana venne creata nel 1951, dalla collezione che nel 1942 il mecenate spostò da Zurigo a Cologny (Ginevra). Nel 1971, poco prima della sua morte, rifiutò la proposta di 60 milioni di dollari per la cessione della collezione e istituì la Fondazione Bodmer, dove sono consultabili più di 150’000 oggetti: 200 manoscritti occidentali e un centinaio orientali, circa 2’000 documenti autografi e 270 incunaboli; rare opere a stampa, con diverse migliaia di edizioni originali, dal XVI al XX secolo.


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La Fondazione Bodmer a Cologny (Ginevra)

Oltre ai papiri di natura cristiana, come un codice con parti del Libro biblico di Daniele, in greco, anche il Libro 6 di Tucidide, manoscritti delle opere classiche di Menandro (Dyskolos e La donna di Samo) e degli scritti di Flavio Giuseppe, delle opere Roman de la Rose e Gulistan di Sa’di; diverse copie del Libro egizio dei morti; manoscritti di Dante (Commedia) e di Boccaccio; una serie di incunaboli, manoscritti di opere di Virgilio e Tommaso d’Aquino; gli originali del Don Chisciotte della Mancia; 400 versi del Faust II, per mano di Goethe, e oltre 1’000 edizioni del dramma; documenti autografi, editiones principes, 44 volumi della prima ristampa delle opere teatrali di Lope de Vega; le prime edizioni complete (ossia i primi fogli, 60 edizioni in quarto, i Sonetti del 1609 e gli apocrifi) di Shakespeare; le prime edizioni di quasi tutte le opere teatrali di Molière; le prime edizioni della Bibbia di Gutenberg, delle Tesi di Lutero o dei Principia mathematica di Newton e centinaia di documenti di Hölderlin, Mozart, Beethoven, Napoleone, Valéry, Borges e moltissimi altri. Inoltre, la collezione contiene tavolette cuneiformi, monete antiche e infinite altre opere d’arte di pregio e valore assoluto. [Il Museo è temporaneamente chiuso per lavori. Riaprirà nella seconda parte di quest’anno].


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Il Libro egizio dei morti

Martin Bodmer

Nato a Zurigo il 13 novembre 1899, due giorni dopo San Martino, discendeva da una famiglia di commercianti della seta. Già a sedici anni collezionava libri rari e, con l’ingente fortuna che ereditò, attuò l’ambizioso e fecondo progetto di formare una biblioteca universale, con capolavori non solo letterari ma anche religiosi, scientifici, politici: Martin (nomen omen) donò una “metà” del suo patrimonio all’umanità. Dopo la scuola cantonale a Zurigo, compì studi letterari universitari a Heidelberg. Nel 1921, creò il Premio Gottfried Keller.

Dal 1930 al 1942, curò la rivista letteraria Corona. Nel 1940, divenne presidente della Croce Rossa (CICR). Insignito della laurea Honoris Causa dalle Università di Francoforte, Ginevra e Berna, fu membro dell’Accademia Bavarese di Belle Arti e tra i fondatori della Società Internazionale dei Bibliofili. Nel tesoro accumulato in cinquant’anni vi è un’assoluta rarità: la più antica copia manoscritta del Vangelo secondo Giovanni, pensieri e parole pronunciate da Cristo, circa 150 anni dopo la sua nascita.


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Martin Bodmer (dx, di spalle) – presidente della Croce Rossa negli anni 40 – in una foto con il generale Henri Guisan (al centro), a Berna nel 1944

I Papiri Bodmeriani

La maggior parte del corpus è stata acquisita negli anni Cinquanta e Sessanta: manoscritti e codici che, grazie all’eccellente stato di conservazione, sono fondamentali per la storia del cristianesimo primitivo e per gli storici del libro. Per merito anche dell’abilità della sua segretaria ed ex assistente alla Croce Rossa, Odile Bongard, Martin Bodmer riuscì a mettere le mani su un lotto di papiri che circolava tra i commercianti egiziani. Nel 1969, durante una visita di Paolo VI a Ginevra, Martin Bodmer gli donò quattro fogli di papiro di due Epistole di Pietro, con la dedica: “Affinché le lettere di Pietro tornino alla Casa di Pietro”.


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Frammento del Vangelo di Giuda

STORIA

La scrittura nell’antichità

Per darne anche solo un breve cenno, ci vorrebbero parecchi metri di papiro. I materiali scrittori attraverso i quali ci sono pervenuti i testi più antichi sono: i papiri (da cui paper, papel, papier) e la pergamena (o cartapecora, dalla città di Pergamo). Vegetale il primo, animale il secondo, in pelle di ovini o bovini [agnelli sacrificati anche per fare libri, sic!], conciata con pietra pomice. La pergamena si diffuse in Europa e si conservò molto più della carta, che diventava illeggibile dopo un secolo e mezzo. Gli inchiostri erano di origine vegetale e minerale (quello rosso, ad esempio). Per scrivere, si utilizzavano le penne d’oca. I papiri del primo e secondo secolo vennero trovati nel 900 in Egitto, ben conservati dalla sabbia e in mancanza di umidità. Il rotolo di papiro ebraico, che costituiva il volumen, era arrotolato attorno a un cilindro di legno (umbilicus). I cristiani scelsero la forma del codice fin dal primo secolo, inventando così il “libro”. La carta non venne usata in Occidente fino almeno al 972, quando ne scrisse il viaggiatore arabo Ibn Hawqal, che la vide per la prima volta a Palermo, probabilmente arrivata dalla Via della seta. Fu prodotta inizialmente in Cina, già nel 105, con la corteccia dell’albero del gelso da carta (Broussonetia papyrifera). Siccome ogni generazione ha il compito di fare un passo avanti rispetto alla precedente, potremmo dire che Martin Bodmer passò dal gelso per i bachi da seta al gelso per fare la carta.

Che bella storia.

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