Me lo scrivo (e me lo leggo)

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Di laRegione

Iperstimolati dal web, oggi forse si leggeranno meno volumi rispetto a qualche decennio fa, ma gli scaffali di librerie e biblioteche sono più che mai affollati. Molto sovente a scapito della qualità della scrittura e la cura dei prodotti. Gli editori stessi sono spinti a sfornare titoli: un po’ perché «più si produce più si è visibili», ma anche per il timore che altre aziende possano conquistare lettori e raggiungere fette di mercato vergini e/o scarsamente battute.
Se fino a pochi anni fa accollarsi le spese di produzione e pubblicazione del proprio romanzo «nel cassetto» – si veda il contributo a pagina 7 – era proibitivo, oggi le difficoltà si sono quasi azzerate, grazie a costi accessibili anche con budget risicati. Pubblichi quello che ti pare, nel numero di copie che desideri. Se ti affidi a dei professionisti i risultati a volte sono anche buoni, ma in molte occasioni idee inedite e stili originali vengo demoliti da letture delle bozze inesistenti e una scarsa visione critica (ma costruttiva). Alla fine quello che appare non raggiunge la decenza. Il mercato dell’editoria ha da tempo imboccato una strada già battuta dalla musica, anche in Svizzera: tutti pubblicano e in pochi ascoltano, o se ascoltano lo fanno in modo distratto e parziale. Nella filiera di questi beni di consumo varrebbe poi la pena riflettere sia sulla distribuzione del prodotto finito sia sull’annoso problema di critica e recensioni. Ricordandosi sempre che Il giovane Holden di J. D. Salinger (oggi un classico letto anche a scuola) quando apparve nel 1951 venne definito «repellente» e «troppo lungo». Un esempio di come il problema non fosse di scrittura e qualità, ma di contenuto.

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