Una questione pubblica

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Di laRegione

Ho sempre pensato che il profondo fastidio (quasi viscerale) che ancora oggi molte persone nutrono nei confronti di chi ha orientamenti sessuali che non rispecchiano il classico schema uomo-donna nasca sovente da una confusione di fondo, non di rado dettata da mitologie, dicerie e discorsi da bar dopo la quinta birra: ovvero, scambiare l’omoaffettività – maschile o femminile che sia – con le devianze sessuali e le depravazioni. E naturalmente, essendo quello dell’amore tra persone dello stesso sesso un universo ai più sconosciuto, avvolto da «sentito dire» e falsi miti, la fabbrica delle paure e delle minacce per le fondamenta della civiltà/società e dei suoi pilastri – la prosecuzione della specie e la famiglia – sforna teorie dai toni cupi. Certo, tra bassi tassi di natalità, matrimoni gay, uteri in affitto, adozioni e affidi le questioni si fanno etiche e morali. Ma sarebbe già un notevole passo avanti convincersi che: 1. l’omoaffettività non è un’invenzione moderna (antico Egitto e greci insegnano) e da allora nessuna civiltà è scomparsa per colpa di uomini o donne che amavano persone dello stesso sesso. Sono le carestie e le guerre che annientano le popolazioni; 2. se molte società occidentali e tecnologicamente avanzate si confrontano con preoccupanti invecchiamenti della popolazione, le soluzioni vanno trovate a livello politico, per esempio garantendo a coloro che decidono di costruire una famiglia («classica» oppure «arcobaleno») e avere dei figli la possibilità di vivere dignitosamente e senza dover elemosinare aiuti statali.

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