Lavori usuranti

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Di laRegione

Al di là dei luoghi comuni, la maggior parte dei quali valevano forse un paio di decenni fa, oggi insegnare non è solo un mestiere umanamente arricchente e stimolante. Sei un docente? Beato te, ti ripetono tutti: 3 mesi di vacanza in estate, 2 settimane a Natale, senza contare le ferie a Carnevale, a Pasqua, le vacanze dei Morti e tutti i «ponti» possibili e immaginabili. Se insegni nelle scuole dell’obbligo, poi, come non ricordare i mercoledì pomeriggio da trascorrere all’aria aperta e le passeggiate con le quali scoprire la Svizzera assieme agli allievi? Vuoi un congedo non pagato? Basta chiedere. E con un posto fisso di che ti preoccupi, in fondo sei un dipendente dello Stato: ergo a casa non ci rimarrai mai. Poi parli con uno di loro e qualche dubbio sul «lavoro più bello del mondo» sorge spontaneo: ma sarà proprio così affascinante avere a che fare tutto il giorno con 20 bambini piagnoni, stormi di adolescenti in preda a convulsioni ormonali, piccoli bulli che si allenano al mondo che verrà, genitori saccenti e pronti a distribuire teorie pedagogiche, scuole professionali talora simili a parcheggi per casi umani e sociali, obiettivi da raggiungere e programmi inapplicabili? Immagino che tutti conoscano almeno un insegnante: l’ultimo che io ho «interrogato» si occupa di educazione musicale nel Sopraceneri. Disponibile e molto preparato, di indole calma e paziente, vi lascio immaginare con quale «impegno» alcuni allievi seguano le sue lezioni. «Peccato per loro, avessi avuto io un maestro così…», penso mentre mi espone dubbi e frustrazioni.

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