Un Natale in fuga

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Di laRegione

Nel girotondo di pacchetti e pacchettini (e dei regali a tutti i costi), una riflessione su chi proprio «non ce la fa», se non con l’aiuto dello Stato, non vuole essere una banale provocazione. Del tema si è occupata per noi Amanda Strippoli-Pfändler, giornalista RSI che già in passato si era chinata sul costo della vita e sul peso che grava sui nuclei familiari che non vivono nella bambagia. Il contrasto tra le apparenze della «grande festa» e la realtà dei bisognosi è forte, non deve lasciare indifferenti e fa riflettere. E così a ogni Natale qualche dubbio sul senso di questo enorme giro di denaro e consumi fa capolino: al di là della magia dell’attesa e della gioia dei più piccoli, di luci e candele, della Messa a mezzanotte e dell’auspicata nevicata della vigilia, che cosa significa oggi celebrare, «consumare» e banchettare la nascita di Gesù? E in una lettura universale e attualizzata, cosa rappresenta la Sacra Famiglia? Le interpretazioni non mancano e qualcuno ci vede non pochi riferimenti al dramma dei migranti e dei profughi, per definizione costretti a fuggire perché perseguitati. Un po’ come Giuseppe il falegname, che lascia Nazaret con Maria incinta e si reca a Betlemme per il censimento voluto dai romani in tutto l’Impero. Qui Maria dà alla luce il bimbino, lo avvolge in fasce e lo depone in una mangiatoia. Ma Erode, sentito minacciato il suo potere, costringe la famiglia a lasciare la Giudea (terra d’origine di Giuseppe) e a fuggire nel confinante Egitto. Un viaggio fortunatamente a lieto fine, il loro.

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