Bello, se dura poco

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Di laRegione

In questo numero la nostra collaboratrice Mariella Dal Farra ci parla di gamification, ovvero la «ludicizzazione». L’idea in sé è semplice: all’essere umano piace giocare, e dunque svolgerà più volentieri un’attività – correre, fare spese, visitare un museo – se questa comporta un aspetto ludico, come collezionare punti o cercare oggetti nascosti. È il cosiddetto engagement: il coinvolgimento, che a quanto pare fa miracoli per la salute come per le tasche di chi ha qualcosa da venderci. Incuriosito, ho fatto da cavia per alcuni esempi di gamification. Ho scaricato l’app della mia cassa malati, che mi dà punti per l’esercizio fisico: ma dopo una settimana di allenamenti non avevo neanche abbastanza crediti per comprarmi una barretta energetica, e ho lasciato perdere (piöcc!). Ho provato a correre con un’app nella quale si simula un inseguimento di zombie, ma mi sono sentito uno scemo (a tutto c’è un limite). Sono invece ormai succube del mio smartwatch, che mi conta le calorie e mi dà una medaglietta quando faccio movimento. Ora faccio le scale del condominio nottetempo, per bruciare entro mezzanotte la quantità di calorie che l’orologino mi ha imposto. Mi alzo in piedi quando me lo ordina. Controllo il mio battito cardiaco venti volte al giorno. I miei cari iniziano a preoccuparsi: mi comporto come quegli scimmioni ai quali gli scienziati danno la banana se fanno quanto richiesto.
E permetto a chissà chi di controllare i miei dati vitali e i miei spostamenti. All’inizio pensavo almeno di tornare un po’ bambino. Invece mi sono solo rimbambito.

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